Jobs Act, il governo mette la fiducia.
Tensione nel Pd, minoranza all'attacco

Ok al Jobs Act
Ok al Jobs Act
di Alessandra Severini
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Lunedì 6 Ottobre 2014, 20:31 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 12:33
ROMA - Un maxi emendamento e il voto di fiducia. È così che il premier Renzi si prepara a saltare con un balzo polemiche e contestazioni sul jobs act per vederlo approvato in Senato in un paio di giorni.





La minoranza dem spera in un ripensamento, ma non può votare no al governo, con il rischio di farlo cadere. Nella giornata di ieri così dichiarazioni di guerra - come quella di Stefano Fassina che minaccia su twitter «conseguenze politiche» nel caso di fiducia - si alternano a aperture al dialogo e toni più morbidi. Una grossa fetta dei ribelli del resto, sembra soddisfatta dei passi avanti che verrebbero recepiti nell'emendamento del governo.



Nel maxiemendamento troverebbero spazio alcune delle modifiche contenute nel documento approvato una settimana fa dalla direzione Pd, ma sul tema più spinoso, quello del reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari, si rinvierà probabilmente ai decreti delegati. In questo modo si potrebbe tenere unita la maggioranza, dai centristi di Ncd alla sinistra dem. Ad alzare un muro perciò rimangono in pochi. Ancora Fassina chiede l'intervento di Napolitano «contro la fiducia su una legge delega». I numeri a Palazzo Madama restano in bilico; la maggioranza può contare su 167 senatori: i 108 del Pd, i 32 di Ncd, 7 di Sc, 10 di Per l'Italia e 10 delle Autonomie. Per passare, il testo ha bisogno di 161 voti, ma qualche aiuto potrebbe arrivare da senatori delle opposizioni che, anche solo con la loro assenza, potrebbero abbassare il quorum della maggioranza. Per Renzi il sì al jobs act è troppo importante mentre è in atto un durissimo braccio di ferro con Bruxelles per ottenere qualche margine di flessibilità di bilancio.



Oggi il premier dovrà affrontare anche l’ostacolo dei sindacati. Li riceverà in mattinata prestissimo e dedicherà loro solo un’ora. «Chiederò loro di dare una mano» preannuncia. La Cgil è da giorni sul piede di guerra. Il segretario Camusso ribadisce il paragone tra Matteo Renzi e Margareth Tatcher, e ironizza sui tempi brevi concessi da Renzi: «Un’ora solo ti vorrei...». L'’vviso però è che la Cgil è pronta «al conflitto per contrastare scelte non condivise». Il conto della manovra finanziaria intanto lievita dai 20 miliardi iniziali a circa 23-24.



Il governo continua a assicurare che non ci sarà nessun rialzo delle tasse. Il grosso delle risorse dovrebbe arrivare dai tagli ai ministeri e dalle riduzioni di spesa, a partire dalle aziende municipalizzate su cui Renzi intende agire con vigore. Dal 2015, annuncia poi il premier, «ci sarà un’unica tassa, secca, chiara» nei Comuni. Ancora incerto l'intervento sul tfr. L'anticipo in busta paga potrebbe essere concesso solo ai lavoratori che lo chiedono e si tradurrebbe in 40-80 euro in più. Le imprese, che temono di rimanere a corto di liquidità, potrebbero essere sostenute da un intervento delle banche e della Cassa depositi e prestiti che anticiperebbero le risorse necessarie.