Visite mediche mai disdette, la Asl adesso batte cassa: 23mila richieste di rimborso

Il recupero crediti riguarda il quinquennio 2014-2018

Visite mediche mai disdette, la Asl adesso batte cassa: 23mila richieste di rimborso
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Venerdì 23 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:32

L’Asl di Lecce batte cassa per i ticket non pagati o per le prenotazioni delle visite che non sono mai state disdette, risalenti al quinquennio che va dal 2014 al 2018 e inoltra nelle case degli utenti “distratti” oltre 23mila richieste di recupero crediti.


A conti fatti, dai 23.117 avvisi inviati, l’Asl recupererebbe una somma complessiva vicina al milione di euro, considerato che in media ogni avviso che i cittadini si sono visti recapitare dall’ufficio coordinamento recupero crediti è di circa 45 euro per singola ricetta. Dal mese di marzo, invece, partiranno le richieste di recupero dei ticket non pagati o delle prestazioni non disdette tra il 2019 e il 2022 (attualmente gli incassi registrati dall’Asl nel 2019 sono stati pari a 164.800 euro, appena 18mila nel 2020, 231mila euro per il 2021, oltre 2,3 milioni di nel 2022).

Provvedimento sollecitato dalla Corte dei Conti


Il provvedimento, scattato nei giorni scorsi, è divenuto effettivo a seguito della segnalazione della Corte dei Corti, che ha chiesto all’azienda sanitaria leccese di mettere in atto tutte le misure necessarie per accelerare “sull’attività di recupero crediti verso i privati”, considerato che “in fase pandemica avevano registrato un rallentamento”.

Non una novità in casa Asl, poiché un provvedimento simile era già stato adottato tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, per il mancato pagamento dei ticket sanitari o per l’assenza di comunicazione tempestiva per l’annullamento della visita prenotata risalenti al biennio 2013-2014.

Una decisione che anche allora fece non poco discutere, considerati i 9 anni trascorsi tra il periodo considerato e la richiesta di recupero dei crediti. Oggi, invece, nei calcoli dell’azienda sanitaria, è emersa l’assenza dei conteggi del periodo 2014-2018 per cui è in corso il recupero crediti, reso ancora possibile in considerazione che la prescrizione per questo tipo di richiesta è decennale (prescrizione ordinaria). 

Il direttore generale Asl


I cittadini incappati nella “dimenticanza” avranno quindi 60 giorni di tempo dalla data di ricezione dell’avviso per pagare il debito che hanno contratto con la Asl. «La procedura attivata – spiega Stefano Rossi, direttore generale dell’Asl Lecce – è un atto dovuto nel rispetto della legge. L’azienda sanitaria è intervenuta per adeguare la contabilizzazione delle diverse tipologie di crediti verso i privati, ed ora, così come sollecitato dalla Corte dei conti, procediamo alle attività necessarie per il recupero dei crediti derivanti da prestazioni sanitarie non disdette e non godute, che oltre a creare un deficit economico, hanno prodotto anche dei buchi nelle liste d’attesa». 


Fattore, quello delle liste d’attesa, sui cui il dg dell’Asl Lecce si sofferma, richiedendo maggiore attenzione all’utenza. «Un cittadino che prenota e poi non esegue e non disdice la prestazione sanitaria, crea un danno ad altri utenti che vedono quel posto occupato, ma che di fatto resta inutilizzato, andando ad allungare così i tempi di erogazione delle visite mediche specialistiche. Quindi, così come l’Asl è impegnata a ridurre i tempi d’attesa per migliorare l’assistenza sanitaria alla popolazione – precisa Rossi – è importante che ci sia anche la collaborazione e la responsabilità dell’utenza che si rivolge al servizio sanitario pubblico affinché le risorse in campo non vadano disperse». 


Dall’operazione la Asl ha stralciato le posizioni dei soli pazienti esenti, così come disposto dalla legge regionale dell’agosto 2021. Pertanto, le prenotazioni effettuate dal 1 gennaio 2014 al 30 giugno 2016 sono state escluse in sede di elaborazione delle liste di carico. A lasciare perplessi, però, migliaia di utenti, sono le modalità e le tempistiche di notifica della sanzione. Tant’è che i cittadini potranno anche opporsi al pagamento, andando a recuperare a distanza di 6 e più anni, il documento di disdetta o la ricevuta che dimostra il pagamento della prestazione sanitaria effettuata. «Oltre al danno della mancata prestazione – commenta un utente destinatario dell’avviso - anche la beffa del pagamento. A distanza di così tanti anni non è semplice ricordare l’esito di una prenotazione sanitaria, richiesta magari per un familiare anziano, per cui l’urgenza del caso e l’assenza nel breve di posti liberi nella sanità pubblica ci hanno spinti a rivolgerci nel privato».

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