Salento, «sfruttati per il fotovoltaico»: sette condanne fino a 18 anni, cinque assolti

Si parla di fotovoltaico, di investimenti fatti tra Brindisi e Lecce nel periodo del proliferare dei pannelli

Una protesta dei lavoratori Tecnova davanti al Tribunale di Brindisi
Una protesta dei lavoratori Tecnova davanti al Tribunale di Brindisi
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Martedì 4 Aprile 2023, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 13:36

Ci fu sfruttamento, per favorire l'espansione del fotovoltaico nel Salento. Con accuse di riduzione in schiavitù sette condanne e cinque assoluzioni sono state decise al termine del processo “Tecnova” celebrato nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola dinanzi alla Corte d’Assise (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano). La Corte ha anche stabilito risarcimenti del danno da liquidarsi in sede civile per le numerose parti civili costituite, tra cui la Provincia di Lecce. Sono stati condannati i presunti investitori stranieri: Luis Miguel Castellanos Cardenos, Luis Manuel Gutierrez Nunez e José Fernando Bascunana Martinez, il primo a 18 anni gli altri due a 16 anni di reclusione. Laura Martin Garcia, Didier Canedo Gutierrez, Andres Felipe Castellanos, Brahim Lebhihe a 10 anni. Sono stati assolti i consulenti e tecnici italiani Marco Damiano Bagnulo, Manuela Costabile, Cosima De Michele, Tatiana Tedesco, Anna Maria Bonetti, con la formula per non aver commesso il fatto. Sono difesi dagli avvocati Ladislao Massari, Fabio Di Bello e Gianvito Lillo. 

Il processo 

Si parla di fotovoltaico, di investimenti fatti tra Brindisi e Lecce nel periodo del proliferare dei pannelli.

E di condizioni di lavoro ritenute molto più che non idonee, per gli operai. “Sfruttamento”, imputabile secondo le teorie accusatorie alla fretta di concludere le opere, entro il 2010, pena la revoca dei finanziamenti ottenuti con il cosiddetto Piano energia. I cantieri si trovavano a Lecce, Collepasso, Francavilla Fontana, Nardò, San Pancrazio Salentino e in altre località del Salento e del Brindisino.

Gli imputati

Erano in tutto 12 gli imputati, per nove di questi il pm Carmen Ruggiero aveva chiesto la condanna a pene fino a 18 anni. Secondo le contestazioni migranti, provenienti da Guinea, Marocco, Senegal, Tunisia e altri paesi extracomunitari, irregolarmente presenti nel territorio italiano e privi di permesso di soggiorno, sarebbero stati impiegati «pressoché ininterrottamente» e senza turni di riposo. In condizioni «disumane, degradanti, e stressanti. Turni di lavoro «massacranti», si legge nel capo d’accusa: dodici e più ore al giorno, anche il sabato e i giorni festivi, senza alcun giorno di riposo, anche in orario serale e al buio, anche in giornate di pioggia torrenziale. Le indagini furono condotte nel 2011 dagli agenti della squadra mobile di Lecce e dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Brindisi, e coordinate dal sostituto procuratore Alessio Coccioli che, al termine degli accertamenti, stilò un elenco con 438 persone offese. Di queste, più di 200 hanno chiesto e ottenuto di essere parte civile al processo con gli avvocati Salvatore Centonze, Francesco Spagnolo, Alessandro Stomeo, Giuseppe Milli, Americo Barba e Marco Pezzuto, Francesca Conte, Maurizio Scardìa. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Pantaleo Cannoletta, Michele e Giuseppe Bonsegna, Cristiano Solinas, Maurizio Memmo, Ivan Feola, Sergio Luceri del Foro di Lecce, e Ladislao Massari, Gianvito Lillo, Fabio Di Bello, Antonella Maglie e Pasquale Rizzo del Foro di Brindisi.

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