Riina in vendita, ma non in vetrina. Le librerie si dividono

Riina in vendita, ma non in vetrina. Le librerie si dividono
di Ilaria MARINACI
4 Minuti di Lettura
Sabato 9 Aprile 2016, 06:47 - Ultimo aggiornamento: 17:51

Librerie leccesi divise sull’opportunità o meno di vendere il libro “Riina, family life” di Salvatore Giuseppe Riina, terzogenito del boss di Cosa Nostra, mandante delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Con tante sfumature, anche se un filo conduttore, a pochi giorni dalle polemiche, sembra esserci: «Venderemo il libro del figlio del boss, ma non lo promuoveremo». Che, in soldoni, vuol dire non metterlo in evidenza sugli scaffali. E, soprattutto, non metterlo in vetrina.

Resta, dunque, isolata la posizione della Icaro Bookstore di via Cavallotti, che ha affisso un cartello all’esterno del negozio per far sapere ai clienti che “non si vende né si ordina il libro di Salvatore Riina”, seguendo l’esempio della libreria di Catania. Il boicottaggio, insomma, a Lecce non fa breccia. Almeno, per ora.

Anzi, ne nasce un interessante dibattito che spazia dalla censura («Se dovessimo metterlo all’indice, non dovremmo più vendere il Mein Kampf di Hitler che invece abbiamo in libreria») alla libertà di coscienza («Lasciamo che siano i lettori a scegliere»). Anche perché – soprattutto in seguito all’eco mediatica data dall’intervista rilasciata dall’autore nel salotto Rai di “Porta a Porta” – anche a Lecce le richieste di ordinare il testo ci sono state. Non a migliaia, certo, ma qualcuno si è incuriosito e ha deciso di comprarlo. Ed è proprio su questo punto che si è aperta la riflessione. È giusto censurare un libro, a prescindere da chi l’abbia scritto, oppure è meglio lasciare che sia il lettore a scegliere?

La posizione più netta è, ovviamente, quella della Icaro. «Per noi è una questione di etica – spiegano dal Bookstore – per evitare di dare soldi alla mafia». La Mondadori fa sapere di non trattare la piccola casa editrice Anordest, che ha dato alle stampe il volume, quindi non si pone il problema, mentre la Giunti dice che non lo ordinerà, ricevendo il plauso di due turisti presenti nello store, “Fate bene, ci vuole moralità”, commentano.
Diverso il discorso sul fronte Feltrinelli dove spiegano che «non lo promuoveremo, ma non lo censureremo». Il che significa che non verranno ospitate presentazioni nelle sedi del gruppo (la Feltrinelli di Padova, dove risiede l’autore, infatti, ha detto no alla presentazione richiesta dall’editore) né il titolo verrà esposto in vetrina o con particolare rilievo, ma chiunque potrà acquistarlo o ordinarlo perché disponibile in assortimento. Una scelta in coerenza con i valori di pluralismo e libertà di coscienza che da sempre ispirano la Feltrinelli. «Pensiamo che sia più rispettoso nei confronti dei lettori – spiegano – lasciare a loro la scelta libera e consapevole di leggere o meno questo libro».

È dello stesso avviso anche Augusta Epifani, direttrice della Libreria Liberrima. «L’editore ha scelto di editarlo, noi non lo esporremo – precisa – ma saranno i nostri clienti a scegliere se comprarlo o meno. Altrimenti, se passasse questa linea, non dovremmo proporre neppure gli scritti di Hitler, dal “Mein Kampf” al resto delle sue opere, e Hitler non si è certo reso colpevole di stragi meno gravi. Noi pensiamo che il pubblico sia sovrano – aggiunge la Epifani – e che una libreria debba proporre opere di tutti i tipi».

Posizioni diversificate, quindi. «Si fa più pubblicità quando si mette all’indice un libro», riflette Anna Palmieri, proprietaria insieme alla figlia Daniela della storica libreria di via Trinchese. «Prima che ne parlasse Vespa – aggiunge la stessa Daniela Palmieri – nessuno sapeva nulla di questo libro e nessun grossista ce lo aveva proposto. In queste ore, invece, sono già passati in tre. Se qualcuno dei nostri clienti ce lo chiederà, lo ordineremo”. D’altra parte, il filone letterario che riguarda la criminalità organizzata incuriosisce molto. Negli anni Ottanta, ebbe un grande successo il libro-intervista di Enzo Biagi al primo pentito di mafia, Tommaso Buscetta, intitolato “Il boss è solo”, mentre, nel 1999, uscì “Ho ucciso Giovanni Falcone”, il libro-confessione di Giovanni Brusca, pubblicato da Mondadori nella collana Storia. “Ma allora non ci fu – ricorda Anna – lo stesso clamore mediatico suscitato da questo libro».
La palla, insomma, passa ai lettori. Saranno loro a decretare o meno il destino dell’esordio letterario di Riina jr.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA