Famiglia in quarantena e dimenticata, senza tamponi né visite mediche: «Bloccati da 12 giorni “fino a data da definirsi”. Così la paura prende il sopravvento»

Famiglia in quarantena e dimenticata, senza tamponi né visite mediche: «Bloccati da 12 giorni “fino a data da definirsi”. Così la paura prende il sopravvento»
di Paola ANCORA
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Venerdì 6 Novembre 2020, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 15:54

Una quarantena «fino a data da definirsi». Difficile dire quando si concluderà quella di Marco e dei suoi familiari, chiusi in casa dal 24 ottobre scorso senza un tampone, una visita medica o anche solo una semplice telefonata da parte della Asl. Perché i protocolli di sicurezza, le procedure di intervento per individuare i casi positivi al Covid e circoscrivere i singoli focolai di infezione, impeccabili sulla carta, si dissolvono al sole autunnale di una Puglia travolta dalla seconda ondata pandemica e che, insieme ai contagi, vede crescere la paura e lo smarrimento dei suoi cittadini, costretti a misurarsi con il virus, sì, ma anche con le carenze e la disorganizzazione di un sistema sanitario ridotto all'osso. Da questo punto di vista la storia che vi raccontiamo è esemplare: Marco è un nome di fantasia scelto per garantire il rispetto della privacy di questo ingegnere 37enne e della sua famiglia.

«E' tutto cominciato quando mio fratello, che vive a Torino – spiega Marco – è venuto giù, nel Salento, per un funerale. Proprio in quelle ore, un suo collega di lavoro lo ha avvisato di essere stato contagiato e mio fratello si è quindi sottoposto immediatamente a un tampone, a pagamento, risultando positivo». E' il 24 ottobre. «Abbiamo provato a far partire l'allerta contagio con l'app Immuni, ma non ci siamo riusciti. Così la segnalazione alla Asl è arrivata dal laboratorio analisi privato al quale ci eravamo rivolti per il tampone» prosegue Marco. Il giorno seguente, il 25 ottobre, la Asl telefona al fratello di Marco «e inizia il contact tracing, cioè il tracciamento, ma gli addetti Asl procedono con carta e penna: segnano nome, numero e email di tutti i contatti stretti. Una volta terminata quella telefonata, la Asl chiama infatti me, i miei genitori e tutti coloro i quali mio fratello aveva indicato. Alla fine ci comunica che siamo in quarantena».

Marco riceve anche una email ufficiale dell'Azienda sanitaria locale di Lecce nella quale gli viene comunicato di essere «in isolamento domiciliare obbligatorio, con decorrenza dal giorno 25 ottobre e salvo ulteriori disposizioni fino a data da definirsi, con sorveglianza attiva», e con il «divieto di abbandono del domicilio e l'obbligo di reperibilità telefonica».

Gli addetti Asl rassicurano Marco che la quarantena sarebbe durata dai 10 ai 14 giorni dal momento del contatto con il fratello, positivo al Covid, con un tampone negativo a suggellare la ritrovata libertà di movimento. «Fino a quel momento è andato tutto bene, ma dopo quella comunicazione siamo stati letteralmente abbandonati al nostro destino. Gli incaricati della Asl si sono presentati da noi per il tampone l'1 novembre – racconta Marco -, ma lo hanno fatto solo a mio fratello, che è asintomatico». Al padre di Marco, intanto, sale la febbre: ha 68 anni, si trova quindi in una delle fasce d'età ritenute a rischio, ma per lui come per la moglie, il tampone non è ancora disponibile. Né possono uscire di casa, per farlo presso una delle tante strutture private disponibili: glielo vieta l'isolamento domiciliare obbligatorio cui sono sottoposti. «Così continua a curarsi con un antipiretico. Il suo medico di base si informa regolarmente sulle sue condizioni di salute, ma è sconfortante non poter fare un tampone, non sapere, lasciare passare i giorni senza notizie, senza una certezza, altro che sorveglianza attiva della Asl» si sfoga Marco.

Dal 24 ottobre, quando è rimasto bloccato a casa dei genitori, lontano dalla moglie e dalle figli piccole che abitano in un comune diverso, nessuno - nell'Azienda sanitaria - si è preoccupato dello stato di salute suo o dei suoi genitori. «Ho provato più volte a contattare il numero Asl indicato nella mail che ci hanno spedito all'inizio, ma sono riuscito a parlarci solo una volta: ci hanno detto – ricorda Marco – che eravamo inseriti nell'elenco delle persone in attesa di tampone e che sarebbero tornati a farcelo, ma non sono mai venuti». Il numero – 0832215578 – abbiamo provato a chiamarlo anche noi, nel pomeriggio di ieri, senza mai ricevere risposta.

Marco, solo poche ore fa, è riuscito a ottenere un tampone, chiedendo l'aiuto di un medico di base diverso da quello dei suoi genitori. «E' intervenuta presso l'ufficio di Igiene, dove aveva delle conoscenze, e ho avuto l'autorizzazione a uscire per raggiungere il drive in a San Cesario. Ma mi chiedo, una persona anziana, sola come fa? A chi si deve rivolgere? E' tutto improvvisato, non c'è nessuno che sappia dirti cosa fare. E' scoraggiante e quel che è peggio è che la paura, così, prende il sopravvento». 

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