Pochi medici: esami non prenotabili. Liste d'attesa più lunghe: 8 mesi per una visita

Pochi medici: esami non prenotabili. Liste d'attesa più lunghe: 8 mesi per una visita
di Andrea TAFURO
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Martedì 31 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:03

«Liste d’attesa interminabili, livelli essenziali di assistenza non rispettati, disfunzioni nella sanità territoriale, carico di cura sempre più pesante per le famiglie. Ecco l’eredità della pandemia sulla sanità territoriale». L’allarme sui ritardi e tempi d’attesa raddoppiati per visite ed esami non urgenti - in molti casi prenotate dall’Asl Lecce fra 8 mesi invece dei 120 giorni previsti - mobilita i sindacati Cgil e Spi-Cgil, pronti a scendere in campo per dare voce ad anziani e utenti in attesa dei controlli medici da mesi. Numerosi i sit-in, da domani e sino a mercoledì 8, davanti agli ospedali della provincia (Casarano, Gallipoli, Tricase, Galatina, Scorrano) e vicino la sede del distretto sanitario di Lecce. 

La mobilitazione della Cgil Lecce negli ospedali


«È il momento di investire risorse importanti per dare risposte agli anziani - dicono Valentina Fragassi e Fernanda Cosi, segretarie generali di Cgil Lecce e Spi-Cgil Lecce - la fascia di popolazione di ultra65enni vive in questa provincia in una condizione di grande difficoltà, che la pandemia ha acuito. Investimenti in personale, mezzi e strumentazione per le cure domiciliari, interventi per lo smaltimento delle liste d’attesa non sono più rinviabili». 
Un appello pressante rivolto all’azienda sanitariadi Lecce per aggiornare in tempi brevi i piani operativi ospedalieri e far comprendere cosa si intende fare in aggiunta a quello che si è già fatto, e si sta facendo. Il perimetro è quello dell’abbattimento delle liste di attesa sovraccaricate dagli inevitabili stop and go delle ondate di pandemia. 
L’attenzione dei sindacati è rivolta dunque ai ritardi accumulati soprattutto per le visite programmate (codice P) da erogare entro 120 giorni dalla prenotazione. Ma così non sembra essere. E con numeri tutt’altro che rassicuranti. 

Le risposte dal Cup: "Ci vediamo nel marzo 2022"

La prima data utile per molte prestazioni sanitarie - secondo alcuni riscontri di tentativi di prenotazione telefonica al Cup – è la primavera 2022. In soldoni: fino a 7 mesi di attesa per una visita endocrinologica, 8 mesi di attesa invece per ricevere una esofagogastroduedenoscopia, 9 mesi per l’elettromiografia e addirittura oltre un anno per l’esame audiometrico.

Tra gli altre visite anche la visita cardiologica: primo appuntamento il 15 marzo 2022. Inoltre, visita ortopedica non prima del 7 febbraio e una visita oculistica non prima del 21 marzo. Ovviamente, augurandosi che il tempo di attesa per l’erogazione non influenzi lo stato clinico del paziente o la prognosi. 

Carenza di personale e niente esami per un anno

 


Criticità che vanno ad aggiungersi alle numerose lamentele dei pazienti per alcune visite attualmente “non prenotabili”. «Non ci sono date utili, le agende attualmente sono chiuse fino all’estate 2022»: questa la risposta fornita al telefono. Alcuni esempi: colonscopia con biopsia, ago aspirato della tiroide, polisonnogramma. In tal senso, tante le segnalazioni. La conferma viene dalla stessa Cgil che fa sapere che “il termine non prenotabile” si riferisce spesso a prestazioni che andrebbero a finire nel 2023 anche per la carenza di medici. 
Rivendicazioni che il sindacato allarga anche al potenziamento degli orari di apertura al pubblico degli ambulatori, ricorrendo a prestazioni aggiuntive, e dell’assistenza domiciliare integrata, organizzata da Asl e ambiti sociali, che oggi soddisfa solo il 2,3% di coloro che ne avrebbero diritto. Focus rivolto poi alla domiciliarità e al potenziamento dei servizi territoriali attraverso l’investimento di risorse finanziarie e personale per rendere esigibile il livello essenziale di assistenza (Lea). Ed ancora, la sperimentazione di case famiglia, cohousing sociale, condomini a misura di anziano. Interventi mirati che la Cgil chiede di «indirizzare anche verso le Rsa e le case di riposo con un ripensamento del sistema di accreditamento delle strutture, attraverso l’applicazione di criteri di qualità e sicurezza per utenti e lavoratori e il coinvolgimento nelle attività di monitoraggio e di controllo di famiglie, associazioni di volontariato e parti sociali». Tra le note critiche anche la necessità «di un sistema di presa in carico in rete, tra medici di base e specialisti, con un ruolo centrale degli stessi nell’integrazione tra sanità territoriale, servizi sociali e ospedali e la medicina territoriale da integrare con gli ospedali di comunità». 

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