Lo scalo merci fantasma, spento e vuoto da 15 anni

Lo scalo merci fantasma, spento e vuoto da 15 anni
di Pierpaolo SPADA
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Venerdì 27 Ottobre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 13:29
Somiglia a una stazione ferroviaria priva di treni e passeggeri pronti a partire. Solo il vuoto e un grande mezzo di rimorchio parcheggiato al centro la riempiono. L’insegna che sovrasta la cancellata d’ingresso è sbriciolata come intonaco. Ma qualcosa lascia ancora leggere: “Surbo Terminal - Primiceri”. E già, perché erano proprio queste funzione e proprietà di quello che, oggi, tutti riconoscono, comunemente, come lo Scalo di Surbo. 
Cinque, settecento metri. Il piazzale è profondo, due binari lo attraversano ai lati. E’ stato operativo solo poco tempo, per il carico e lo scarico internazionale di merci, tra la fine degli anni ’80 e ’90. Per realizzarlo furono investite 100 miliardi delle vecchie lire. Tutti soldi pubblici. «La più grande opera infrastrutturale del Salento», si disse. Sorge su di un’area interposta tra le due officine di manutenzione delle locomotive, oggi in gestione a Imc e in via di ampliamento con 8 milioni di euro messi sul piatto da Trenitalia. Né tir, né container: non c’è flusso e rumore di mezzi. Risuona, lontano, solo quello della tangenziale ovest, che, proprio davanti allo Scalo, s’apre ad arco. Forse un tempo gloriosa, si ha, quasi, la sensazione di passeggiare in un’antica area industriale ormai desertificata. Una barriera d’alberi ne delimita il perimetro lungo il quale s’estende, ininterrotta, una colata di rifiuti che male odora: mobili, cucinotti, pneumatici e scarti edili. C’è di tutto. E si stringe nella sua corta giacchetta rossa quella donna che, in minigonna, su di una sedia di plastica bianca, attende i suoi clienti, un poco più in là. 
Visibili, non restano, oggi, che asfalto e ruggine tra l’erbaccia e timidi sguardi. Inutilizzato da quindici anni, è spento e svuotato il vecchio Scalo. Era il marzo 2014 quando fu messo, addirittura, in vendita, ma, al prezzo di 2 milioni e 970 mila euro, rimase invenduto.
 
Ferrovie dello Stato “scartò” anche l’offerta di una cordata di imprenditori che, insieme, a Confindustria Lecce, ne propose la gestione per renderlo «snodo strategico per il trasporto merci a servizio del Mezzogiorno». Sogno inseguito a lungo. Sostenuti da una folta delegazione di parlamentari, gli industriali salentini guidati da Vito Margiotta ci credettero e illustrarono il progetto all’allora viceministro per i Trasporti, Vincenzo Nencini, che, accolto nella sede dell’Associazione in via Fornari, il 4 aprile dello stesso anno, s’impegno personalmente a «rappresentare l’istanza nei confronti dell’amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti». 
Non un euro fu investito. Che illusione, seguì solo il nulla. Ora, a distanza di più di tre anni, lo Scalo riaffiora, d’attualità, in cima a un elenco di oggetti perduti ma ancora capaci, secondo qualcuno, di rigenerare futuro. E’ Zes La parola chiave: zone economiche speciali, per investimenti agevolati. Le Regioni sono chiamate a riperimetrarle e c’è chi come il sindaco di Lecce, Carlo di Salvemini, ritiene che Lecce e il Salento debbano rientrarvi al pari di Brindisi e Taranto a patto, però, di godere di opere infrastrutturali funzionanti, appunto. 
«Penso - ha detto qualche giorno fa il primo cittadino - ci sia bisogno di uno sforzo progettuale che consenta al Salento di migliorare la sua dotazione infrastrutturale utilizzando gli strumenti e i fondi a disposizione. Mi riferisco in primis allo scalo merci ferroviario di Surbo, un’opera pubblica intorno al cui abbandono si discute da anni senza risultati, ma il cui rilancio rappresenta a mio parere un’opportunità da cogliere per superare l’isolamento. Penso - ha aggiunto Salvemini - che occorra una trattativa con Rete Ferroviaria Italiana e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per il rilancio dello scalo, da far rientrare tra i progetti che saranno finanziati nell’ambito dei contratti di programma sottoscritti per la realizzazione del piano “Connettere l’Italia”. Per questo, la città di Lecce, insieme a Surbo - ecco la proposta - potrebbe, impegnarsi a predisporre un progetto funzionale alla dimensione logistica a supporto dei traffici da e per il Salento, prevedendo il collegamento dell’area industriale di Surbo-Lecce (attualmente servita da un binario a disposizione di Fiat), il potenziamento del collegamento con il porto di Taranto oltre che con il porto (e l’aeroporto) di Brindisi», sostiene il sindaco.
Prima di lui, e su queste pagine, stessa intuizione ha espresso l’amministratrice di Valentino Caffè spa, Chiara Montefrancesco. E lo aveva fatto stigmatizzando, in premessa, «l’assordante silenzio del Salento»: «Perché, infatti, - aveva scritto - rimanendo fuori dal perimetro Zes e dal sistema logistico, qualcuno dovrebbe venire ad investire nel Salento? Il rilancio dello scalo di Surbo come piattaforma logistica potrebbe essere per il Salento ciò che Ferrandina è per Matera e la Basilicata. Ma bisognerebbe recuperare i ritardi in sede regionale e nazionale. Assumere delle decisioni forti, rapide in loco e avviare delle trattative urgenti con Fsi e poi con le autorità portuali di Taranto e di Bari-Brindisi e con le autorità regionali e nazionali. Ripristinata la valenza della piattaforma intermodale di Surbo, anche il Salento avrebbe titolo a rivendicare l’inclusione nella Zes di Taranto o in quella di Bari - Brindisi o in una (auspicabilissima) Zes unica regionale! Si può? Proviamoci», aveva suggerito l’imprenditrice.
Vero e proprio appello il suo, forse, non è caduto nel “nulla”. Solo qualche giorno fa, il presidente della Provincia, Antonio Gabellone, ha preso, infatti, carta e penna e, al presidente della Regione, Michele Emiliano, ha scritto: «Diamoci una mossa». Il tempo stringe.
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