Anno giudiziario, avvio con allarme: «È la politica a rivolgersi ai mafiosi»

Anno giudiziario, avvio con allarme: «È la politica a rivolgersi ai mafiosi»
di Erasmo MARINAZZO
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Sabato 26 Gennaio 2019, 23:55

Politica e magistratura il filo conduttore dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto della Corte d’Appello di Lecce. Per la controversa riforma sulla prescrizione, per le indagini sulle infiltrazioni della mafia nella pubblica amministrazione, per il caso Lecce dell’abitazione confiscata alla Scu ed assegnata al fratello del boss. Con la sferzata, in tutto ciò, del procuratore generale Antonio Maruccia: «Sono i politici a rivolgersi ai mafiosi per avere il consenso elettorale. E non viceversa», è l’analisi sulla crisi di rappresentanza e sulla qualità della classe dirigente politica.

Così come rilevanti sono le riflessioni del presidente della Corte d’Appello Roberto Tanisi, che ha citato le possibili ricadute del Decreto sicurezza sulla “sezione specializzata stranieri”, con le impugnazioni a cascata delle revoche dei permessi di soggiorno per motivi umanitari. Ricordando, peraltro, i 70 anni della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, gli 80 anni dell’approvazione delle leggi razziali e la Giornata della memoria che si celebra oggi. Per soffermarsi poi sulla china dell’indifferenza verso i valori fondamentali su cui poggia la democrazia. E sull’indifferenza per la separazione dei poteri, «che si vorrebbero sempre più accentrati nelle mani, se non di un solo uomo, di pochi: si pensi alla mortificazione del Parlamento - pilastro insostituibile della democrazia rappresentativa - e all’idea balzana di chi lo vorrebbe eliminato. Indifferenza al principio di rappresentatività, mortificato da leggi elettorali maggioritarie o da vincoli incostituzionali. Indifferenza per il rispetto delle procedure e dei tempi delle decisioni. Indifferenza per la legalità e per l’indipendenza della funzione giudiziaria, ne sono riprova le dichiarazioni offensive rivolte, alcuni giorni fa, nei confronti di magistrati dei quali non era stato condiviso il contenuto della decisione. Indifferenza, in estrema sintesi, per tutto ciò che qualifica come “liberale” una democrazia». 

Temi nuovi ed attuali che si intrecciano con la storia giudiziaria del distretto. La storia della mafia, della Sacra corona unita. E i mutamenti che sembrano confermare la tendenza della Scu a mutuare gli insegnamenti di Cosa Nostra: la tendenza ad infiltrasi nella politica. «Gravi fatti di incursione criminale nelle campagne elettorali per deviare il libero esercizio del voto sono state registrate anche a Brindisi, come di recente a Lecce», ha sottolineato il procuratore generale Maruccia. «Fatti, questi, che ripropongono una questione più ampia, quella relativa alla qualità delle classi dirigenti degli enti locali, a volte prive di radicamento democratico e caratterizzato invece da un legame di tipo clientelare, più o meno illecito. Un altro aspetto della crisi di rappresentanza. Sono temi che travalicano l’ambito di azione della magistratura e rimandano alla qualità della nostra democrazia. Un problema per il quale a poco serve il processo penale, chiamato ad incidere sul piano repressivo per i soli fatti che postulano una responsabilità penale».

Il procuratore generale Maruccia ha fatto riferimento alle indagini sulla associazione antiracket e sulle case popolari a Lecce, che hanno disvelato il collegamento tra settori della politica e la criminalità organizzata e mafiosa. E poi ancora il riferimento al caso della Multiservizi a Brindisi, come pure allo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei Consigli comunali di Manduria, Sogliano Cavour, Surbo, Parabita.  

L’ultima riflessione, il procuratore generale l’ha dedicata all’inchiesta della Procura di Lecce sull’assegnazione delle case popolari in cambio di voti. «E fa veramente male leggere di un appartamento confiscato alle mafie da assegnare illecitamente al familiare del capoclan, in corrispettivo dei favori ricevuti dai criminali. Avrò una sensibilità particolare per la mia pregressa esperienza di Commissario di Governo ai beni confiscati, ma a me questo fatto sembra di particolare disvalore, se sarà accertato con sentenza irrevocabile. Mi sembra un’offesa gravissima, uno schiaffo al lavoro della polizia giudiziaria, della magistratura, della Agenzia per i beni confiscati che quell’appartamento ha assegnato al Comune di Lecce non perché lo restituisse ai mafiosi. Uno schiaffo al lavoro di tanti enti locali e di quella società civile - gli insegnanti, i sacerdoti, le associazioni, il volontariato -  che si impegnano, che credono nella legalità, della quale andiamo a parlare nelle scuole agli studenti, sempre affascinati dal valore simbolico della destinazione sociale dei beni confiscati».