Simulò il sucidio: ex bancario nascosto per 7 mesi nel Salento

Simulò il sucidio: ex bancario nascosto per 7 mesi nel Salento
di Donato NUZZACI
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Lunedì 2 Luglio 2018, 00:37
Si “uccise” fra il 24 e il 25 marzo 2012 nelle acque del fiume Po in territorio di Rovigo, nel Veneto. Ma il suicidio fu un bluff e lui riuscì subito a dileguarsi e a cancellare tutte le tracce dietro di sé, transitando in bicicletta e in treno in varie zone d’Italia prima di finire la propria corsa in una “pagghiara” nel Salento, sulla vecchia strada che collega Vignacastrisi a Castro, vicino zona Purgianne, dove visse in piena estate per oltre tre mesi in perfetta solitudine e anonimato.
Oggi l’avventurosa storia del bancario veneto Gabriele Andriotto, classe 1964 - come ha riferito il Corriere della Sera - diventa un libro in uscita nei prossimi giorni, dal titolo “La vita che mi spetta” (Fernandel editore) a cura di Andrea Priante, scrittore e giornalista del Corriere del Veneto.
I motivi del suo finto suicidio vengono spiegati dallo stesso Andriotto nelle pagine del libro in cui racconta «il gran pasticcio combinato in banca, soprattutto i rendiconti falsi con i quali presentava ai suoi clienti situazioni diverse dalla realtà». E di come - ha scritto ieri il Corriere - «decise di mettersi a studiare per aiutare tutti coloro che avevano subito le perdite a recuperare tutto. Convinse i clienti a non disinvestire mostrando falsi rendiconti per rassicurarli». Poi però un suo collega scoprì «che c’era qualcosa che non andava nei documenti che produceva» e a quel punto Andriotto decise di sparire. Letteralmente.
Dopo aver parcheggiato di proposito a fine marzo la propria automobile vicino al fiume Po e lasciando all’interno cellulare e carte di credito (tranne quella di identità), il bancario - all’insaputa anche dei familiari - scappò indisturbato e si trasferì alla fine in Salento, nella parte orientale della provincia leccese. A Vignacastrisi in particolare, nel bel mezzo delle campagne tra i comuni di Ortelle-Castro e Marittima. E tra rovi, macchia mediterranea, alberi di ulivo e di leccio, Andriotto da giugno fino ad ottobre occupò una “pagghiara”.
Poi arrivò la svolta. Il primo a rintracciarlo fu Giorgio Picci, comandante della Polizia municipale di Ortelle: «Ci giunsero alcune segnalazioni di cittadini che riferivano di qualcuno che aveva occupato un podere di campagna, poi insieme ai Carabinieri della stazione di Poggiardo e dopo il racconto orale di un cittadino di Vignacastrisi, abbiamo ritrovato il signor Andriotto in una pajara arredata nei minimi particolari con un materasso, libri, giornali, il dizionario Zingarelli del 2002, contenitori con conserve, sacchetti per l’immondizia, acqua, uno specchio, sedie e tanti indumenti». Subito cominciò a collaborare con le forze dell’ordine e riuscì poco dopo a ritornare a Rovigo dalla figlia e dai suoi familiari.
L’ex bancario aveva promesso al comandante Picci che sarebbe ritornato e così ha fatto. È venuto ogni anno nel Salento, anche per recuperare la propria bicicletta in custodia presso i carabinieri. «Ora ho trovato il mio equilibrio, la mia serenità - ha raccontato Andriotto al Corriere -. Dire che sono felice è un po’ troppo perché la felicità è difficile, sono momenti. Diciamo che sto bene, affronto la vita con sincerità e non c’è più niente che mi spaventi».
«Dalla sua storia non ebbe nessuna conseguenza giudiziaria, solo una ammenda per il procurato allarme del suicidio simulato, le indagini hanno accertato che Andriotto non ha tenuto per sé nemmeno un centesimo», si legge dal Corriere. Oggi lavora come impiegato con i medici di base della sua zona in Veneto.
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