I giudici "aprono" al pubblico il sito archeologico di Centopietre, ma la proprietà resta privata

I giudici "aprono" al pubblico il sito archeologico di Centopietre, ma la proprietà resta privata
di Anna Manuela VINCENTI
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Martedì 25 Maggio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:51

Le Centopietre di Patù sono bene della collettività: la Corte d’Appello di Lecce dichiara la servitù di uso pubblico. Ma il proprietario non ha alcuna intenzione di cederle. L’annosa vicenda del monumento funerario di interesse nazionale (che però è di proprietà privata) vede un punto a favore del Comune e ribalta la precedente decisione del tribunale.

Ribaltata la sentenza del Tar

 

Nel 2015 l’amministrazione comunale aveva richiesto il riconoscimento della proprietà del monumento per maturata usucapione o, in subordine, della servitù di uso pubblica. Il giudice di primo grado, nel 2019, aveva però rigettato entrambe le istanze. «Il collegio della Corte d’Appello, invece - spiega il primo cittadino Gabriele Abaterusso- accoglie parzialmente e “dichiara che l’immobile, denominato Centopietre, e l’area circostante di mq 284 circa, è gravata di servitù di uso pubblico in favore della collettività del Comune di Patù”. Un risultato importante che premia gli sforzi e le iniziative messe in campo in questi anni. Confermata, però, la proprietà privata del monumento. Valuteremo pertanto nelle prossime settimane le iniziative più idonee da intraprendere per sottrarre definitivamente questo nostro tesoro all’abbandono e all’incuria». 

L'antico monumento funerario


Centopietre è un antico monumento funerario dichiarato nel 1873 di interesse nazionale situato nel comune di Patù. Il nome Centopietre deriva dal fatto che la costruzione era originariamente composta esattamente da cento pietre (oggi 99) incastonate fra di loro. La sua struttura ha dato luogo a diverse collocazioni storiche. Databile al IX secolo, venne edificato come mausoleo sepolcrale del generale Geminiano, messaggero di pace trucidato dai saraceni subito prima della battaglia finale tra cristiani e infedeli di Campo Re del 24 giugno 877, ai piedi della collina di Vereto.
Il monumento è di proprietà della famiglia di Luigi Scupola ereditato dalla madre come dono di nozze, che «negli anni Cinquanta l’ha donato alla comunità, ma di questo non si fece nessuna trascrizione».

Proprietà privata: la versione degli eredi

 

 
E proprio sulla mancanza di trascrizione interviene l’erede usufruttuario l’86enne Luigi Scupola. «Non ci può essere nessuna lettera - racconta l’anziano - perché quello che il parroco di allora ha chiesto a mia madre ed alla mia famiglia è stato l’ampliamento del sagrato della chiesa ed il relativo passaggio.

In cambio il Comune fece il muro, ma su richiesta del parroco. Per questo non c’è nessuna traccia dell’accordo e nessuna trascrizione. Del resto noi siamo cinque figli e si sapeva che avremmo fatto ricorso. Io sono un appassionato d’arte, per questo l’ho ereditata. Ho anche comprato e restaurato il castello di Lucugnano, ho provato più volte a restaurare il bene, ho fatto anche diversi progetti che non sono mai riuscito a portare a termine perché ci sono stati imprevisti e fraintendimenti. Ho provato anche a metterlo in vendita, anche se so che la Sovrintendenza ha il diritto di prelazione. Io proseguirò nel mio diritto è impensabile che solo perché la comunità ha l’accesso si pensi di sottrarla a me che sono il proprietario. Del resto, si sono ricordati di “reclamarla” dopo ben settant’anni da quella sedicente lettera».

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