Il cardinal De Giorgi: «Così don Tonino anticipa la Chiesa di papa Francesco»

Il cardinal De Giorgi con il vescovo di Ugento Angiuli
Il cardinal De Giorgi con il vescovo di Ugento Angiuli
di Maria Claudia MINERVA
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Giovedì 19 Aprile 2018, 17:34
«Ho conosciuto il Servo di Dio, don Tonino Bello, sin dagli anni del Seminario Regionale di Molfetta, e sin d’allora era stimato e apprezzato dai superiori e dai compagni per le sue particolari doti di intelligenza e di bontà. Ho avuto modo di incontrarlo da sacerdote, soprattutto durante il 1973 quando fui invitato a svolgere i ritiri spirituali mensili del Clero a Ugento e questo mi ha dato la possibilità di conoscerlo e apprezzarlo per la sua alta formazione culturale e spirituale». È il cardinale Salvatore De Giorgi, che domani sarà a Molfetta per concelebrare la messa con Papa Francesco, a raccontare spezzoni della vita sacerdotale di don Tonino, ricordando le sue battaglie quand’era appena un giovane vescovo, la sua umanità, la sua ferrea volontà di denunciare il male, il suo impegno perenne per la pace.

Cardinale De Giorgi, che ricordi ha del vescovo di Molfetta?
«Fui felicissimo quando il 10 agosto 1982 fu nominato vescovo, e nella Conferenza Episcopale Pugliese ho avuto modo di apprezzare il suo stile pastorale, che egli traeva dalla conoscenza profonda e dalla ricezione convinta del Concilio Vaticano II, lo stile della semplicità, della povertà, dell’amore per la giustizia e della pace, dell’ attenzione concreta agli ultimi, ai poveri, ai disoccupati, ai senza casa, sino ad accoglierne alcuni in Episcopio. Per lui la promozione umana era davvero connessa con la evangelizzazione, dimensione ineliminabile della pastorale. Figli ambedue di carabinieri, eravamo allora i più giovani vescovi della Puglia, per cui guardavamo al futuro sognando una Chiesa più rispondente ai nuovi tempi; e in questo don Tonino ci ha preceduti con scelte pastorali e gesti personali innovativi, che in certo qual modo hanno fatto di lui un precursore del grande Papa che il Signore ci ha dato, Papa Francesco, che oggi significativamente viene ad Alessano e a Molfetta per onorarne la memoria».

Ricorda qualche episodio, in particolare, legato agli anni della vostra conoscenza?
«Rimasi commosso quando nel 1992, invitato a Ugento come Assistente Generale dell’Azione Cattolica, gli feci sapere che sarei andato a trovarlo, ormai malato, ad Alessano. Invece fu lui a venire a Ugento per incontrarci: per me una lezione di squisita gentilezza e di profonda fraternità sacerdotale che non ho mai dimenticato, come non ho dimenticato l’ultima mia visita a lui, qualche mese prima della sua morte, per la lezione di offerta a Dio delle sofferenze e della vita nell’attesa dell’incontro definitivo ed eterno con Lui. Ci ha insegnato come si vive e come si muore».

Il messaggio di don Tonino è ancora attuale?
«Il suo messaggio è ancora attuale, soprattutto in un tempo in cui il degrado della vita e il disprezzo della morte dominano in una cultura che oscura o nega i valori del Vangelo. Don Tonino li ha creduti fermamente, li ha vissuti coerentemente, li ha proposti con passione, convinto che essi non sono in contrasto con gli autentici valori umani, come quelli della giustizia, della pace, della condivisione, della solidarietà, della concordia, della convivialità delle differenze, ma li portano a pienezza di contenuti e di impegno contro la falsa cultura della guerra, dell’odio, dell’egoismo, del razzismo e dello scarto».

Il vescovo era contrario alle armi e predicò sempre la pace, ma per qualcuno la sua è stata una figura scomoda.
«Il profeta è sempre una figura scomoda, ma non si lascia imbavagliare nel denunciare il male, come le guerre, la proliferazione e il commercio delle armi, il dissesto ecologico, le ingiustizie sociali, e questo suscita la reazione a volte anche violenta di chi è a servizio del male. È sempre un segno di contraddizione, come Gesù. E così è stato per Don Tonino, come vescovo e come presidente di Pax Christi, preoccupato di piacere a Dio più che agli uomini».

Perché la gente lo ama tanto?
«La gente lo ha amato e lo ama tanto proprio perché ha visto e ammirato in lui la manifestazione dell’amore di Dio Padre che ama tutti e della premura del Buon Pastore che ha dato la vita per il gregge, e don Tonino l’ha veramente con l’esempio evangelico della vita, il fuoco pentecostale della parola, con l’offerta della sofferenza sino alla morte».

Cardinale, pensa che la venuta di Papa Francesco possa accelerare la causa di beatificazione?
«La significativa visita del Papa indubbiamente allargherà il già vasto orizzonte della conoscenza di don Tonino e del prezioso contributo che ha dato nella costruzione di un mondo nuovo più rispondente al progetto di Dio,unico Autore della storia. Ma il processo continuerà a svolgersi secondo le regole della Chiesa, mentre con la preghiera ne attendiamo l’esito positivo per la gloria di Dio, l’onore della Chiesa e l’incremento religioso, morale, civile e sociale della Puglia a cominciare dal nostro Salento».

 
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