Il riformismo che supera la sinistra e la destra

di Mauro CALISE
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Domenica 18 Ottobre 2015, 21:23 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 10:43
Gli eventi corrono, più veloci dei nostri schemi. Anche per questo si fa fatica a interpretare, perché le lenti sono sbagliate, o, per lo meno, antiquate. Vale anche per la diatriba del momento, cosa è di destra e cosa di sinistra nell’azione del governo Renzi. Si sa, il copione va rispettato. Così il premier si affretta a rivendicare la sinistra di tutto quello che fa. Ben sapendo che non è sempre vero. E i suoi nemici – soprattutto interni – ne approfittano per lanciargli gli strali più velenosi (almeno all’epoca della terza internazionale di cui restano, a tutt’oggi, orfani): il premier flirta con il capitale, avrebbe - addirittura - ambizioni autoritarie. La realtà è che su questo nobilissimo asse di riferimento storico ci sono appollaiati solo loro, i partiti, o ciò che ne rimane. Per gli elettori, è cambiato tutto. Basta vedere come funziona il partito – pardon movimento, o se preferite associazione – che da oltre due anni tiene banco nella politica italiana. Sono di destra o di sinistra i grillini? Se volete avere qualche dato ancora con le vecchie coordinate, i sondaggi concordano nel dire che pescano sia di là che di qua, in parti più o meno uguali. Ma la realtà è che a Grillo & co. di questo non gliene importa niente. Non ne parlano mai.



Non lo considerano un proprio problema fondativo, e tanto meno discorsivo. Anzi, gli serve solo per dire che destra e sinistra, all’atto pratico, pari sono. E si tengono ben stretto il serbatoio elettorale cui, statene certi, della questione interessa ancora meno. Che litigassero pure Berlusconi, Salvini e la Meloni su chi interpreta la vera destra. E che Bersani e Civati provassero a tagliare sotto i piedi di Renzi ciò che resta dell’identità di sinistra. È una partita a perdere. Che serve solo ad alimentare i dibattiti di opinionisti e professoroni. E a posizionare un po’ più qua – al grido di fatti più in là – i frammenti di ceto politico che senza questo tipo di discorsi resterebbero, oltre che disoccupati, anche muti.

È questo il dato sistemico con cui oggi bisogna fare i conti. L’esistenza in Italia di un forte, anzi fortissimo, partito post-ideologico. Chiamatelo, se vi fa piacere, qualunquista. Aggiungeteci pure populista. Ma la realtà è che ha scardinato il vecchio ordinamento con cui i partiti hanno marciato per decenni. Ed è questa la sfida cui Renzi sta provando, dal governo, a rispondere. È una sfida – si sarebbe detto un tempo, senza esagerazione – epocale. E non perché i grillini rappresentino l’avanzata della barbarie – come le nostre elite impaurite continuano ad esagerare. Ma perché stanno cavalcando l’istinto primordiale che si è scatenato in ampie fasce dell’elettorato. Che non votano più sulla base di convincimenti ed argomenti, ma seguendo una contrapposizione elementare tra chi è al potere, e chi ne è fuori. In questo – e non è poco – i grillini non sono solo una forza antisistema, sono una forza rivoluzionaria.

Se Renzi vuole sperare di fermarli, non può andare troppo per il sottile. Deve serrare intorno al suo governo tutte le leve riformatrici che può, non importa in che direzione vadano. Deve comunicare – e convincere – che lui sta facendo di tutto per smantellare il vecchio potere, e fare ripartire il paese. La direzione – per il momento – non conta. E non conta – purtroppo – neanche il debito che probabilmente aumenterà – come Monti ci ricordava ieri sul Corriere – per le prossime generazioni. Tanto – potrebbe cinicamente aggiungere – i grillini al potere manderebbero il paese in bancarotta in un mese.



E comunque, non ha alternative. Non si tratta di discettare sul partito della nazione, o qualunque altro nome si volesse affibiare a una rifondazione che Renzi si guarderà bene dal cercare. Gli alleati che il premier sta pescando in giro per il parlamento sono solo la punta dell’iceberg elettorale cui sta puntando. Quel corpaccione post-ideologico, ex di destra ed ex di sinistra, ancora indeciso se scegliere chi vuole cambiare da dentro o chi vuole abbatter tutto da fuori. Dipendesse solo da Renzi, vincerebbe di slancio la partita. Ma ci sono in giro – nell’establishment politico-burocratico – ancora tanti che non rinunciano a suonare col vecchio spartito. Affezionati alla propria orchestrina. Un po’ più a destra, un po’ più a sinistra. Quando si accorgeranno che la nave si sta inabissando, state certi che – prima di annegare - daranno la colpa al capitano.

Mauro Calise