Deontologia, il vaccino anti-pandemia da fake

Deontologia, il vaccino anti-pandemia da fake
di Adelmo GAETANI
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Sabato 29 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10:34

«Nei tribolati tempi del Covid molte notizie vengono diffuse con superficialità, tutto questo destabilizza l’opinione pubblica e incrina la fiducia dei cittadini. Il riferimento non è solo ai social e ai cosiddetti leoni della tastiera che richiedono altre considerazioni e l’adozione di misure più stringenti, ma anche a quell’informazione professionale che spesso ignora regole deontologiche orientate a garantire il corretto svolgimento dell’attività giornalistica».
Ruben Razzante, giornalista, docente di Diritto dell’Informazione presso la Cattolica di Milano e la Lumsa di Roma e componente della Task-force anti Fake-news della Presidenza del Consiglio, relatore alla sesta edizione di Figilo (Festival dell’informazione giornalistica locale) in programma a Gallipoli, non esita a mettere il dito nella piaga.

«L’appuntamento di Figilo ci consente una riflessione ad ampio spettro sulla qualità dell’informazione ai tempi della pandemia, un periodo in cui si sono manifestate criticità che è giusto individuare e denunciare per poterle correggere».

Ad esempio?

«Quando i giornalisti fanno parlare e danno molto spazio ai virologi, limitandosi a fare da cassa di risonanza, vengono meno al loro ruolo che è quello di mediazione tra gli stessi virologi e l’opinione pubblica al fine di veicolare messaggi chiari e utili. I giornalisti devono raccogliere le opinioni e i punti di vista, ma poi devono esercitare un discernimento, devono selezionare gli elementi a disposizione e metterli insieme senza essere un megafono acritico spesso dei battibecchi tra esperti in competizione e in contrasto tra di loro».

Appunto, se i virologi litigano ed esprimono punti di vista contrapposti su temi sanitari, come puntualmente accaduto in questi due anni di pandemia, qual può essere il faro di una corretta informazione?

«Bisogna sempre farsi orientare dagli strumenti tradizionali, ma sempre attuali, del giornalismo che sono la verifica della notizia, l’approfondimento, l’inchiesta, la rettifica, quando si incorre in qualche errore, e l’osservanza delle regole deontologiche.

Attraverso l’informazione di qualità si deve affermare il valore aggiunto della professione giornalistica e nel caso della narrazione sulla pandemia la competenza e l’accortezza dei giornalisti costituiscono un patrimonio culturale inderogabile».

Facile a dirsi, difficile a farsi soprattutto se le notizie che arrivano dal mondo medico e scientifico sono contraddittorie. L’informazione di qualità dovrebbe evitare di essere contaminata dalla confusione di previsioni, dai vorticosi dati sui contagi e dai protocolli poco chiari messi in circolazione. Ma come?

«L’Ordine Nazionale dei Giornalisti nel 2020 ha modificato l’art. 6 del Testo unico sulla deontologia inserendo l’informazione medico-scientifica, materia che necessita di un supplementare obbligo di verifica, di cautela e di realismo per evitare la spettacolarizzazione dei dati sanitari. Purtroppo, in questo lungo periodo di pandemia abbiamo visto poco o niente applicato l’art. 6, piuttosto c’è stato un continuo ricorso ad un sensazionalismo sia di tipo allarmistico che negazionista. L’opinione pubblica si è sentita assediata da un’informazione a tinte forti che, anziché spiegare i fenomeni in corso, si è mossa su una strada che ha aumentato la confusione e il disorientamento. E non è solo questo».

Cos’altro non è andato?

«C’è stata una sorta di acquiescenza del giornalismo nei confronti del groviglio di norme burocratiche che spesso hanno creato disagi e alimentato allarmismo. In generale, l’informazione ha registrato in modo acritico le scelte politiche sulla gestione della pandemia, mentre un giornalismo di qualità deve spiegare quello che non va e indicare possibili soluzioni alternative».

Abbiamo parlato del giornalismo, ma sui social, veicolo prediletto delle fake-news, cosa diciamo?

«Dopo aver guardato in casa nostra, dobbiamo senz’altro accendere i riflettori sui social e sul ruolo che svolgono oggi nel sistema della comunicazione. Innanzitutto è fondamentale che le grandi piattaforme, come Facebook, Google, Youtube, collaborino con le Istituzioni per fermare la diffusione di notizie manipolate. Contestualmente bisogna dar vita, nel nome dell’informazione di qualità, ad un’alleanza tra giganti del web, produttori di contenuti e giornalisti, altrimenti la battaglia contro la manipolazione delle notizie dobbiamo considerarla persa».

Ci sono giornalisti che sulla Rete si lasciano andare. E’ accettabile?

«Assolutamente no. Un giornalista non può sdoppiarsi e comportarsi sui social come se facesse un altro lavoro. Il giornalista deve rispettare la deontologia anche quando scrive sui social, perché la sua immagine pubblica è legata alla coerenza dei comportamenti».

La pandemia non ha frontiere, la sua gestione ha evidenziato una sorta di Covid-sovranismo degli Stati e anche negli Stati. Ma poco o niente è stato detto e fatto su questo punto. Perché?

«L’insensata balcanizzazione delle misure sul Covid avrebbe dovuto ricevere una dura censura da parte della libera informazione. Cosa che quasi mai è avvenuta. Al di là delle dichiarazioni di circostanza, è mancato un approccio globale alla pandemia, quasi sempre ogni Paese ha cercato la sua strada dimenticando che queste battaglie o si vincono insieme e dappertutto o si perdono. Il giornalismo avrebbe dovuto esercitare uno spirito critico anche rispetto ad un problema così determinante. Ma va detto che c’è ancora tempo per farlo in Italia, come in ogni altra parte del Mondo. E’ importante che venga diffuso un messaggio chiaro sull’imprescindibile condivisione di percorsi universali nella lotta contro il virus».

La pandemia fa ancora paura, ma come ha affermato l’Oms, si vede un po’ di luce in fondo al tunnel. Quale ruolo può avere l’informazione di qualità in questa nuova fase?

«La funzione del giornalismo non cambia, come non cambiano le responsabilità: oggi, come ieri e come domani, i giornalisti sono chiamati a svolgere un ruolo di verifica sulle notizie, un ruolo di selezione e di indagine e, dal punto di vista dei messaggi all’opinione pubblica, un ruolo di maggiore moderazione tra gli allarmi eccessivi e l’esultanza sul fine pandemia. Equilibrio e competenza, sono le parole-chiave del giornalismo che deve guardare con spirito di servizio e senso di rispetto nei confronti dei cittadini sempre più bisognosi di una buona e libera informazione».

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