L'esorcista, quaranta anni di terrore
Nico Parente alla Feltrinelli

L'esorcista, quaranta anni di terrore Nico Parente alla Feltrinelli
di Paola COLACI
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Mercoledì 26 Marzo 2014, 21:25 - Ultimo aggiornamento: 21:33
“Presentiamoci. Io sono padre Karras”. “E io sono il diavolo!”. La figura di prete esorcista nella nebbia, il volto mostruoso e le blasfemie di una ragazzina posseduta da Satana, una madre atea e disperata e un sacerdote, padre Merrin, emblema di una fede estremizzata che morirà stroncato da un infarto.



Quarant'anni e non sentirli per l'Esorcista, la pellicola più terrorizzante della storia del cinema. Quattro decenni sono trascorsi, infatti, da quando per la prima volta nel 1973 il film diretto da William Friedkin, tratto dall'omonimo romanzo di William Peter Blatty, fece il suo esordio in sala. Da quel momento tolse il sonno a generazioni intere di spettatori. E continua a terrorizzare come mai nessun altro aveva fatto prima. E riuscirà a fare dopo. Eppure di pellicole horror ne sono state prodotte a decine. E altrettante sono le sceneggiature zeppe di voci trasfigurate e di personaggi martoriati e posseduti dal demonio. Ma nulla potrà eguagliare il potere di terrorizzare lo spettatore che è proprio de L'Esorcista.



Ma perchè la pellicola di Friedkin ha da sempre questo straordinario potere di scuotere e sconvolgere le coscienze? A questo interrogativo prova a dare una risposta lo scrittore Nico Parente con il suo libro “L'esorcista – Quarant'anni dopo” che vede la collaborazione di Roberto Giacomelli e Gordiano Lupi. Il volume, edito da Il Foglio, sarà presentato giovedì 27 marzo pomeriggio alle 18,30 nelle sale della libreria Feltrinelli di Via Templari a Lecce. Ma lo stesso autore anticipa, in anteprima, il contenuto delle 200 pagine che puntano a svelare il fascino della pellicola.



“Sono agnostico. Non credo nell'esistenza del demonio – ammette lo scrittore – ma nell'Esorcista c'è qualcosa di più che va oltre la suggestione religiosa. C'è la storia di un dramma che non può lasciare impassibili. C'è il dolore di Padre Karras, dilaniato dal senso di colpa per la morte della madre, c'è il rapporto estremo con il sesso che si manifesta nel linguaggio blasfemo di Regan, la ragazzina posseduta, c'è il dolore di una madre che tenta in tutti i modi di salvare la sua unica figlia da una forza occulta e potentissima”. Insomma, per Parente, a fare dei 132 minuti della pellicola il film più terrificante di tutti i tempi, c'è quel confronto con il lato oscuro dell'essere umano. Quello stato psichico profondamente alterato dei personaggi che va dritto allo stomaco dello spettatore e smuove la coscienza, anche quella più assopita. “E se qualcuno mi chiedesse, da patito dell'horror quale sono, qual è la cosa che più temo e mi spaventa, risponderei: Il confronto con me stesso”.
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