Gatto e i versi per Comi dopo le ferie nel Salento

Gatto e i versi per Comi dopo le ferie nel Salento
di Fanny BORTONE
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Lunedì 17 Maggio 2021, 05:00

C’è il Sud nei ricordi di Alfonso Gatto. Un Sud che continua a bruciare nella memoria collettiva di poeti e scrittori che, portandoselo negli occhi, hanno fatto sì che fosse immortale. Ancora una volta ci scontriamo con la forza lacerante e persuasiva della memoria. Un’energia così travolgente che ci sembrerà persino, in alcuni momenti, di ritornare sulle righe di “Sur”, l’eclettica rivista fondata nella prima metà del ‘900 dalla regina dei salotti e dell’eros di Buenos Aires, Vittoria Ocampo.
Questa volta, non sapremo dire mai se il poeta di Salerno abbia conservato fino agli ultimi residui del suo tempo l’immagine distesa di quei pomeriggi trascorsi nella controra di Lucugnano. Passandoci oggi per caso, ci sembra ancora di sentire forte l’eco delle chiacchiere a palazzo Comi. Un paese; primo embrione di socialità in grado di riportare l’anima di colui che lo viva ad una dimensione temporale di effimero ma dolce conforto.

Alfonso Gatto e il Salento

Ancora non avremo mai la certezza se le mura colorate di Salerno, casa e culla di Alfonso Gatto come al tempo stesso dei suoi versi, vivano dentro di sé il ricordo di un Sud ancor più profondo: il Salento. A questo punto sarebbe di dovere sollevare una riflessione su quello che sia stato il ruolo e l’influenza del Mezzogiorno nell’attività poetica del secolo scorso. Nel clima crepuscolare di una lirica che si apre verso le corrispondenze più intime dell’esistenza umana, il Sud supera la prerogativa unica d’esser mera condizione sociale e diviene poco alla volta modus vivendi; canto materno ad accompagnare il lettore nella luce del meriggio. 
Ma non solo; si slega dall’utopia dell’immagine e approda nella contingenza del quotidiano, nel dolore ed il sole che rapprende duro sul volto dopo una giornata di mare.

La vacanza a Lucugnano

Sono sere di inizio estate a palazzo Comi. Un ormai non troppo giovane Alfonso Gatto si prepara a lasciare il candido edificio baronale dopo il breve soggiorno trascorso in compagnia di amici e letterati locali. È un periodo di crescita personale e lavorativa in cui dai versi politici alla poesia di stampo umanitario passionato e veemente si giunge sino alla contemplazione ultima della morte e del patto con la Storia che ci renderà esuli nella nostra stessa terra in eterno. Gatto svilupperà presto una “retorica di sguardo” tutta sua in cui la fascinazione per le sintesi espressive di Ungaretti incontrerà un latente ma ancor più vivace spirito Mediterraneo filtrato attraverso l’esperienza di Scotellaro, Campana e Rimbaud. In lui, come in molti degli artisti che si sono addentrati nei meandri dell’espressionismo linguistico, emerge la visione di appartenenza a un sistema “altro”, il Sud appunto. Allo stesso modo il nostro riflette sul senso che la Puglia, e in particolare il Salento, eserciti all’interno dell’atto creativo della scrittura. Nella lingua di sabbia che sorge tra il salmastro dell’Adriatico e il forte vento della tramontana, Gatto, non vede più soltanto il limes che per primo lo stesso Bodini cantò.

Entrambi seppero cogliere infatti l’essenza di un luogo in cui l’archetipo si ricongiunge alla sua origine primordiale e benevola, ma anche dura, oscura, controversa. Tuttavia, è in questo alternarsi di luci e ombre che l’autore coglie “il segno di un limite metafisico delle cose, un quartiere dell’anima isolato ed eccentrico rispetto alla Storia”.

La lettera per l'amico Girolamo Comi

Prima di partire, Alfonso Gatto ci regalerà pochi versi dal lirismo innato selezionati da un’intera dedica all’amico e barone di Lucugnano: Girolamo Comi: “Così, sul paesaggio / di questa terra, la luce - per troppa luce - / non è più luce, ma la reliquia di / un evento, la rovina di un ordine. / Questa è la casa della tua poesia, caro / Girolamo Comi: e io so di che timbro, / di che squillo, è lo specchio della tua parola. Il tuo Alfonso Gatto. Lucugnano 28 maggio 1962”.

Si canta il Salento. Luogo di casa, porto in cui anche le ombre si fanno riconoscere, giaciglio dove riposare sereni dopo una cena nella sera che profuma ed esplode d’estate. È tutto racchiuso qui, nel dolore straziante che vive e muore all’interno della separazione dalla propria terra madre e la necessità convulsa di trovare un luogo che, sempre ed ogni volta in maniera differente, possa farci sentire a casa.
 

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