Corigliano, il Dopoguerra sardo raccontato dalla fotografia di Suschitzky

Corigliano, il Dopoguerra sardo raccontato dalla fotografia di Suschitzky
di Carmelo CIPRIANI
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Lunedì 9 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 08:48

«Fotografare significa stabilire con il mondo una relazione particolare che dà una sensazione di conoscenza». Così Susan Sontag definiva la fotografia, riconoscendole quel fondamentale valore di indagine, di registrazione del presente, di calco rilevato dalla luce della vita reale in tutte le sue molteplici manifestazioni. Ed è conoscenza autentica, tratta con perizia e partecipazione emotiva, quella che trapela dagli scatti di Wolfgang Suschitzky, fotografo austriaco di origine ebrea con un lungo trascorso di vita a Londra, scomparso ultracentenario nel 2016.

L'esposizione "Visioni del Sud"

A lui è dedicato il principale evento espositivo di “Visioni del Sud”, rassegna di arti visive contemporanee ideata da Big Sur ed ospitata nel Castello di Corigliano d’Otranto, noto anche con l’evocativo nome di “Castello Volante”. Partita lo scorso 20 luglio in concomitanza con la diciottesima edizione del Festival del Cinema del Reale (la quarta a Corigliano dopo la lunga storia trascorsa nel borgo antico di Specchia), la rassegna prosegue fino al 20 ottobre e coniuga, in un percorso integrato ma perfettamente leggibile all’interno del castello, mostre personali, installazioni multimediali e retrospettive.

A quest’ultima tipologia si può dire appartenga la mostra dedicata a Suschitzky, anche se in realtà non si tratta di un riepilogo ragionato dell’intera carriera del fotografo (cosa ancora da farsi e certamente auspicabile) ma dell’esposizione completa delle riprese dedicata dal fotografo alla Sardegna. Si spiega così il titolo “The Sardinian Project”, analisi lucida e insieme poetica della Sardegna nell’immediato dopoguerra, tra il 1948 e il 1950, quando nell’isola si diffuse la malaria. Migliaia di uomini, tra operai e tecnici, vennero impiegati nella ricerca delle larve di zanzara Anopheles Labranchiae, principale vettore della malaria, e nelle operazioni di irrorazione del ddt nelle case, nei monumenti, nei fiumi, nelle campagne, nei pozzi, nei nuraghi. Il tutto fu eseguito mediante l’utilizzo di aerei, barche, jeep, autocarri, elicotteri. Un dispiegamento di forze eccezionale, che segnò non solo la sconfitta della malattia ma anche l’inizio del progresso nell’isola.

La mostra, già ospitata nel 2019 nell’ex artiglieria di Nuoro, racconta la vicenda sarda attraverso un’ampia selezione di immagini del Fondo fotografico Suschitzky, acquisito dall’Istituto Etnografico Regionale della Sardegna nel 2005, diretto da Paolo Piquereddu, curatore della mostra nuorese e oggi anche di quella salentina. Suschitzky arrivò in Sardegna per la prima volta nell’estate del 1948, al seguito della casa di produzione londinese Nucleus Film Unit. Sebbene non ancora trentaseienne, aveva alle spalle circa dodici anni di attività sia come fotografo che come cameraman. Venne chiamato per lavorare come cameraman nel documentario “The Sardinian Project”. Il film, prodotto dalla Shell Petroleum Company in collaborazione con l’Erlaas (Ente regionale per la lotta antianofelica in Sardegna) aveva lo scopo di presentare i risultati delle campagne avviate nell’isola nel 1946 per l’eradicazione della zanzara malaria. Suschitzky ritornò sull’isola due anni dopo per un secondo documentario sullo stesso tema, destinato alle sale cinematografiche: “Adventure in Sardinia”, prodotto dalla British Pathé per l’Eca (Economic Cooperative Administration), l’agenzia governativa statunitense creata nel 1948 per amministrare i fondi del Piano Marshall.

Sia nel 1948 che nel 1950 Suschitzky, oltre che come cameraman lavorò come fotografo, producendo circa mille immagini.


L’epidemia malarica fu uno dei momenti più duri della storia sarda. Suschitzky lo racconta attraverso immagini evocative, in cui la serena vita dei campi si sposa (e non si oppone) ai progressi della medicina e della tecnologia, unici antidoti efficaci per combattere la diffusione del morbo. Temi quello delle condizioni di vita delle classi più umili e del riscatto sociale a lui cari, generati nella libreria del padre, la prima a Vienna dedicata alla crescita culturale dei lavoratori e delle classi sociali più povere.


La duplice anima della mostra salentina (così come dell’intero “progetto sardo”), tra vita arcaica e scienza, passato e futuro, si palesa subito, fin dall’inizio del percorso. Ai lati dell’ingresso, infatti, sono collocati due ritratti, il primo dei quali ritrae, con un efficace sottinsù che gli conferisce la monumentalità e l’epicità di un eroe classico, un giovane operaio disinfestatore, con gli occhi intensi e fissi, la cui carnagione scura lo rivela contadino o pastore momentaneamente prestato alle operazioni di disinfestazione. A fargli da contraltare è il primo piano di una biologa intenta ad osservare un vetrino al microscopio. È questa l’altra faccia dell’epidemia, quella della mente che guida la mano dei disinfestatori, ma è anche la testimonianza dei tempi che cambiano, con l’immagine della donna scienziata, professionista affermata, non più solo madre e moglie. Il fotografo pur salvaguardando la mobilità dello scatto e la spontaneità delle pose, restituisce un valore statuario all’immagine, alla presa diretta, esaltando il valore storico e documentario della fotografia. Ai due ritratti si susseguono senza soluzione di continuità, in un allestimento fin troppo affollato, oltre cento scatti in bianco-nero. Un vero e proprio fiume iconico che oltre a testimoniare la prolificità di Suschitzky ne attestano la capacità di cogliere lo spirito profondo di un popolo e di un dato momento storico. Immagini le sue capaci di trascendere l’hic et nunc per farsi portavoce di cambiamenti epocali e valori universali.


All’interno di “Visioni del Sud”, la mostra è capofila di un programma espositivo di qualità, con alcune proposte rese ancora più affascinanti da allestimenti decisamente indovinati. Bastino per tutti gli esempi di “Erotico Erotico”, personale dedicata ai nudi di Antonio Carmelo Erotico, celebre fotografo di Frigidaire, la rivista culturale italiana di fumetti, rubriche, inchieste giornalistiche e musica, con fotografie ospitate in light box ordinate in strutture totemiche, e di “Marsico - Down the Street”, progetto fotografico di Andrea Ciccarese, che documenta la quotidianità dei Marsico, una delle più antiche famiglie di giostrai del Salento, mostra nella quale le riuscite immagini fotografiche ben si coniugano alle luci delle giostre, scelte quali efficaci elementi oggettuali di contesto.
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