Coco Chanel, la donna che si trasformò in mito: un libro ne racconta la vita e i segreti

Coco Chanel, la donna che si trasformò in mito: un libro ne racconta la vita e i segreti
di Francesco MANNONI
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Martedì 5 Gennaio 2021, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 13:10

«Chanel è una donna esemplare, un mito, non si è mai arresa di fronte a nulla. È sopravvissuta all'epidemia di spagnola, alla prima e alla seconda guerra mondiale, alla perdita dell'amato Boy oltre a vari drammi personali, e penso che ancora oggi possa essere un bel simbolo di speranza per un 2021 che dia più spazio alle donne». Parola della giornalista e scrittrice Annarita Briganti che a cinquant'anni dalla morte, ha dedicato alla stilista Coco Chanel (pseudonimo di Gabrielle Bonheur Chanel, Saumur, 19 agosto 1883 Parigi, 10 gennaio 1971) un saggio biografico frutto di lunghe e appassionate ricerche e scritto con affettuoso rigore, Coco Chanel una donna del nostro tempo: un ritratto che ci restituisce tutta la «fragranza» dell'intelligenza di una donna dalle capacità rare.


Personaggio raccontato anche in altri libri appena usciti: Le sorelle Chanel di Judithe Littl (Tre60, pagine 375, euro 16) che parla anche della sorella Ninette, come in un romanzo di formazione; Coco Chanel. Unica e insostituibile di Roberta Damiata (Diarkos, pagine 304, euro 18); Coco Chanel. La rivoluzione dello stile di Chiara Pasqualetti Johnson (White Star, pagine 224, euro 29.90), una biografia abbondantemente illustrata. In giro c'è persino un Geronimo Stilton A tu per tu con Coco Chanel (Mondadori, pagine 96, euro 12,50) e Gaia, la vincitrice dell'ultima edizione di Amici che ora rivedremo tra i big di Sanremo, che canta Coco Chanel.


Basta l'anniversario a giustificare un simile interesse, signora Briganti?
«Quello è solo un pretesto. Mademoiselle è cresciuta in un ospizio per poveri, poi è diventata prima Coco e poi Chanel. Da piccola ha imparato a badare a se stessa e ad agire perché doveva osare o non sarebbe sopravvissuta. Cresciuta da sola, giocava nel cimitero e si cuciva da sola le bambole di pezza. Essere cresciuta in condizioni estreme le ha dato la forza che poi l'ha sostenuta in tutta la sua vita. E la forza di quella donna parla a tutte le donne di oggi».


A cinquant'anni dalla scomparsa, per cosa è ricordata oggi Chanel?
«Per il suo stile soprattutto. Negli archivi della Maison a Parigi, a Venezia e nei giornali dell'epoca, ho visto foto di modelle che potrebbero essere pubblicate oggi su Instagram. La moda passa, lo stile resta e lo stile di Chanel è eterno, sempre giovane com'è stata lei. In più ha lasciato un impero diretto oggi da una donna. E ha mostrato di avere stile in tutta la sua vita, fino alla morte avvenuta nel magnifico Hotel Ritz di Place Vendôme, dove aveva vissuto, da sola, per decenni».


Quali sono stati i motivi del suo successo?
«Ha iniziato togliendo alle donne le crinoline, i corsetti, i pesi, i cappelli con chili di piume, le gonne che impedivano loro di muoversi, dando loro emancipazione e liberazione senza paura di essere criticate. Se indossiamo i pantaloni è perché Chanel un secolo fa ha tolto alle donne molte inibizioni cambiando il loro abbigliamento e la loro indole. La grande svolta è avvenuta durante il primo conflitto mondiale».


Quanto appariva sconveniente il suo modo di essere?
«Tantissimo.

Andava ai matrimoni vestita da uomo suscitando scandalo. Ma subito tutte hanno cominciato a copiare i suoi capelli corti, ad ammirare il fisico androgino. La sua rivoluzione ha inciso anche sul ruolo delle donne nel mondo del lavoro. Chanel è stata la prima imprenditrice della storia che ha dato lavoro alle donne. Nella sua Maison i lavoranti per la maggior parte erano di sesso femminile».


Arthur Boy Capel, l'uomo d'affari inglese morto in un incidente d'auto nel 1919, fu l'unico uomo che amò veramente?
«Benché fosse una donna molto controllata, e diceva sempre che le donne non devono essere un accessorio degli uomini, per lei Boy - un uomo dell'alta società inglese, che finanziò il suo primo atelier - fu l'unico, vero colpo di fulmine. È stata una delle più belle storie d'amore del Novecento che ricostruisco negli aspetti meno noti, ma come spesso avviene nella vita, Chanel con lui passò dalla felicità al dramma. Dopo la morte di Boy per un periodo fu sola, tanto che anche il nero dei suoi abiti fu ispirato dal periodo di lutto che si era autoimposta. Riprese la sua vita ma non amò mai più nessuno come Boy».


Tutti gli altri amori, a cominciare da Stravinskij, solo unguenti per una ferita mai rimarginata?
«Chanel era bisessuale. Ha avuto tanti amori e tanti amici (uomini e donne come Colette e Cocteau) che ha pure mantenuto anche se cercando di rimanere nell'ombra. Solo grazie ai suoi interventi finanziari tantissimi geni della sua epoca come Stravinskij sono diventati quello che sappiamo. Ma la solitudine è stata la sua migliore amica: da un lato era un fardello dal quale avrebbe voluto liberarsi a tutti i costi; dall'altro le permise di diventare Chanel, di dedicarsi sempre più al lavoro: anche questo era un segno d'indipendenza».


André, presunto nipote, da lei allevato e sempre al suo fianco nel lavoro, in realtà era suo figlio?
«Andrè è stato attribuito ufficialmente a sua sorella, ma non è mai vissuto con la madre, non si è mai saputo chi fosse il padre, e Coco l'ha cresciuto come un figlio. Gabrielle, la figlia di Andrè comparsa nel 2014, in una testimonianza disse: Zia Coco non ha mai smentito né confermato di essere la madre di André. Conoscendo il carattere di Chanel se non fosse stato vero avrebbe fatto fuoco e fiamme».


Com'era Parigi ai tempi di Chanel? Com'è riuscita ad affermarsi?
«Chanel in società ha fatto lo stesso salto che ha fatto nella vita. All'inizio non la salutavano neanche perché non veniva dall'alta società, non aveva mezzi materiali, possedimenti, amicizie potenti. Quando era con Boy salutavano lui e non lei. Poi nel momento in cui divenne mademoiselle Chanel, come voleva essere chiamata, tutti avrebbero voluto avere contatti con lei, che però selezionava molto la sua cerchia. Frequentava prevalentemente intellettuali e artisti che spesso supportava. È stata una delle poche che non è caduta nelle trappole amorose di Picasso: sono stati amici per tutta la vita».

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