“Cade la terra”, con la Pellegrino tra le ombre della città fantasma

“Cade la terra”, con la Pellegrino tra le ombre della città fantasma
di Claudia PRESICCE
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 2 Marzo 2016, 20:31 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 15:28
Le rovine abbandonate di un luogo che fu un giorno abitato raccontano storie di vite sfocate, sconosciute, ma rispolverano anche una dimensione immobile che resta viva, in barba alle distanze temporali. Restano legate alle pietre infatti le ombre che hanno disegnato i muri animandoli con coreografie diverse, restano echi di speranze sontuose o di passioni tormentate che non possono fluire via insieme alle cose caduche. L’elogio di tutto quello che ferma il tempo, della semplice nostalgia quanto dei complessi ricordi di un mondo scomparso, è il cardine intorno a cui si riavvolge la storia di Carmen Pellegrino racchiusa in “Cade la terra” (Giunti; 14 euro), romanzo intenso su un luogo smarrito nel tempo. Di questo libro era prevista la presentazione per oggi a Parabita nell’ambito della rassegna “Incontri d’archivio” con la conduzione di Aldo D’Antico, ma a causa di un’indisposizione dell’autrice l’incontro è stato rinviato.
La storia delle case di Alento, paese immaginario in cui si svolge la vicenda, è, come tutti i luoghi antichi, legata a case, vicoli storti, vecchi alberi, terre dissodate col sudore, cancelli cigolanti che sopravvivono ai loro abitanti, ma insieme a loro mantengono in piedi una sorta di rappresentazione. È quella dei ricordi, messa in scena da chi resta e non vuole lasciare andare le persone con cui ha condiviso gli spazi, i sogni, le fatiche, ma è anche quella di fantasmi desiderosi di riscrivere pagine ingiallite e di poterle ancora cambiare.
Estella è una di queste “ombre” che dimostra l’impalpabile differenza tra vita e morte perché è lei che ricorda e che, sin dall’inizio della storia e del suo ritorno a casa, non vuole lasciare morire Alento e la sua gente. Il paese funestato da crolli e catastrofi naturali tende a spostarsi nel tempo, cioè a ricostruirsi più lontano dalla zona pericolosa lasciandosi dietro case abbandonate. Non è una storia del tutto fantastica perché evacuare luoghi a rischio è una cosa che succede ancora nel Belpaese, ma che soprattutto è successa e che ha funestato splendidi paesini medievali del centro e Sud Italia, ad esempio, costruiti su rocce rivelatesi, dopo secoli di urbanizzazione, malferme, o minacciati dall’impeto di acque indomabili. Molti agglomerati urbani che sarebbero dovuti crollare sono ancora lì, rimasti fieri e ancora intatti, diventati improvvisate attrattive turistiche naturali che accolgono appassionati di “abbandonologia”. Il nome annuncia già il concetto che veicola questa passione, che è sempre esistita, anche se oggi ha trovato nuovi sostenitori: è la voglia di visitare luoghi del silenzio in cui la storia si è fermata prima che tutto scomparisse, luoghi che raccontano antiche dignità, fatiche, utopie che un giorno sono state rese mute per strani percorsi storici. Anche il Salento ne conosce. Pensiamo a Monteruga il paesino fantasma tra San Pancrazio Salentino e Torre Lapillo abbandonato negli anni Ottanta che aspetta una nuova vita da allora, con le sue dimore rurali che ospitavano fino a 800 persone, la scuola rurale e la caserma, la chiesa con la porta spaccata e i calcinacci che cancellano ogni sacralità, il deposito tabacchi, le cantine, il frantoio. La differenza è che l’abbandono di Monteruga non ha niente a che vedere con pericoli di crolli, mentre nel romanzo di Carmen Pellegrino fino all’ultima pagina i calcinacci in volo arrivano addosso a ricordare che, da un momento all’altro, l’inevitabile avverrà. La storia è una danza tra vivi e morti, tra ricordi di storie reali che sembrano toccarsi e i sogni mai neanche palesati perché indicibili per essere anche solo sognati: è la memoria di Estella a metter su, ancora, Alento, mattone su mattone. Ricorda Marcello il giovanotto un po’ strano che ha accudito quando era ragazzina, che non ha mai avuto il coraggio di toccarla o di dichiarare la passione che lo lacerava e che l’ha sempre maltrattata ed evitata per non cedere alla tentazione. Ha continuato lo stesso gioco per tutta la vita, e neanche da adulti sono riusciti ad amarsi. Ricorda Libera Forti costretta a soggiacere alle voglie del Guercio, il marito che le era stato dato in sorte di cui un tempo aveva atteso la morte. Ricorda di uomini e passioni che in parte esistono sempre lì, tra le strade di Alento, dove qualcosa li trattiene per sempre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA