Biscotti: «La mia ricerca artistica tra la gente. L'archivio? Sono gli altri»

Biscotti: «La mia ricerca artistica tra la gente. L'archivio? Sono gli altri»
di Carmelo CIPRIANI
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Mercoledì 12 Luglio 2023, 06:36 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 21:25

Il passato come materia viva, la storia come viatico per rileggere il presente, l’archivio e la memoria come strutture sedimentate di vicende collettive da richiamare all’attenzione della società odierna, tutto questo e altro ancora è la multiforme ricerca di Rossella Biscotti, artista italiana tra le più note e apprezzate a livello internazionale. 
Nata a Molfetta, classe 1978, vive da tempo tra il Belgio e l’Olanda. Nel corso della sua ventennale attività ha partecipato a rassegne importanti, dalla Biennale di Venezia a quella di Istanbul, da Documenta a Manifesta, ed esposto in prestigiosi contesti, sia pubblici che privati. Dallo scorso 10 luglio, fino al 14, l’artista è a Lecce, dove, su invito di PIA, consolidata realtà formativa di pratiche artistiche e curatoriali, diretta da Jonathan Manno e Valeria Raho, parteciperà a “Flatland contemporary papier machè”, un progetto di riqualificazione, mappatura e fruizione del patrimonio culturale della cartapesta finanziato dalla Regione Puglia e dal Ministero del lavoro e realizzato d’intesa con la Soprintendenza Archeologia, Beni Culturali e Paesaggio per le province di Lecce e Brindisi e il Polo Biblio-Museale di Lecce. 
Il progetto intende mettere in luce il valore memoriale e esperienziale di questa antica tecnica, ancora così diffusa a Lecce, parte fondante del suo patrimonio immateriale, per dare corpo a nuove narrazioni in campo artistico. Si parte con Rossella Biscotti. L’abbiamo incontrata per farci raccontare ricerca e progetto formativo. 
Vive da tempo all’estero ma che rapporto sente di avere con la sua regione d’origine? Questa in qualche modo si riflette nel suo lavoro?
«In passato ho frequentato la Puglia soprattutto nel periodo estivo, nei momenti di vacanza. Ultimamente però, da quando nella regione si registra un certo fermento culturale, ho iniziato ad affacciarmi nella sua scena artistica, che trovo molto interessante. In Puglia ho anche realizzato dei lavori, seppur in forma indipendente. Opere come “Trees on land”, lavoro in ceramica realizzato nel mio studio di Alessano, nel Salento, che poi è stato in mostra a Parigi e ad Artissima a Torino e che oggi è parte della collezione del Castello di Rivoli. La Puglia in definitiva è per me un luogo d’ispirazione che credo ritorni nei lavori non necessariamente in forma narrativa ma come metodologia e forma mentis. Ciò che trovo particolarmente interessante in questo momento è l’interesse per tutto ciò che rappresenta il Sud in generale, con ripresa delle tecniche artigianali e delle tradizioni preindustriali e ritualistiche». Il suo è un lavoro “impegnato”, volto a riaccendere sul passato i riflettori del presente. Qual è per lei la funzione sociale dell’artista?
<«Per me è sempre stato importante fare un lavoro “impegnato”, fin dal primo momento, quando l’arte italiana era molto formale, legata alla produzione di oggetti. Venendo dal teatro per me era più urgente raccontare storie, ma queste naturalmente dovevano e devono avere una traduzione visiva, con materiali che sono importanti tanto quanto la storia che scelgo di raccontare. Materiali e forme sono parte integrante della narrazione. La funzione dell’artista per me è quella di essere parte della società e di non separarsi mai da essa. Io non sono un’artista da studio, non lavoro mai da sola, mi avvalgo sempre di collaboratori, artigiani o intere comunità. Lavoro sui luoghi». 
Fondamentale nella sua pratica artistica sono la ricerca d’archivio e l’indagine sul campo. Quando sente di dover affrontare in termini visivi un determinato tema o avvenimento del passato?
«Dell’archivio non mi interessa tanto il luogo fisico contenente i documenti. Archivi per me possono essere anche le persone. Per la mia ricerca è fondamentale l’esperienza sul territorio. Io sono in quei luoghi, li vivo entrando in contatto con storie che ritengo importanti da narrare. Mi interessa la vita reale e come la comunità vive e percepisce la sua storia. Inoltre ciò che mi interessa è come percepiamo gli avvenimenti, come essi sono avvertiti nella contemporaneità, se il tema che tratto ha ancora un senso nel presente, se crea dei dissensi o non è ancora stato sufficientemente trattato. La ricerca storica pura non mi interessa».
In questi giorni è a Lecce per partecipare da special guest alle attività formative di PIA. Che idea ha della formazione artistica? Cosa è possibile insegnare dell’approccio artistico?
«La formazione artistica è molto importante ma allo stesso tempo non credo molto nelle istituzioni. Per questo un approccio reale, esperienziale come quello di PIA mi interessa particolarmente. Qui incontri artisti, ti muovi su un territorio, crei una conversazione e un dibattito, generi relazioni con artigiani, tecniche, con la città reale. Nella formazione artistica io prediligo sempre questa dimensione di workshop».
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