Anfore e ceramiche trovate in fondo al mare nel Canale d'Otranto: ora sono in mostra i reperti del VII secolo avanti Cristo

Anfore e ceramiche trovate in fondo al mare nel Canale d'Otranto: ora sono in mostra i reperti del VII secolo avanti Cristo
di Francesca RANA
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Mercoledì 21 Giugno 2023, 13:33 - Ultimo aggiornamento: 14:25

Laggiù, nel Canale d'Otranto, a 780 metri di profondità, tra Italia ed Albania, nel 2018 fu trovato il carico di un naufragio, attribuibile forse al più antico relitto alto arcaico emerso nel Mediterraneo, lungo la rotta greco-apula dove si lavorava al gasdotto di Tap, Trans Adriatic Pipeline. Una parte, 50 reperti su circa 250, è stata recuperata nel 2019, il restauro è iniziato in collaborazione con Tap nel 2021 ed ora è possibile immaginare lo scenario ed il periodo storico di traffici e manifatture ceramiche corinzie nella mostra archeologico-immersiva "Recuperati dagli Abissi", inaugurata ieri sera al Convento di Sant'Antonio di Taranto, sede della Soprintendenza Nazionale al Patrimonio Culturale Subacqueo.

Il meglio di pithoi, anfore, hydrai, brocche, oinochoai, skyphoi, trovati in mezzo al mare, risalenti ai primi decenni del VII secolo avanti Cristo, restaurati nei laboratori, è stato esposto in teche o ricostruito in un museo virtuale, restituendo le percezioni sensoriali di un fondale, accanto ad un laboratorio ludico destinato ai bambini ed a teche sui reperti trovati sulla terra ferma in Puglia. La Soprintendenza Nazionale non aveva ancora mai organizzato una mostra con la sua curatela, insieme a un comitato scientifico. Sarà visitabile in orari e giorni d'ufficio tra le 8.30 e le 15.30, resterà aperta fino a fine anno e si spera di portarla in tour all'estero.

«Il carico - racconta la soprintendente Barbara Davidde Pietraggi - doveva raggiungere le coste pugliesi, pensiamo Roca o Otranto. Siamo in un momento, il periodo alto arcaico, poco documentato. Un carico di Corinto è veramente una cosa unica. Quando l'abbiamo presentato all'Accademia dei Lincei, ha entusiasmato il mondo scientifico. Inauguriamo la mostra grazie al supporto di Tap. È esperenziale: grazie alle nuove tecnologie il visitatore è immerso nell'abisso, nel blu, e grazie ai rilievi 3D ad alta definizione, proiettati nel grande schermo, può ingrandirli e scoprire impronte di vasai e vedere i colori vivaci sulla ceramica. Abbiamo contenuti di realtà aumentata, un gioco in un sottomarino, si vincono premi e c'è una sezione dedicata a non vedenti».

A settembre il via alla seconda fase dei recuperi

I finanziamenti richiesti sono in arrivo. A settembre, inizierà la seconda fase, si farà un sopralluogo in mare e si inizierà a programmare un recupero di tutto il carico, nella speranza di trovare il relitto vero e proprio.

«Dobbiamo recuperare gli altri reperti in autunno. Stiamo facendo la parte amministrativa prima di lanciare la gara - prosegue la soprintendente - abbiamo avuto i fondi e si tratterà di fare una gara europea.

I reperti in mostra rimarranno a Taranto finché non troviamo un'altra sede e la mia intenzione è fare una mostra itinerante. Non è sicuro, potrei portarla ad Atene in museo». La pubblicazione di un catalogo è in corso.

Ieri all'inaugurazione c'erano autorità civili, del Comune di Taranto pronto a sostenere fattivamente progetti, Regione Puglia e Ministero della Cultura, presenti o in collegamento video, associazioni, istituti, archeologi, i partner tecnici di diverse fasi, di Tap e Marina Militare, coinvolta ad esempio insieme a Nucleo Sdai e Nave Numana nelle prospezioni. Gli accademici e gli archeologi, in particolare, non vedevano l'ora di confrontarsi scientificamente ed alcuni non hanno perso l'occasione di offrire spunti di future ricerche.

«Ci metterò un'oretta... scherzo - esordisce Francesco D'Andria, accademico dei lincei e professore emerito - sono contento di essere nella mia città e sono orgoglioso sia Taranto ad ospitare la Soprintendenza Nazionale del Patrimonio Culturale Subacqueo (con competenze in Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, terrestri, in provincia di Taranto). Una soprintendenza così unica non poteva cominciare con migliori auspici. Nello stesso periodo, è venuto alla luce il più antico relitto del Mediterraneo orientale, ritrovato alla massima profondità. Ci sono voluti mezzi molto innovativi (ad esempio il rov, remotely opereted vehicle) per il recupero. Mi stupisco per la ricchezza di questo patrimonio subacqueo, ogni volta. Cosa ci faceva questa nave corinzia in quel punto? Vi invito a leggere l'Eneide di Virgilio, libro terzo, quando lui parla dell'arrivo di Enea in Italia e spiega la rotta».

Nel 2021 il Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia di Taranto approvò una mozione in cui si chiedeva al Mic di sostenere la ricerca scientifica sul relitto alto arcaico, dopo c'è stata una sequela di passi in avanti e in rappresentanza di Isamg, Istituto per la storia e l'archeologia della Magna Grecia, Mario Lombardo ha evidenziato un particolare affascinante notato sui reperti: «Un graffito è stato trovato su un'anfora delle due recuperate, due lettere, e non sono in greco, un rebus. Negli abissi ci sono ancora 76 anfore. Speriamo nel prosieguo».

Il direttore generale di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio al Mic, Luigi La Rocca, si è già prenotato in autunno sulla nave al prossimo sopralluogo in mare: «La seconda fase si avvierà a breve e dovrà continuare l'opera fermata nel 2019. Un'opera doverosa, perché i dati venuti fuori dai primi 50 reperti sono straordinari. Chiudono un cerchio ed aprono interrogativi su perché venissero trasportate alcune derrate. Abbiamo fatto una scoperta, le coppe per bere venivano impilate e messe all'interno di grandi contenitori, un mare di informazioni».
 

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