Un filo rosso collega Casarano con il Brindisino. Un filo rosso sangue. Su un striscia

Un filo rosso collega Casarano con il Brindisino. Un filo rosso sangue. Su un striscia
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Sabato 3 Novembre 2018, 12:08 - Ultimo aggiornamento: 18:15

Un filo rosso collega Casarano con il Brindisino. Un filo rosso sangue. Su un striscia di cocaina. Dove la vita di una persona vale mezzo chilo di cocaina. Una pista che stanno battendo gli inquirenti per cercare riscontri alle dichiarazioni dell'ultimo collaboratore di giustizia. Tommaso Montedoro, 42 anni, aveva sì sostenuto che il 26 ottobre di due anni fa ad ammazzare il suo amico e socio di delinquenza Augustino Potenza, fossero stati due sicari arrivati da Torchiarolo. Lo aveva detto nei primi verbali depositati il 25 settembre nel processo con rito abbreviato dell'operazione Diarchia che contesta anche l'eliminazione di Potenza. Ed ora ha svelato che sempre da Torchiarolo fosse arrivata anche la proposta di ammazzare pure lui. Per mano dei suo stessi uomini, Ivan Caraccio. In contatto, Caraccio, insieme a Luca Del Genio, con gente del paese a Sud di Brindisi, per rifornirsi di partite di cocaina da rivendere nella zona di Casarano.
Due emergenti pronti a spazzare via la vecchia guardia. Con la sponsorizzazione dei trafficanti di droga di quel piccolo paese diventato negli anni uno dei punti nevralgici del traffico di droga: «Del Genio mi ricordo che mi disse che un brindisino di Torchiarolo gli avrebbe dato mezzo chilo cocaina per la mia morte», ha raccontato Montedoro nell'ultima udienza del processo Diarchia. «In più, gli avrebbe fornito successivamente, gli avrebbe mantenuto il rifornimento di droga successivamente. E quindi in quella circostanza gli chiesi a Del genio di farmi la cortesia di andare insieme a Caraccio a prendere questa droga da Torchiarolo. Gli dieci - ricordo - gli feci dare da Corrado 20 mila euro e verificare di persona qualcosa di più di questo episodio. Mi raccontò che andarono in questa città, a Torchiarolo, che si incontrarono con questa persona, presero la droga. Dice, tutto regolare finché, mentre si salutavano, questi di Torchiarolo rivolgendosi verso Caraccio, dice: ma quella questione quando la risolviamo?»
Chi avrebbe avuto interesse ad eliminare Montedoro che, come ha riferito nei verbali, non avrebbe mai aderito alla Sacra corona unita seguendo la lezione del suo mentore, il brindisino Vito Di Emidio, ma sarebbe stato nelle condizioni di trattare alla pari con tutti i boss per via della fama che si era costruito con gli omicidi (tre quelli confessati, due peraltro commessi a Brindisi: Salvatore Petrachi e Salvatore Luperti) e le scorribande con Di Emidio e soci? Perché a complottare contro la sua vita sarebbe stato un esponente della criminalità di Torchiarolo se anche Montedoro comprava cocaina da lì? Le indagini le sta conducendo il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Guglielmo Cataldi, con i carabinieri del Nucleo investigativo di Lecce.
A dare a credito a Montedoro, avrebbe avuto le ore contate. «Non ti preoccupare che la risolveremo, sai la mia parola è sempre quella», la risposta che Caraccio avrebbe dato a chi - secondo la ricostruzione del collaboratore di giustizia - gli avrebbe ricordato di avere un conto in sospeso.


Montedoro non stesse sulla difensiva. Cominciò a pianificare l'eliminazione di Caraccio. Una lupara bianca. Non un'azione eclatante: dopo l'omicidio di Potenza ed un mese dopo l'eliminazione fallita di Luigi Spennato (braccio destro di Potenza) c'erano troppe attenzioni su di loro. Non se ne fece nulla perché scattò il blitz Diarchia. In anticipo sui tempi, proprio perché gli investigatori avevano captato che stava per consumarsi un altro fatto di sangue.
E.M.

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