«Cittadella e prefettura non si toccano»: tutti contro la vendita

«Cittadella e prefettura non si toccano»: tutti contro la vendita
di Roberta DENETTO
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Sabato 11 Novembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 20:24
Si registrano già le prime reazioni pubbliche dopo la notizia secondo la quale la Provincia di Brindisi avrebbe avviato un confronto propedeutico con Invimit per la vendita di palazzo Montenegro, del palazzo della Prefettura e della Cittadella della ricerca. A parlare è il movimento Brindisi Bene Comune che in una nota dichiara di non condividere «la strada che il presidente Bruno intende percorrere». Ed è proprio sul comprensorio che si pone un accento particolare.
«La Cittadella della ricerca – si legge – non è un semplice patrimonio immobiliare da valorizzare e porre sul mercato, è stata e deve a nostro avviso ancora rappresentare una grande opportunità di sviluppo per questo territorio. Nella Cittadella sono presenti realtà importanti, università, enti di ricerca come l’Enea, consorzi come il Cetma, spin off universitari che occupano quasi 300 lavoratori con alte professionalità». Brindisi Bene Comune sottolinea l’importanza di una strategia per rilanciare la struttura. «Dobbiamo – recita ancora la comunicazione – in questo territorio darci obiettivi importanti e non invece fare cassa per tirare avanti qualche mese. Per questo chiediamo al presidente Bruno di convocare un tavolo tra Comune e Regione per individuare un percorso di sviluppo della Cittadella, partendo dai fondi europei che la Regione può mettere a disposizione e quelli individuati dal governo per la Cittadella, nell’ambito del Patto per la Puglia, così come riferito dal ministro De Vincenti più volte».
 
Ma sulla questione interviene anche il consigliere provinciale di opposizione Christian Continelli di Fratelli d’Italia–Alleanza Nazionale. «La vendita di un bene pubblico – dichiara – deve passare attraverso un deliberato del consiglio provinciale, non può essere iniziativa personale del presidente.
Pertanto, se il presidente Bruno avesse avuto un minimo di rispetto politico- istituzionale avrebbe preliminarmente almeno coinvolto le forze  politiche della sua maggioranza (Forza Italia in primis), atteso che in questa amministrazione continua ad esistere il patto del nazareno (Pd–Fi) e non l’accordo dell’arancino. Dal punto di vista tecnico–amministrativo invece – continua il consigliere – l’alienazione di un bene pubblico deve necessariamente passare attraverso un dibattito politico e successivo deliberato consiliare. In quella sede democratica sarà dovere spiegare le motivazioni politiche, tecniche, amministrative e finanziarie per le quali non è necessario svendere i gioielli di famiglia». Insomma dopo la notizia della missione capitolina di Bruno per avviare l’eventuale procedura di vendita si sono iniziate a registrare le prime polemiche e il dibattito si è aperto in particolare rispetto al comprensorio che resta attualmente sede di diverse realtà operanti nel campo della ricerca e della formazione.
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