Acque Chiare, la Cassazione «Comprarono in buona fede»

Acque Chiare, la Cassazione «Comprarono in buona fede»
di Roberta GRASSI
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Venerdì 15 Maggio 2020, 10:41 - Ultimo aggiornamento: 11:07
Gli acquirenti delle villette di Acque Chiare erano in buona fede: c'è il sigillo della Corte di Cassazione sulla battaglia durata due lustri. È questo l'unico motivo per cui a loro, circa 170, sono state restituite le abitazioni mentre, colpo di scena, potrebbe invece scattare la confisca dell'albergo e delle unità abitative più grandi mai oggetto di contratto di compravendita ma solo di preliminare (le ville più lussuose). È quanto è precisato nella motivazione della sentenza definitiva depositata ieri sera dagli Ermellini.
Deve ritenersi ingiustificata la avvenuta confisca delle unità immobiliari scrivono i giudici della Suprema corte.
Ecco le ragioni: Nel caso in esame non solo a carico degli acquirenti non sono stati valorizzati elementi di concorso del reato, tant'è vero che per nessuno di essi è stata prevista alcuna sanzione penale essendo stato il procedimento a carico dei medesimi definito favorevolmente agli stessi, ma neppure possono dirsi essere emersi elementi di negligenza o trascuratezza nello svolgimento delle attività precontrattuali.
Viene del tutto ribaltato, insomma, ciò che era stato affermato in primo e secondo grado rispetto alla loro ignoranza colpevole. Ed ecco perché: Un plastico riscontro è fornito dal fatto specifica la Corte che molti di loro si sono rivolti, per la stipula dell'atto pubblico di acquisto a notai diversi dal notaio Cafaro, suggerito se non imposto dalla parte venditrice e nessuno di costoro risulta avere messo sull'avviso gli acquirenti in ordine alla regolarità dell'operazione che essi si apprestavano a fare.
Insomma, impossibile sostenere che gli acquirenti abbiano condotto in maniera poco accorta la trattativa, in quanto se così fosse stato avrebbero cooperato con la loro condotta negligente e colposa alla commissione del reato di lottizzazione abusiva.
Sbagliato sostenere che avrebbero acquistato gli edifici senza effettuare alcuna verifica sulla loro situazione urbanistica.
I giudici di terzo grado sottolineano che tali considerazioni si scontrano non solo con il proscioglimento deciso per tutti loro dal Tribunale di Brindisi ma anche con la circostanza che il tenore e il significato di complessi atti, convenzionali e amministrativi, nei singoli contratti di compravendita, non era certamente un elemento di facile comprensione per un soggetto di media, se non più che discreta competenza. Tanto che i singoli acquirenti si erano affidati ai notai: in tal modo esaurendo l'onere di diligenza su essi gravante. Esattamente quanto da loro detto e ribadito durante il lungo corso della vicenda.
Il 5 luglio scorso la Cassazione aveva annullato le condanne emesse in primo grado e confermate in appello per i quattro imputati, il costruttore Vincenzo Romanazzi, il notaio Bruno Romano Cafaro, il capo dell'Utc all'epoca dei fatti Carlo Cioffi e il progettista Severino Orsan. Il notaio è stato assolto nel merito. Per gli altri era stata dichiarata la prescrizione, ma è stato stabilito che dovranno comunque risarcire la Regione Puglia.
Non sono stati concessi risarcimenti alle parti civili, ma sono state liberate le villette, incassata insomma la vittoria più importante da legali e intestatari in prima persona (la gran parte difesi dall'avvocato Rosario Almiento).
Le lancette per l'orologio di Acque Chiare tornano dov'erano prima del 29 maggio 2008. Ad eccezione per le zone A e B (spiaggia e parcheggi), per l'hotel e per le villone, l'intera proprietà di Romanazzi su cui torneranno, verosimilmente, i sigilli, ma su cui c'è ancora un enorme punto interrogativo. Si potrebbe tornare a battagliare, in sede di esecuzione.
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