Primo maggio, chi ce l'ha fatta e chi ancora lotta: le storie degli operai senza lavoro

Primo maggio, chi ce l'ha fatta e chi ancora lotta: le storie degli operai senza lavoro
Primo maggio, chi ce l'ha fatta e chi ancora lotta: le storie degli operai senza lavoro
di Beppe STALLONE
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Lunedì 1 Maggio 2023, 09:59 - Ultimo aggiornamento: 10:00

Primo maggio festa del lavoro. Quello equamente retribuito, quello precario, quello povero, quello perso, quello che non c'è. Primo Maggio festa dei lavoratori. Dipendenti, autonomi, cassintegrati, in solidarietà, in disoccupazione. Il macrocosmo del lavoro è fatto di tanti volti, di tante persone, di tante storie.

Le storie

Come quella di Marilena De Feudis che, dopo 23 anni in Brsi, ora è a casa, come altri 61 colleghi, in contratto di solidarietà che scade oggi. Quasi certamente ci sarà la proroga di un anno, ma la vita di Marilena, 47 anni, divorziata, con figlia che frequenta il liceo, è cambiata dal 31 dicembre 2021. «Con la solidarietà, tutto si è ridotto e poi il caro-vita, il caro-bollette e ci sono le spese necessarie compreso internet». Marilena non si è data per vinta inviando curriculum e rispondendo a offerte di lavoro. «Il problema è che in ambito informatico, c'è bisogno di una laurea che io non ho e un'età bassa, perché ci sono gli sgravi fiscali per le aziende. Le società informatiche che si stanno insediando a Bari vogliono neolaureati che prendono dal Politecnico, quindi io ho parecchie difficoltà.

Il mio settore vero e proprio forse non esiste più, abbiamo i call center telefonici mentre il nostro era di assistenza pura. Da una parte c'è la richiesta di ruoli molto elevati, ai quali potrei arrivare ma facendo una formazione, che non posso pagarmi da sola. Il Sas, la cybersecurity, un corso di lingue, sono corsi che non mi posso permettere, non posso togliere al budget familiare 3-4mila euro. Altro è decidere se cambiare completamente settore, ma il punto è che ti chiedono una esperienza di 3-4 anni anche se devi fare la commessa». Una vita in bilico con la speranza che le istituzioni diano una mano a questi lavoratori, garantendo formazione in modo da essere assorbiti dalle nuove realtà dell'Ict. «La mia vita era pienissima continua Marilena - ora è svuotata perché mi hanno tolto la dignità di lavoratrice. Il significato del primo maggio è che io continuo a credere di essere una lavoratrice, felice di rappresentare il lavoro italiano».

Roberto Micheli è l'ultimo in ordine di tempo a essere rientrato nel circuito del lavoro, fino a marzo scorso faceva parte anche lui della Brsi, l'azienda informatica che aveva sede a Bitritto. Si sente quasi un miracolato se alla soglia dei 50 anni ha ripreso a lavorare. Dopo aver inviato decine di curriculum è stato chiamato da Eulogic e dal primo aprile lavora, sempre come tecnico informatico, accanto a quasi trentenni che comunque lo hanno accolto molto bene. «Dopo un anno e mezzo di calvario con il caro bollette, costretto finanche a stoppare il mutuo, tornare nel mondo del lavoro a 50 anni è stato un piccolo miracolo. Abbiamo sistemato metà della barca, mia moglie è ancora fra i 62 di Brsi. La Regione dovrebbe supportarci nella formazione, noi non siamo focalizzati sulla nostra attività, se ci dicessero domani ti riqualifichiamo per fare tutt'altro a noi andrebbe bene ugualmente. Non abbiamo la puzza sotto il naso. Con la dovuta formazione riusciamo a fare tutto, siamo ragazzi con una bella tempra. Io e altri 2 siamo i più anziani in Eulogic. Essere vicino di scrivania al quasi trentenne mi fa capire il motivo per il quale io sono rimasto fermo 1 anno e mezzo, se le aziende vanno alla ricerca di queste persone, allora davvero mi sento fortunato. Mi hanno accolto molto bene».

Molto più difficile la situazione per i 113 ex lavoratori Baritech che hanno un'età media vicina ai 60 anni. «Non è solo un primo maggio amaro, è un anno amaro e non parteciperò ad alcuna manifestazione dichiara Vito Cutrone operaio storico della ex Osram come ha detto il vicesindaco Di Sciascio nel convegno Cgil di qualche giorno fa "abbiamo fallito", c'è poco da aggiungere o analizzare, hanno fallito. Certo io non mi fermo, ma a 61 anni non è che puoi andare a fare il muratore o il contadino o tornare a fare i turni, cosa quest'ultima che però farei pure, non mi tiro indietro. Qui siamo over 60 e qualcuno ha la responsabilità di ciò che è successo e spero possa superare i sensi di colpa per le cose che non sono state fatte». Anche a Nicola De Marinis, ex dipendente Baritech, non sono sfuggite le parole di Eugenio Di Sciascio. Un «fallimento nel senso che non hanno saputo dare delle risposte. Questa sconfitta denota che non c'è una organizzazione per assistere le persone che escono dal mondo del lavoro, soprattutto se hanno una certa età. E' una lacuna di cui bisogna farsi carico e provvedere immediatamente».

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