L'omelia del Papa a Molfetta: chiamati ad essere come lui costruttori di pace

L'omelia del Papa a Molfetta: chiamati ad essere come lui costruttori di pace
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Venerdì 20 Aprile 2018, 12:31 - Ultimo aggiornamento: 12:44
Il Papa, al suo arrivo a Molfetta in elicottero sul piazzale che si trova vicino al Duomo, a ridosso del porto, è stato accolto dagli applausi e da un boato della folla festante. Ha concelebrato la messa dal palco allestito sul porto insieme con 30 vescovi. Successivamente il Pontefice con la papamobile percorrerà prima sul lungomare e poi alcune strade della città, fino alla Cattedrale, per infine raggiungere di nuovo il piazzale del Duomo da dove ripartirà in elicottero. Dalle prime ore del mattino la città è invasa da fedeli - se ne stimano almeno 40.000 - assiepati nei settori dedicati attorno al palco e lungo il tragitto della papamobile. Dai balconi e dalle finestre sono esposti palloncini e fiori bianchi e gialli e striscioni di benvenuto a «Francesco, con don Tonino nel cuore». Oltre che da una massiccia presenza di forze dell'ordine, la sicurezza e l'assistenza ai partecipanti all'evento è garantita da almeno 200 volontari. La messa è accompagnata dalle note del coro e dell'orchestra diocesani, composta da circa 120 elementi e diretti da Lucia De Bari.

L'omelia di Papa Francesco. «Don Tonino sosteneva che 'la pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. (...) La pace è qualche cosa di più: è convivialità'. È 'mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi, mettersi a tavola tra persone diversè, dove 'l'altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzarè». Lo ha detto papa Francesco nell'omelia della messa nel porto di Molfetta, a 25 anni dalla morte di don Tonino Bello, che fu vescovo della diocesi pugliese. «Perché i conflitti e tutte le guerre 'trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti" - ha aggiunto -. E noi, che condividiamo questo Pane di unità e di pace, siamo chiamati ad amare ogni volto, a ricucire ogni strappo; ad essere, sempre e dovunque, costruttori di pace».
I simboli più amati di don Tonino, un albero di ulivo, la croce in legno e il pastorale sempre di ulivo del vescovo di Molfetta, accompagneranno la messa che il Papa celebrerà tra pochi minuti dal palco allestito a ridosso del porto della città dove don Bello visse da vescovo. Il legno di ulivo rappresentava per «il vescovo degli ultimi» la semplicità, la vicinanza alla terra, è il simbolo del pastore. Sul palco che si affaccia sul mare, a sinistra dell'altare c'è l'albero, al centro la riproduzione del crocefisso che don Tonino indossava, e a destra una statua della Madonna dei Martiri che è abitualmente custodita nella omonima Basilica di Molfetta. Ma il simbolo più importante è quello che il Papa impugnerà durante la celebrazione su invito del vescovo di Molfetta, mons. Domenico Cornacchia: il pastorale d'ulivo di don Tonino, un bastone che reca in alto un ramoscello scolpito e la croce alata che era il simbolo del vescovo di Molfetta. «Il messaggio che noi vogliamo cogliere dal 25/o anniversario della morte del servo di Dio - ha spiegato nei giorni scorsi il vescovo - è proprio questo: la croce non è mai pesante se noi mettiamo delle ali ai suoi piedi, le ali della speranza, della fiducia e della gioia».

«Don Tonino ha vissuto così: tra voi è stato un Vescovo-servo, un Pastore fattosi popolo, che davanti al Tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente». «Sognava una Chiesa affamata di Gesù e intollerante ad ogni mondanità - ha aggiunto -, una Chiesa che 'sa scorgere il corpo di Cristo nei tabernacoli scomodi della miseria, della sofferenza, della solitudinè». «Vivere per», ha detto ancora il Papa, è il «marchio di fabbrica» del cristiano. «Si potrebbe esporre come avviso fuori da ogni chiesa: "Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri"», ha osservato, ribadendo poi a braccio: «Sarebbe bello che in questa diocesi di don Tonino Bello ci fosse questo avviso alle porte della chiesa perché sia letto da tutti: "Dopo la messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri"».
 
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