Roma, trappola Facebook per una liceale: adescata e violentata da un 45enne. La chiamava a scuola: "Sono il papà"

Roma, trappola Facebook per una liceale: adescata e violentata da un 45enne. La chiamava a scuola: "Sono il papà"
Roma, trappola Facebook per una liceale: adescata e violentata da un 45enne. La chiamava a scuola: "Sono il papà"
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Mercoledì 31 Gennaio 2018, 10:29 - Ultimo aggiornamento: 13:53
Si era fatto passare per Manuel, un 25enne studente di medicina, grazie ad un falso profilo Facebook. Dietro quell'identità, però, c'era un mostro che, dopo aver adescato e circuito una ragazzina di appena 14 anni, l'aveva portata in un edificio diroccato sulla Tiburtina, a Roma, per violentarla. Uno stupro rimasto impunito, perché Mario Abignente, 45enne di origine napoletana, nonostante un precedente per violenza sessuale, è finito in carcere, ma per un altro reato.

Tutto era iniziato nell'agosto 2014, ma il caso è finito solo ieri in aula. Il 45enne, fingendosi uno studente universitario, evitando di mandare foto e utilizzando un linguaggio giovanile, era riuscito a conquistare, col passare dei mesi, la fiducia della ragazzina. Quando i genitori le tolsero il telefono cellulare, l'uomo era riuscito a comprargliene un altro. Qualche mese dopo, il primo incontro dal vivo, avvenuto fuori dalla scuola frequentata dall'adolescente, all'epoca 14enne, nel quartiere romano di Montesacro. Dopo la violenza, la ragazzina si chiude in se stessa, disattiva l'account di Facebook e si confida solo con i genitori e le amiche più strette. Una di loro, come rivelato agli inquirenti, era venuta a sapere dell'episodio dall'uomo prima ancora che dall'amica: «Manuel mi ha scritto che aveva avuto un rapporto con lei. Mi ha detto che era lei che lo aveva voluto. Lui descriveva questa cosa dicendo che Marta piangeva dalla felicità e che era stata felice con lui. Quando l'ho raccontato a Marta lei era veramente distrutta».

L'episodio non aveva frenato le attenzioni morbose dell'uomo, che per contattare la ragazzina non solo si serviva delle sue amiche, ma in una circostanza aveva anche chiamato la segreteria della scuola, fingendosi il papà. Come se non bastasse, Abignente riuscì anche a inviare un sms al padre della sua giovanissima vittima, giustificandosi così: «Ho sbagliato sicuramente, ma non mi interessa il tuo giudizio e quello di nessuno altro. Dovevo solo aspettare che lei crescesse. Vero, mi sento in colpa». La giustizia, però, non riesce a fare il suo corso: niente arresto, solo un divieto di avvicinamento in quanto l'indagato, si legge negli atti, era incensurato e la persecuzione è giudicata come «dettata solo da un malsano coinvolgimento emotivo-sentimentale».

Solo successivamente un giudice ha ristabilito le accuse nei confronti di Abignente: «A carico dell'indagato si configura un chiaro ed attuale pericolo di recidiva specifica in relazione ad entrambi i reati contestati, violenza sessuale e stalking, per l'incapacità del medesimo di tenere a freno pulsioni sessuali improvvise pur consapevole della minore età della vittima restando indifferente ai guasti fisici e psicologici così arrecati. Senza contare la ripetitività delle sua azioni persecutorie che hanno coinvolto anche la famiglia e le amiche, anch'esse minorenni». L'uomo ora è in galera, ma per altri fatti. Ad aiutare la ragazzina ad uscire dall'incubo l'associazione Differenza Donna, e uno dei suoi legali Geraldine Pagano.
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