I filmati Isis, il crescendo dell’orrore in alta definizione

di Giuliano da Empoli
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Mercoledì 4 Febbraio 2015, 23:07 - Ultimo aggiornamento: 5 Febbraio, 00:19
I registi del terrore hanno fatto un salto di qualità. Il video dell’esecuzione del pilota giordano - che l’Isis ha messo in rete lunedì - sembra il trailer di un film di Hollywood. Le immagini levigate, in alta definizione. Le inquadrature che alternano primi piani a riprese dall’alto. E la sequenza insopportabile di un uomo in gabbia, al quale si dà fuoco con gesti teatrali, come se fosse una performance di arte contemporanea anziché un atto di pura barbarie.



La perfezione tecnica rafforza l’orrore. Eravamo abituati ai video sgranati dei jihadisti di prima generazione. Davano un’idea di improvvisazione che un po’ ci rassicurava, creando una distanza tra la qualità delle immagini della televisione e quei filmati rudimentali, che sembravano provenire da un altro pianeta. Tutt’altra storia, l’Isis. Fin dall’inizio, lo Stato islamico si è contraddistinto per la sua padronanza dei mezzi di comunicazione.



Le immagini patinate del rogo non si limitano a raffigurare l’orrore, ne moltiplicano l’impatto. In primo luogo, perché la tecnica produce sempre questo effetto: i crimini nazisti continuano tuttora a farci più impressione di altri anche perché sono stati commessi con efficienza disumana. In questo caso, però, c’è un fattore ulteriore. Realizzati con standard professionali, i video jihadisti hanno cessato di appartenere al mondo delle caverne. Non provengono più da un altro pianeta, bensì dal nostro (tant’è vero che si sospetta siano stati prodotti da tecnici occidentali).



I registi dell’Isis sono consapevoli di questo aspetto. Qualche settimana fa, lo avevano già rafforzato utilizzando un ragazzino che sembrava appena uscito da una scuola privata di Madrid o di Roma per decapitare un ostaggio.



Poi, atroce a dirsi, si sono resi conto che le decapitazioni non “tiravano” più. A furia di ripetere il format, c’era il rischio che il pubblico cominciasse a stancarsi, che i media di tutto il mondo relegassero le esecuzioni tra le varie ed eventuali da seconda serata. Ecco dunque la novità di lunedì, che ha puntualmente conquistato la ribalta globale.



Tra l’altro, dieci minuti dopo la messa in circolazione del video, ha fatto la sua comparsa in rete anche una specie di prontuario: la lista delle domande che un estraneo potrebbe porsi sul rogo del pilota e le risposte del perfetto jihadista. È l’altro livello della macchina comunicativa del califfato digitale, il social network della partecipazione dal basso che parte dalla semplice propaganda e arriva fino all’invito ad attaccare obiettivi occidentali con qualunque mezzo, dall’automobile al coltello da cucina. La professionalità dei comunicatori dell’Isis serve anche a questo: sedurre potenziali reclute cresciute in occidente. Le quali avranno pure maturato un risentimento violentissimo nei confronti delle nostre società, ma sono pur sempre abituate alla qualità dei videoclip e dei thriller americani.



In pratica, la campagna del terrore segue ormai lo stesso schema del lancio di un’automobile o di un profumo. E gli strateghi digitali del califfato non sfigurerebbero in un’agenzia pubblicitaria di Londra o di New York. Peccato che il prodotto reclamizzato sia sempre il ritorno alla notte più cupa del medioevo.