La distruzione annunciata delle tombe degli antenati oltre che aree di foresta vergine messe in pericolo dalle trivellazioni e dal tracciato di quello che dovrebbe diventare uno dei più grandi gasdotti destinati a trasportare gas dalla Tanzania, all'Uganda sono di nuovo al centro di denunce di ong ambientaliste e, stavolta, di missionari. «Altro che transizione ecologica» ironizza sarcasticamente la rivista dei Comboniani, Nigrizia. «I governi di Uganda e Tanzania puntano a sviluppare sempre più la loro collaborazione per lo sfruttamento di combustibili fossili e a diventare un hub di riferimento per questo tipo di energie – sempre più ricercate – in Africa orientale».
Il tracciato di questo maxi progetto in mano per il 60% al colosso francese TotalEnergies, andrebbe non solo a rovinare gli ecosistemi terrestri e marini, ma dovrebbe spazzare via le tombe in alcuni cimiteri particolarmente venerati dalle comunità locali. Una eventualità che fa temere persino maledizioni e disgrazie secondo le credenze popolari.
L'ultima denuncia è stata fatta GreenFaith che accusa Total Energies di violare anche la sacralità di centinaia di siti funerari «mancando costantemente di rispettare i costumi e le tradizioni locali relative al trattamento delle tombe» in entrambi e paesi.
Naturalmente il progetto economico sta dividendo l'opinione pubblica. Tempo fa in un video pubblicato sul sito web della Conferenza episcopale della Tanzania, l'arcivescovo Jude Theddaeus Ruwaichi di Dar es Salaam si era esposto motivando la bontà del progetto partendo dal fatto che non si tratta del primo oleodotto tanzanese. «Spero che l'oleodotto sia costruito con la massima attenzione e considerazione per la sicurezza del Paese e la protezione dell'ambiente, ma a beneficio della popolazione». Una spiegazione che secondo gli attivisti cattolici non tiene in considerazione che andrebbe ad aumentare le emissioni di gas serra e ad esacerbare la crisi del cambiamento climatico globale.
«Siamo consapevoli della posizione assunta da una parte dei vescovi. Li esortiamo a riconsiderare il loro sostegno all'EACOP e a sostenere una giusta transizione dai combustibili fossili» aveva riferito Prince Papa M'Kowiti del Movimento Laudato Si in Africa al National Catholic Reporter aggiungendo che dopo l'Amazzonia, il bacino congolese contiene alcune delle più grandi foreste pluviali tropicali del mondo ed è un'importante fonte di acqua utilizzata per l'agricoltura e la produzione di energia.
L'emergenza climatica è avvertita come una delle sfide principali. Le chiese cristiane (a livello mondiale) si apprestano a diventare “carbon free” anche nelle scelte della gestione del risparmio. Si tratta di un passaggio ispirato alla enciclica Laudato Sì. Si calcola che il disinvestimento in azioni e obbligazioni collegate al settore dei combustibili fossili da parte delle istituzioni religiose rappresenta un patrimonio totale di oltre due miliardi di dollari di asset in gestione. Ad aderire alla rete green il Consiglio Mondiale delle Chiese, l'Operazione Noah, il Movimento Laudato Si', il Green Anglicans, Dayenu e GreenFaith, oltre che il Vaticano e la maggioranza delle conferenze episcopali.
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Papa Francesco tra poche settimane sarà alla COP28 di Abu Dhabi per l'avvio della conferenza climatica e per partecipare ai lavori diplomatici di quella che ritiene una opportunità da non sottovalutare per l'importanza del futuro del pianeta.