Taranto, popolazione in decrescita. Ma la qualità e l'aspettativa di vita aumentano in alcuni quartieri: ecco in quali

Un momento del convegno di ieri. Da sinistra Cervellera, Sabbadini e Sanesi
Un momento del convegno di ieri. Da sinistra Cervellera, Sabbadini e Sanesi
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 19 Maggio 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 21:45

«Abbiamo una decrescita della popolazione che è generalizzata. È nella media dell’intera regione ma abbiamo una perdita di circa 1.300-1.400 abitanti ogni anno, con 1.300-1.400 nati, 2.400 decessi e un ulteriore saldo migratorio negativo».

L’incrocio dei dati rivela una situazione preoccupante per Taranto. Ma proprio da qui si deve partire per “conoscere, educare, curare e governare i processi secondo complessità”, come recita il tema del dibattito di ieri nell’ambito del Festival dello sviluppo sostenibile di Asvis. Protagonisti la Camera di Commercio, il centro di cultura per lo sviluppo “Lazzati” e la Rete dei Comuni sostenibili. Il focus è dedicato agli strumenti di monitoraggio e di valutazione, come farli divenire sempre più opportunità di partecipazione, informazione, condivisione e cittadinanza attiva. 

Riflettori sul Bes

I riflettori sono puntati sul Bes, che sta per benessere equo e sostenibile che la CdC di Taranto ha avviato dieci anni fa.

Analizzando i territori a livello di singole aree  spiega Stefano Cervellera del Comune di Taranto - abbiamo ricostruito la qualità della vita e l’aspettativa di vita. C'è una differenza sostanziale tra nord e sud della città. A Tamburi e Paolo VI abbiamo livelli medi molto bassi, tra i più bassi fra quelli regionali, come indicatore della speranza di vita. Cioè di quanti anni, mediamente, vi possono essere alla nascita. Mediamente sono quasi due anni in meno di quelli a sud della città, cioè Talsano, Lama, San Vito, che hanno invece livelli tra i più alti di Puglia. Come ricchezza e lavoro non abbiamo dati da strutturare perché ci vengono dati solo quelli aggregati di città - prosegue Cervellera -. Li possiamo solo dividere per Codice di avviamento postale e questo ci da un’indicazione che l’area sud è mediamente più ricca. È anche ad un livello più alto della media regionale. Mantiene ancora l’area del centro e quella di Montegranaro, mentre c'è un distacco molto alto con i quartieri a nord. Tant’é che nel calcolo dell’aspettativa di vita l’indice di deprivazione scende parecchio. Deprivazione della qualità, cioè non si vede solo l’aspetto della vita ma anche quello sociale ed economico. 

La Camera di commercio


«Solo nel 2022 abbiamo promosso direttamente o sostenuto almeno 12 iniziative su questi argomenti - afferma il commissario straordinario della Camera di Commercio, Gianfranco Chiarelli -. Immaginate se tutta la pubblica amministrazione italiana progettasse collegando le matrici contabili con gli indicatori Bes. E immaginate se questo virtuoso comportamento incontrasse quello delle moltissime imprese orientate alla sostenibilità in tutte le sue declinazioni » . Intervenuti nche Domenico Amalfitano del centro “Lazzati”  e Claudia Sanesi, segretario generale CdC.

Gli indicatori dell'Istat

Per Laura Linda Sabbadini, direttrice centrale Istat,  ancora oggi  «il Bes orienta e determina poco le scelte». Eppure, rileva,  «il Bes ha una grandissima ambizione: quella di tener conto non solo del benessere economico, ma anche sociale e ambientale. Costruendo questo set di indicatori, e nel 2011 lo abbiamo fatto con la società civile, quello che ci viene dato è lo spaccato del Paese non solo rispetto al suo sviluppo economico così come ci dice il Pil, ma anche rispetto alle diseguaglianze che all’interno del Paese emergono e che sono di tanti tipi: di genere, generazionali, territoriali e anche relative alla povertà».
«Il Pil - sottolinea - non tiene conto delle diseguaglianze sociali nel Paese che possono diventare un freno alla crescita se non vengono aggredite e risolte  Il Bes non si è  fatto strada per una vecchia cultura della politica che non ha capito - dice Sabbadini -. Oggi parliamo di emergenza natalità ma questa, che è un problema serio per le prospettive del Paese, perché avremo pochi lavoratori che dovranno farsi carico di pagare le pensioni per gli anziani, è la conseguenza di altre due emergenze, non la causa. È la conseguenza dell’emergenza per le donne - il Paese non si è mai dato una politica per lo sviluppo dell’occupazione femminile - e della situazione dei giovani. Con una popolazione giovanile che ancora non ha recuperato il tasso di occupazione del 2008, prima della crisi del 2009. Siamo 3 punti sotto il 2008». Gli indicatori del Bes, conclude Sabbadini, sarebbero fondamentali anche per misurare la ricaduta concreta delle risorse del Pnrr e del Jtf per fare delle valutazioni di impatto, e cioè se sulla base degli investimenti fatti, si sono ridotte le diseguaglianze affianco allo sviluppo del Paese. Perché se avremo quest’ultimo con l’aumento delle diseguaglianze, non sarà un grande risultato.

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