Soldi dei Riva: Losanna sospende ogni decisione sino al prossimo 31 marzo

Soldi dei Riva: Losanna sospende ogni decisione sino al prossimo 31 marzo
di Lino CAMPICELLI
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Martedì 14 Febbraio 2017, 06:29 - Ultimo aggiornamento: 16:53
Resta congelata sino al 31 marzo prossimo, da parte del Tribunale federale di Losanna, ogni decisione sui soldi della famiglia Riva. Si tratta del miliardo e 200 milioni di euro circa che erano stati individuati nella disponibilità di quattro trust nell’isola di Jersey. E che erano gestiti, appunto, da una società finanziaria svizzera.
E si tratta, soprattutto, del denaro che dovrebbe essere utilizzato per perfezionare il patteggiamento con cui la ex società “Riva Fire”, oggi “Partecipazioni industriali Spa”, punta ad uscire dal processo “Ambiente svenduto” che si celebra davanti alla Corte d’assise di Taranto.
La sospensione del giudizio, decretata dal Tribunale federale, sarebbe stata motivata con il fatto che quell’ingente somma di denaro è ancora depositata in un istituto di credito situata nell’isola di Jersey. Istituto che, ovviamente, oppone resistenza allo sblocco del capitale, facendo leva sull’assenza di una convenzione che riconosca la competenza di un’autorità straniera.
In ogni caso, su quel denaro e sulla sua movimentazione resta la leadership della Corte di Losanna che, l’8 febbraio scorso, ha deciso di sospendere ogni provvedimento.
 
Presumibilmente, lo farà dopo che dall’isola nel canale della Manica arriverò l’ok alla disponibilità del denaro.
Come si ricorderà, era stato l’Ufficio federale della Giustizia di Berna a presentare ricorso contro la decisione della Corte dei reclami penali del Tribunale federale di Bellinzona di bloccare il miliardo e 200 milioni di euro di proprietà della famiglia Riva.
Nel novembre del 2015, la Corte di Bellinzona, presieduta da Stephan Blattler, aveva annullato quanto disposto dalla “Staatsanwaltaschaft I del Canton Zurigo” «a causa di vizi particolarmente gravi». Il caso è legato al procedimento attivato dalla magistratura di Milano contro la proprietà dell’Ilva Spa per i reati di riciclaggio di denaro, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori.
La sentenza della Corte dei reclami di Bellinzona aveva evidenziato, nell’accoglimento del ricorso avverso alla decisione del Canton Zurigo, tre ordini di problemi ritenuti insormontabili: la diversità procedurale fra quanto previsto dal codice di rito italiano e la giuspenalistica elvetica; l’assenza di una sentenza di condanna nei confronti dei soggetti nei confronti dei cui beni si è proceduto al sequestro e su cui era stata attivata la rogatoria. E, in ultimo, l’assenza di certezze sul fatto che ove gli indagati (o imputati) dovessero essere assolti, «non subirebbero un danno» dalla procedura rogatoriale concessa dalla procura del Canton Zurigo. La presenza di vizi formali sia nella richiesta di rogatoria attivata dalla magistratura lombarda, sia nell’adesione della procura di Zurigo che aveva praticamente avallato il postulato italiano, avrebbe impedito di dare l’ok alla procedura.
In un passaggio della sentenza emessa in lingua tedesca, infatti, si faceva riferimento al fatto che «non esiste una dichiarazione di garanzia delle autorità italiane secondo la quale le persone perseguite, se dichiarate innocenti, non subirebbero nessun danno. In sostanza, secondo la Corte dei reclami, se il denaro venisse trasferito in Italia sarebbe immediatamente utilizzato, e sottratto alla disponibilità degli aventi diritto. Tutto ciò «costituirebbe una espropriazione senza un giudizio penale».
E ciò, avevano sottolineato i giudici di Bellinzona, sulla base di una ulteriore considerazione: «essendo i valori patrimoniali da trasmettere soltanto presumibilmente, e non manifestamente, di origine criminale, una consegna anticipata all’Italia secondo quanto previsto dalla giurisprudenza elvetica è esclusa». I vizi rilevati dalla Corte dei reclami, peraltro, avevano impedito, se non esponendo la stessa magistratura elvetica a conseguenze penali, l’autorizzazione al trasferimento del denaro, delegato al sistema bancario.
Rispetto a questa prospettazione, però, aveva preso posizione l’autorità politica svizzera. Ed era intervenuto il ministero della giustizia elvetico, col ricorso finito all’esame di Losanna.
Sui soldi e sull’eventuale rientro in Italia degli stessi, però, se ne riparlerà dopo il 31 marzo.
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