Ex Ilva di Taranto, il Governo dopo l'incontro con i sindacati: «L'impianto non è in vendita»

Un precedente sciopero all'ex Ilva di Taranto
Un precedente sciopero all'ex Ilva di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
7 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 14:16

Si avvia un confronto con i sindacati sull'ex Ilva a palazzo Chigi e un nuovo tavolo sarà convocato entro il 7 novembre: lo spiegano i segreti generali di Fim, Fiom e Uilm, Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella, dopo l'incontro a palazzo Chigi con i capi di gabinetto della presidenza del Consiglio, ministero Lavoro e delle Imprese, tornando alla manifestazione in piazza Santi Apostoli. «Palazzo Chigi ci ha ascoltato», dice Benaglia, sottolineando anche che «ha escluso ogni ipotesi di chiusura o di amministrazione straordinaria». «Abbiamo conquistato un tavolo di trattativa a palazzo Chigi. Una trattativa con i sindacati», spiega De Palma. «Noi ci incontreremo di nuovo all'inizio di novembre, è indispensabile salvare i posti di lavoro», sottolinea Palombella.

Il Governo si è detto consapevole della complessità di tale confronto auspicando nel più breve tempo possibile una soluzione che sia vantaggiosa per tutti i soggetti interessati. Il Governo ha escluso qualsiasi ipotesi di chiusura o liquidazione e, nello stesso tempo, ha ribadito la volontà e l'impegno per la salvaguardia degli impianti, la tutela della sicurezza sul lavoro e il raggiungimento dei livelli di produzione necessari. Durante l'incontro, il Governo ha inoltre assicurato la disponibilità a garantire misure di tutela dell'occupazione. Il Governo, accogliendo una specifica richiesta dei rappresentanti dei lavoratori, ha inoltre assicurato il pieno coinvolgimento dei sindacati nel confronto in corso. Le parti hanno convenuto di convocare un nuovo tavolo di confronto entro i primi giorni del mese di novembre. 

La giornata

Nell’ex Ilva lo sciopero è scattato alle 23 di ieri e terminerà stasera alla stessa ora. Un’ora dopo, dai vari punti prestabiliti, sono partiti i pullman organizzati dalle sigle metalmeccaniche, direzione Roma. I lavoratori dell’ex Ilva e i delegati sindacali dell’Usb provenienti da Taranto hanno bloccato l’autostrada - poi i blocchi sono stati rimossi - un chilometro prima dell’uscita di Roma. L’Usb, anche se non ha promosso lo sciopero odierno nel gruppo Acciaierie d’Italia con manifestazione nella Capitale, sta comunque aderendo egualmente alla protesta. “Siamo partiti in 200 da Taranto, il blocco dell’autostrada è soltanto nostro” dice Franco Rizzo dell’esecutivo confederale Usb. Sul posto è presente la Polizia.

I lavoratori e i delegati di Fim, Fiom e Uilm, partiti la notte scorsa da Taranto in 7-800 con diversi pullman, sono invece già a Roma per il corteo che muoverà da piazza dell’Esquilino a piazza Santi Apostoli.

L'interpellanza

Intanto il presidente dei senatori del Partito democratico, Francesco Boccia, ha depositato ieri sera una interpellanza urgente al Presidente del Consiglio e al Ministro per gli affari europei, Raffaele Fitto, sottoscritta da tutto il gruppo Dem, nella quale si chiede di sapere, tra le varie istanze, alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno riguardato lo stabilimento di Taranto, "se corrisponda al vero che il ministro Fitto abbia sottoscritto, in luogo del ministro per le imprese e il made in Italy competente per materia, un Memorandum con l'Ad di Acciaierie d'Italia e Arcelor Mittal e se corrisponda al vero l'intenzione del Governo di voler procedere alla cessione delle quote pubbliche ad Arcelor Mittal, rinunciando al percorso finalizzato a portare Invitalia al 60 per cento del capitale di Acciaierie d'Italia".

La manifestazione

Da Taranto si sono mossi in 7-800, altri 200 circa arriveranno da Genova e Novi Ligure, stabilimenti più piccoli, e tutti insieme si ritroveranno per l’avvio del corteo di protesta a piazza dell’Esquilino per andare poi in piazza Santi Apostoli. Inizialmente l’approdo del corteo doveva essere Palazzo Chigi, sede della presidenza del Consiglio, ma questo luogo da anni è vietato alle manifestazioni per motivi di sicurezza.

«Siamo qui per difendere il futuro dei lavoratori e dell'ex Ilva. Siamo al minimo storico della produzione di acciaio. Il governo deve ricostruire le condizioni per dare un futuro industriale, occupazionale e ambientale al sito di Taranto e a tutti gli stabilimenti del gruppo». Cosi il segretario generale della Fim-Cisl,, Roberto Benaglia, dalla manifestazione a Roma nella giornata di sciopero negli stabilimenti ex Ilva. «Vogliamo sapere la verità su qual è il destino dell'ex Ilva. Vogliamo che il governo ci dica quali sono le sue intenzioni. Non ci fermeremo finché non ci diranno la verità» ha detto il segretario generale della Uilm-Uil, Rocco Palombella. «È arrivata finalmente la convocazione del governo. Il confronto dovrebbe essere normale. È inaccettabile il gioco del cerino in corso tra governo, proprietà e presidente di Acciaierie d'Italia. Vogliamo la trattativa e che ci siano le risorse per rilanciare occupazione e produzione e per salvaguardare l'ambiente. Deve essere chiaro che vogliamo delle risposte e se non arrivano non ci fermiamo». Così il segretario generale Fiom-Cgil, Michele De Palma.

Il ministro Urso

Mentre il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, rispondendo alle sollecitazioni della politica (dal Pd a Italia Viva), annuncia al Mimit che «a breve sarò in audizione in Parlamento, credo sia più opportuno io risponda in quella sede» e puntualizza che «in questo anno abbiamo realizzato iniziative proprio per rendere più facili le attività per l’ex Ilva. Noi non vogliamo assolutamente rinunciare a questo sito siderurgico, fondamento per l’industria italiana». La trattativa con ArcelorMittal, azionista di maggioranza di Acciaierie d’Italia, la sta conducendo Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei, Coesione e Pnrr ed è finalizzata a rimettere in pista la multinazionale in virtù del fatto che il Governo ritiene di aver migliorato una serie di criticità di contesto (sequestro, confisca, scudo penale) e di potersi spendere con l’Ue per assicurare sostegno finanziario al progetto dei forni elettrici e della decarbonizzazione. Solo che questa trattativa non è ancora approdata alla conclusione, come ha rivelato l’altro giorno alla Camera il presidente di AdI Holding, Franco Bernabè, mentre i problemi dell’azienda richiedono risposte urgenti. Infatti l’ex Ilva è a secco, si spegne per consunzione, non ottiene credito dalle banche in quanto non ha impianti di proprietà e quelli che gestisce in fitto sono anche sotto sequestro ed è in grossa difficoltà nel mandare avanti produzione e pagare materie prime e fornitori. Questo il quadro tracciato da Bernabè. Che da un lato ha chiesto soldi (servono «i soldi necessari a sopravvivere, di soldi la società ne ha bisogno») e dall’altro ha avvertito che l’erogazione del gas in default, gas che serve alla marcia degli impianti, sta per finire e porta all’interruzione dell’attività (AdI non è in grado di assicurare ad un fornitore di gas “un pagamento anticipato” di un centinaio di milioni). 
Proprio le dichiarazioni di Bernabè spingono le sigle metalmeccaniche nazionali a dire che «sono mesi che denunciamo le condizioni disastrose in cui versano gli stabilimenti del gruppo di Acciaierie d’Italia a causa della mancanza di investimenti e di manutenzioni ordinarie e straordinarie». Ma «il Governo - si evidenzia - continua a rimanere in silenzio di fronte a questa situazione che sta peraltro mettendo in pericolo la salute e la sicurezza dei lavoratori». E «l’ad Lucia Morselli dice che va tutto bene grazie ai manager, che questa è la versione migliore dell’Ilva degli ultimi anni, mentre aumenta la cassa integrazione in tutti gli stabilimenti e si arriverà quest’anno a produrre meno di 3 milioni di tonnellate di acciaio».

Secondo Fim, Fiom e Uilm nazionali, «il Governo deve assumersi le sue responsabilità e arrivare ad una soluzione condivisa con le organizzazioni sindacali che consenta il rilancio produttivo del gruppo garantendo l’occupazione dei lavoratori diretti, dell’indotto e dell’Ilva in amministrazione straordinaria, la sostenibilità ambientale e la continuità dei progetti di decarbonizzazione. Questo - si rileva - non può avvenire con trattative segrete che, come dimostrato dall’ultimo accordo tra azienda e Governo de marzo 2020, producono solo cassa integrazione e difficoltà». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA