La Fim di Benaglia spinge sul rilancio dell'ex Ilva di Taranto: «Priorità alla fabbrica, non all’accordo di programma»

Roberto Benaglia a Taranto
Roberto Benaglia a Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 24 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:38

L’accordo di programma non è la priorità in questo momento. Prima bisogna rimettere in sesto la fabbrica di Acciaierie d’Italia.

Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, lancia un messaggio chiaro a Regione Puglia e Comune di Taranto che col ministro Adolfo Urso stanno dialogando proprio sull’accordo che dovrà tra guidare la transizione e la riconversione del siderurgico ex Ilva dagli altiforni a ciclo integrale, alimentati dai minerali, ai forni elettrici approvvigionati dal preridotto di ferro.

Benaglia ieri era a Taranto e alla Camera di Commercio ha incontrato gli esponenti della sua organizzazione. Dall’1 al 3 marzo nell’ex Ilva si vota infatti per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie mentre sull’accordo di programma qualche giorno fa, a Roma, Urso ha incontrato il sindaco Rinaldo Melucci confermando che su questa strada si prosegue. 

Le dichiarazioni


«Non siamo sulla difensiva sull’accordo di programma, siamo invece per metterlo esattamente in fila. Cominciamo a fare le cose con ordine. Non si parte dall’accordo di programma», sostiene Benaglia. «Si parte dal fatto - aggiunge - che nei prossimi giorni vogliamo vedere come i 680 milioni, finalmente erogati da Invitalia, vengono erogati dall’azienda per rispettare quei patti fatti al ministero per rilanciare il siderurgico. L’azienda ci ha detto 4 milioni di tonnellate. Per noi sono poche, ma queste vanno fatte. Vanno pagate le ditte di appalto, vanno messi in marcia gli impianti e fatta una migliore verticalizzazione perché con questa si valorizza il lavoro e le risorse». «Partiamo da questo dato, poi - esplicita il segretario generale della Fim - il secondo passo è quale è il futuro.

Il futuro deve essere il rifacimento dell’altoforno 5 e certamente l’avvio dei forni elettrici. Sappiamo che questi sono i due grandi pilastri su cui costruire il futuro del siderurgico che va verso una transizione». Ora, «se c’è la decarbonizzazione, terzo passaggio ma mettiamolo in fondo - avverte Benaglia -, il sindacato pensa che un accordo di programma potrà essere una discussione opportuna ma fatta su un siderurgico rilanciato. Oggi discutere di accordo di programma per primo, significa come gestire gli esuberi. Noi, invece, vogliamo gestire un grande patto in cui tutta l’occupazione sia garantita».

Un piano sociale


Nel futuro, rileva Benaglia, «vogliamo un grande piano sociale. Abbiamo un accordo del 2018, importante, che dava risposte. È un accordo che va verificato, andrà probabilmente rinnovato sulla base di quest’aspetto, ma la prima risposta deve essere un piano sociale per tutti. Mi permetto di dire anche alle istituzioni locali, con le quali noi vogliamo sempre dialogare, che prima di parlare di accordo di programma, bisognerebbe discutere dei 1700 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria. Partiamo da questi - incalza Benaglia - dove li lasciamo dopo tre anni di cassa integrazione? Per altri tre anni in cassa integrazione oppure cominciamo a gestire una possibilità di ricollocazione e rioccupazione?» «Vogliamo che l’azienda ci convochi - marca il numero 1 della Fim in riferimento ad AdI - per parlare di rientro degli appalti, di ripresa dell’acciaieria e delle attività di laminazione e non solo di una produzione molto bassa degli altiforni».

La cassa integrazione


Tuttavia le elezioni per le nuove rsu coincidono con un momento molto difficile per l’ex Ilva. Lo scenario registra produzione a terra, 3.000 dipendenti in cassa integrazione straordinaria da un anno, cassa che sarà rinnovata per un altro anno a fine marzo, indotto senza lavoro, senza pagamenti e schiacciato anch’esso dalla cassa, sindacati e azienda sempre più ai ferri corti, tante richieste rimaste lettera morta, come quella di vincolare a produzione, manutenzioni e investimenti una fetta importante dei 680 milioni erogati da Invitalia all’ex Ilva. Che riflesso avrà tutto questo sulle elezioni? «Il rinnovo delle rsu è un grande fatto democratico, di coinvolgimento della gente, che normalmente vede tanti metalmeccanici partecipare in maggioranza - spiega Benaglia -. Certamente con 3.000 persone in cassa integrazione, il lavoro di raccolta dei lavoratori è ancora più impegnativo. Siamo peró ottimisti e fiduciosi poiché proprio in questo momento a Taranto c’è bisogno di sindacato. Siamo in mezzo al guado. E c’è bisogno di un sindacato che continui con responsabilità, come abbiamo fatto come Fim, ma anche con determinazione, a garantire quella sponda sociale che porti il siderurgico a rimontare produzione, capacità produttiva e gestionale e soprattutto la sicurezza occupazionale».

La posizione della Fim Cisl


«Spesso abbiamo assunto posizioni un po’ scomode e isolate, ma quando prendiamo una posizione, i fatti poi ci danno ragione - sottolinea Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl -. Non ultimo quello su cui c’è stato uno scontro fortissimo ma che poi ha dimostrato che in effetti gli scioperi fatti affianco di Comune e Regione hanno dato solo forza a loro nel chiedere accordo di programma e chiusura dell’area a caldo e, conseguentemente, dell’Ilva». Per D’Alò, «stare dall’altra parte ci ha premiato. Abbiamo detto che per noi ci sono i lavoratori, i cittadini. Dobbiamo pensare a loro, non ad altri interessi. Questa come altre posizioni noi continuiamo a tenerle non perché c’è la campagna elettorale». «Anche sulla cassa integrazione - aggiunge D’Alò - siamo quelli che dicono sempre troviamo una strada per fare un accordo. Ma perché senza accordo, chi è in cassa integrazione 13esima non ne vede. Prendere posizione se si ha una condizione diversa del cassintegrato, é facile. Mettersi nei panni dei lavoratori è una missione che il sindacato deve percorrere non solo negli ultimi giorni, quando si chiede il voto, ma deve essere una cosa continua. Noi proviamo a farlo. Poi saranno i lavoratori a dirci se ci siamo riusciti o se siamo lontani da quest’obiettivo».

Il preridotto


Circa l’eventualità che l’impianto del preridotto non si costruisca a Taranto, Benaglia sostiene che «la società del Dri è stata creata apposta per l’impianto a Taranto. Ovviamente sono impianti molto importanti e complicati, ma i problemi non sono quelli ambientali e burocratici, ma di sostenibilità del costo dell’energia». «Con i costi fuori controllo dell’energia, la produzione di Dri potrebbe essere non pienamente sostenibile, ma sono problemi che vanno impostati e si possono vedere - conclude Benaglia -. Penso che a Taranto forni elettrici e Dri possano gestire questa transizione verso un acciaio green e noi non ci tiriamo indietro». 

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