«Noi lo chiederemo. Dobbiamo chiederlo. Lo metteremo agli atti». Vito Bruno, direttore generale di Arpa Puglia, l’Agenzia per l’ambiente della Regione, è dell’opinione che nel riesame-rinnovo (in corso) dell’Autorizzazione integrata ambientale per Acciaierie d’Italia, vada alzata l’asticella sugli inquinanti per i quali si sono registrati valori alti, anche se sempre sotto soglia, ed è il caso del benzene, oppure sforamenti significativi rispetto ai limiti, come accaduto per l’ossido di azoto dal camino E137, a servizio dell’altoforno 4, e per cianuri e fenoli dagli scarichi dello stabilimento.
Alzare l’asticella per Arpa significa chiedere rigore. Ma si può intervenire sull’Aia con misure ad hoc se i limiti sono nazionali? «I limiti derivanti dalle norme di legge - spiega Bruno - noi dobbiamo considerarli e tenerne conto, ma se ci sono sforamenti, e soprattutto se si dovessero creare le condizioni per la loro ripetizione, inevitabilmente, a nostro avviso, vanno introdotte ulteriori prescrizioni più stringenti. O comunque vanno adottate cautele gestionali più stringenti per consentire che questo non avvenga. Per legge qualsiasi Aia in Italia dev’essere un’autorizzazione che ha l’effetto di non produrre conseguenze né per l’ambiente, né per la salute. Ma se queste cose continuano a verificarsi o dovessero continuare a verificarsi, evidentemente c’è qualcosa che non va e quindi bisogna intervenire. Certo, i limiti sono nazionali, ma vale sempre il principio che l’impianto non deve provocare danni all’ambiente e alla salute. C’è scritto nel Testo unico per l’ambiente e vale per tutti».
Va ricordato che la commissione Ambiente della Regione, presieduta da Michele Mazzarano, si è occupata l’altro ieri del caso perché da un po’ di tempo AdI ha ricevuto dal ministero dell’Ambiente due diffide con richiesta di chiarimenti.
Le diffide
Diffide proposte da Ispra al ministero dopo i controlli in fabbrica e da questo formalizzate all’azienda.
Sull’ossido di azoto dal camino E317, la diffida (si veda Quotidiano del 26 novembre) contesta ad AdI “un valore medio giornaliero di 223 milligrammi per normal metro cubo”. Quest’ultimo “supera il valore limite giornaliero di 100 milligrammi autorizzato da rispettare ‘post-adeguamento’, cioè a valle di tutte le attività e di tutti gli interventi di adeguamento conclusi entro il 23/08/2023 col termine del piano ambientale”. Per Ispra, inoltre, il valore di 100 milligrammi risulta superato anche “per numerose giornate successivamente alla data del 23 agosto 2023”.
Per fenoli totali e cianuri emessi dagli scarichi, la diffida è invece successiva (come pubblicato da Quotidiano il 4 e il 27 dicembre).
Alle diffide, Acciaierie d’Italia ha risposto con le sue osservazioni ora al vaglio di Ispra e Arpa che poi gireranno le loro valutazioni al ministero. Sull’ossido di azoto, AdI ha sostenuto che verificherà con gli altri gruppi siderurgici, anche esteri, quali tecnologie abbiano usato per abbatterlo, manifestando comunque dubbi sulla loro effettiva esistenza. L’azienda, inoltre, aveva già scritto a Ispra sostenendo che il valore di 100 milligrammi è nelle conclusioni sulle Bat (le migliori tecniche) per la produzione di ferro e acciaio, è recepito dal riesame Aia del 2012, ma non si specificano “le tecniche da utilizzare per il raggiungimento delle prestazioni”. Su fenoli totali e cianuri, invece, l’azienda avrebbe contestato le analisi chimiche. Adesso a valle dell’istruttoria, che dovrebbe concludersi in questo mese, si vedrà se verrà applicata o meno una sanzione verso AdI. Non ci sarebbero significativi precedenti in materia. Infine per il rinnovo dell’Aia, il ministero dell’Ambiente ha passato la palla a quello della Salute.
Prima di continuare i lavori, attende che l’Istituto superiore di Sanità completi le Valutazioni di impatto sanitario a 6 e 8 milioni di tonnellate prodotte da AdI.