Trinchera: "Il Lecce non ha necessità di vendere Hjulmand e gli altri gioielli della rosa. Baroni? Presto ci incontreremo per valutare la situazione"

Il direttore sportivo Stefano Trinchera
Il direttore sportivo Stefano Trinchera
di Lino DE LORENZIS
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Martedì 10 Maggio 2022, 05:00

Tra gli artefici della decima promozione in A del Lecce c’è anche il direttore sportivo Stefano Trinchera, 48 anni, braccio destro di Pantaleo Corvino. Per lui la soddisfazione è stata doppia in quanto salentino doc ed ex calciatore del Lecce.
Direttore Trinchera, c’è stato un momento particolare della stagione o una gara nel quale ha capito che il Lecce avrebbe potuto puntare alla promozione diretta in A?
«Ho sempre avuto sensazioni positive. Questa squadra, anche davanti alle difficoltà, ha sempre tirato fuori un senso di appartenenza notevole e grandi valori, prima umani e poi tecnici. Poi quando abbiamo giocato i due scontri diretti in casa contro Monza e Parma ho fatto una riflessione: “Se abbiamo dominato contro avversari di questo calibro allora vuol dire che potremo dire la nostra fino in fondo. Lì ho capito che eravamo una grande squadra».
E c’è stato anche un momento in cui ha temuto che il Lecce non ce la potesse fare?
«Direi dopo la sconfitta di Reggio Calabria. Eravamo consapevoli del fatto che le nostre rivali avessero le carte in regola per fare filotto nelle ultime tre giornate e rubarci la merenda che avevamo già nelle nostre mani. E invece subito dopo è arrivata la vittoria al Via del Mare contro il Pisa che è servita a rimettere le cose a posto. Da quel momento ho avuto solo sensazioni positive».
Lecce primo in classifica, Cremonese seconda: hanno vinto le migliori?
«Noi abbiamo dimostrato sul campo, e anche i numeri lo testimoniano, che per il gioco espresso e per tutto quello che abbiamo fatto vedere durante la stagione siamo stati i migliori, i più forti della serie B. La mia non è presunzione, basta andare a rivedere i numeri del campionato per avere la conferma di ciò che dico. Lo hanno riconosciuto anche gli addetti ai lavori. E aggiungo pure che il Lecce ha fatto tutto questo a discapito di tante altre squadre costruite per vincere. Non è stato affatto semplice. Per questo dico che siamo stati i più forti».
E la Cremonese?
«Ha vinto con pieno merito nel segno della continuità, con un allenatore bravo come Pecchia, con giovani interessanti. Gli altri sono stati discontinui ed è giusto che la Cremonese, grazie al lavoro di Braida e di Giacchetta, abbia conquistato la promozione serie A».
Lecce e Cremonese hanno raggiunto l’obiettivo finale pur avendo ideato progetti diametralmente opposti. Il Lecce ha vinto il campionato con una squadra con un’età media relativamente bassa e con calciatori di proprietà mentre la Cremonese ha puntato pure sui giovani di prospettiva ma quasi tutti arrivati in prestito dalle big della serie A.
«In effetti c’è una differenza sostanziale tra noi e loro. L’obiettivo che si è prefissato questa società, con Saverio Sticchi Damiani al vertice e con Pantaleo Corvino punto di riferimento del progetto tecnico, era quello di creare patrimonio attraverso giocatori giovani e di proprietà. Questo dà ulteriore merito a chi ha voluto creare patrimonio e allo stesso tempo vincere. Non è affatto facile. La Cremonese, il cui proprietario (Arvedi, ndr) è uno degli imprenditori più ricchi d’Europa, aveva invece necessità di arrivare subito all’obiettivo e lo ha fatto mettendo in secondo piano l’idea di creare patrimonio».
Cosa significa per lei lavorare al fianco di Corvino?
«Io ho sempre detto che per me è un sogno che si realizza, poi conquistare la serie A con la squadra del cuore è qualcosa di straordinario. Ringrazio Pantaleo perché ha avuto il coraggio di coinvolgermi in questo progetto anche se, devo ammettere, non è affatto facile lavorare con lui. All’inizio di questa mia nuova esperienza con il Lecce mi sono chiesto cosa volessi fare da grande: vivacchiare e sopravvivere nel ruolo di direttore sportivo o fare qualcosa di più importante? Ho scelto la seconda soluzione pur sapendo che lavorare con Pantaleo Corvino è molto impegnativo ma allo stesso tempo si può pensare in grande perché lui ti fa accelerare il percorso di crescita e ti fa arrivare in alto. Non ci sono le mezze misure. Lui è molto esigente sul lavoro però alla lunga capisci il motivo per il quale è riuscito ad arrivare a certi livelli, vincendo in Europa e facendo benissimo in tutti i club nei quali ha lavorato nel corso della carriera».
A chi darebbe la palma del miglior calciatore della stagione e a chi invece l’oscar della sfortuna?
«Dopo un campionato del genere diventa difficile se non impossibile individuare un solo elemento perché citandone soltanto uno mancherei di rispetto nei confronti degli altri protagonisti. Potrei dire Coda, il nostro grande bomber, o Lucioni, che è stato il vero leader. O lo stesso Strefezza, protagonista della migliore stagione della sua carriera. Per questo motivo mi sento di assegnare la palma del migliore a tutto il gruppo. In tanti anni non avevo mai visto un gruppo di ragazzi sempre sul pezzo, straordinari nel lavoro, sempre attenti nell’apprendere le indicazioni dell’allenatore. Non c’è stato un superficiale, nelle vittorie e nelle sconfitte c’è sempre stato un gruppo trainante che ha tenuto sempre alta la concentrazione. In questo discorso vorrei coinvolgere pure tutte le persone che lavorano dietro le quinte, dal team manager ai magazzinieri, dall’addetto stampa ai sanitari, e che sono il motore di questo club. Grazie anche al loro contributo la macchina è riuscita ad arrivare fino in fondo».
Direttore, a chi darebbe l’oscar della sfortuna?
«Lo darei senza dubbio a Faragò. Parliamo di un calciatore di serie A, da tempo il Lecce cercava un elemento con le sue caratteristiche e so che Pantaleo aveva provato a prenderlo già un anno fa. Purtroppo è stato sfortunatissimo, gli infortuni l’hanno condizionato altrimenti sono convinto ci avrebbe dato molto di più».
Parliamo di Baroni: conoscendolo di persona nel corso di questa stagione l’ha trovato come se lo aspettava?
«Non mi ha sorpreso perché io ne ho sempre sentito parlare bene. Poi lavorandoci accanto quotidianamente capisci quanto ci tenga al suo lavoro che cura in maniera maniacale. È un grande lavoratore, è uno che guarda i video della sua squadra e degli avversari dalla mattina alla sera, e forse in questo un po’ mi ha sorpreso. È riuscito a dare alla squadra un’identità che è stato il motivo per cui tutti gli addetti ai lavori hanno riconosciuto il valore di questa squadra sul campo. Come organizzazione di gioco forse siamo stati la squadra che ha giocato meglio di tutti».
Il contratto di Baroni è in scadenza: pensate di confermarlo anche per la prossima stagione?
«Voglio essere sincero. Fino a venerdì 6 maggio siamo stati tutti concentrati, tecnico compreso, sull’obiettivo da raggiungere. Adesso lasceremo la squadra libera e nei prossimi giorni, con molta calma, incontreremo il mister e faremo con lui le nostre considerazioni. Ovviamente, gli va riconosciuto il lavoro fatto sul campo perché è un allenatore che ci ha fatto vincere un campionato e di conseguenza ha grandi meriti anche lui».
Il Lecce rischia di perdere qualcuno dei suoi gioielli?
«Sentir parlare di gioielli è una nota di merito per noi.

Significa che abbiamo portato a Lecce dei giovani che poi abbiamo valorizzato e che oggi sono attenzionati anche da grandi club. Però noi non abbiamo la necessità di fare delle cessioni importanti, questo perché abbiamo alle spalle una società sana e forte che ce lo consente. Il presidente Saverio Sticchi Damiani, grazie alle sue infinite capacità, è riuscito a mettere insieme una proprietà allargata e che ancora in questi giorni registra nuovi ingressi che la rendono ancora più forte. Per questo dico che non abbiamo la necessità di vendere i nostri gioielli. Anzi rimanendo con noi Hjulmand e gli altri ragazzi avranno la possibilità di valorizzarsi sempre di più».

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