Liverani: mi manca il contatto diretto sul campo con i miei calciatori

Mister Fabio Liverani con Falco e con il vice Coppola
Mister Fabio Liverani con Falco e con il vice Coppola
di Tonio DE GIORGI
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 12:25
LECCE È stato uno degli ultimi ad arrendersi, Fabio Liverani, allenatore del Lecce. A dare l’ultimo calcio ad un pallone come si faceva da ragazzini, mai abbastanza stanchi di inseguire una palla. Quando l’epidemia cominciava a espandersi c’è chi si illudeva che il calcio potesse respirare di aria propria. Invece, anche l’industria del pallone ha dovuto spegnere la propria macchina di soldi e di passione.
Il tecnico romano era favorevole pure ad allenamenti alternativi, in piccoli gruppi, pur di continuare a lavorare per una ripresa che ancora oggi appare lontana. «E così mi ritrovo a vivere come tutti quanti gli altri - dice mister Liverani che compirà 44 anni ad aprile -, non è un buon momento, mi manca la quotidianità. Il lavoro continua, tuttavia, sono sempre in contatto con il mio staff, sento i giocatori, ma non c’è la trasmissione sul campo, alla squadra, al gruppo. Non c’è la preoccupazione di programmare una partita, di inseguire un obiettivo. È difficile rimanere concentrati. Manca il contatto con la squadra, con i massaggiatori, i magazzinieri e tutti coloro che non lavorano sotto i riflettori, ma sono allo stesso modo importanti», ammette in una intervista sul canale ufficiale Instagram della società leccese. «Credo che prima di fine maggio non si potrà riprendere - dice con sano realismo -, a meno che i medici non diano un parere favorevole per ricominciare prima».
Da quando è approdato al Lecce sono passati due anni e mezzo e la squadra giallorossa dalla Serie C’è tornata con un doppio balzo consecutivo in Serie A. «Ricordo bene ancora l’esordio a Catanzaro - racconta -, un’emozione grandissima e contava poco se ero in Serie C. Per me, era importante fare bella figura perché all’inizio conta il lavoro, dopo magari ti fai pure apprezzare per il lato umano. A colpirmi in maniera particolare fu il gol di Lepore e l’ingresso in curva dei tifosi giallorossi e fu il primo episodio dell’attaccamento verso la squadra che ancora non avevo vissuto sulla mia pelle». Mai avrebbe pensato che otto mesi più tardi avrebbe riportato il Lecce in B dopo sei stagioni di sofferenze e lui sarebbe scoppiato in lacrime. «Non era ancora finita Lecce-Paganese e già avevo cominciato a piangere per l’emozione. Le lacrime sciolsero la tensione accumulata in tanti mesi, la paura di non farcela. In fondo siamo uomini anche noi, abbiamo dubbi, certezze che all’esterno spesso dobbiamo nascondere. La promozione dalla C alla B ha dato tantissima dignità sportiva alla squadra, al club e ai leccesi. merito di un grande gruppo, di una famiglia dove non è mancato il confronto e lo scontro, ma eravamo sempre trasparenti e veri. Quel risultato nessuno potrà mai cancellarlo». Tra i ricordi indelebili anche l’abbraccio a suo figlio Mattia, calciatore in erba, centrocampista come il padre. «Quando rivedo quella foto mi emoziono ancora - continua -. Volevo condividere con lui quel traguardo straordinario. Chi fa il nostro lavoro toglie sempre qualcosa alla famiglia. Lui, liberamente, ha scelto di vivere questa passione, ma i risultati non sono importanti. Con lui cerco di essere diretto. Mia madre mi ha insegnato ad arrivare subito al problema, sa che deve conquistarsi qualsiasi cosa. Mi dicono sia un ragazzo educato, mai fuori dalle righe. Essere il figlio di... può essere uno svantaggio. È una passione che va gestita e alimentata anche se non si arriva sul palcoscenico più prestigioso». Per il momento si alimenta dei ricordi di papà Liverani che sul proprio profilo instagram pubblica alcuni gol da calciatore. «ll primo gol non si può scordare - dice -, su punizione in Reggina-Perugia. Poi ricordo il pallonetto a Buffon in Lazio-Juventus. Non sono tanti, pertanto non è difficile ricordarli». Il primo successo da allenatore è arrivato con il Lecce, la doppia promozione e adesso insegue la salvezza in A. «Al futuro non penso – continua -, ognuno di noi ambisce a migliorare. Però oggi non è un pensiero che mi sfiora. Passo dopo passo si fanno altri progetti, ma il primo obiettivo lo inseguo con il Lecce».
Tra tante difficoltà il Lecce in questa stagione è riuscito per un girone e mezzo a tenersi sopra la linea di galleggiamento. «La vittoria di Torino ci ha fatto capire che non avremmo fatto la comparsa in questo campionato. Il girone di ritorno ha confermato la crescita della squadra e di tanti ragazzi. Stavamo facendo il percorso che volevamo fare». La Serie A lo ha riportato due volte all’Olimpico. «Con la maglia della Lazio quello stadio è stato la mia casa per cinque anni, un po’ di emozione c’era. So che una parte della curva mi ha salutato, ma l’ho saputo dopo. Ho dato tutto per quei colori, come persona ho lasciato qualcosa». Quello che intende fare pure a Lecce dove ha sposato il progetto della società del presidente Sticchi Damiani. «Bisogna essere orgogliosi di avere questa società - conclude Liverani -, virtuosa, senza debiti. Questo è uno scudetto per Lecce».
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