«Così la body art libera le donne e i loro corpi»

«Così la body art libera le donne e i loro corpi»
di Carmelo CIPRIANI
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Sabato 23 Luglio 2022, 05:00

Istrionica, audace, trasgressiva, anticonformista, molti sono gli aggettivi attribuibili a Mireille Suzanne Francette Porte, in arte ORLAN, ospite di Domus, programma di residenze artistiche, fondato a Galatina dall’artista-performer Romina De Novellis. L’artista francese ha parlato ieri nell’ambito del programma 2022 di Domus, composto da talk e incontri (tra le invitate anche Paola Ugolini e Silvia Giambrone), intitolato “Perform(her)”, con un’accezione spiccatamente femminile (ed ecofemminista). Artista tra le più significative del panorama internazionale, fin dagli anni Settanta agisce con e sul proprio corpo, contribuendo in modo significativo a scrivere la storia della Performing Art e della Body Art. Etichette entrambe insufficienti a spiegare il suo lavoro, al punto da indurla a crearne un’altra (con relativo manifesto), Arte Carnale, che contrariamente alla Body Art non cerca il dolore come fonte di purificazione o redenzione. Femminista e contraria ad ogni formula statutaria di bellezza, è nota per essersi sottoposta a ripetuti interventi chirurgici per trasformare il suo aspetto in un nuovo modello estetico, diverso da quello che la società abitualmente richiede ad una donna. Il suo nome d’arte, scritto rigorosamente in maiuscolo, è l’incipit di un’identità nuova, completamente riformata, priva di patronimico e di qualunque riferimento alle consuetudini sociali. Le abbiamo chiesto di raccontarci alcuni dei punti fondamentali della sua ricerca.

Fin dagli anni Sessanta agisci sul tuo corpo, usandolo come prioritario mezzo di espressione. Perché hai scelto la performance come linguaggio? Che potenzialità ha per te che altri mezzi espressivi non posseggono?

«Ho iniziato il mio lavoro con la scultura, disegnando e dipingendo. Poco dopo ho cominciato a pensare al corpo come materiale espressivo perché io sono un corpo, nient’altro che un corpo, un corpo intero e pensante. Tutto ciò che unico è politico: il corpo è politico, il privato è politico. Negli anni Settanta ho creato la mia serie “Body-sculpture” mettendo in discussione la cultura occidentale. Nella mia carriera ho usato molto il mio corpo assumendo pose inconsuete e diverse da quelle fotografate da artisti uomini. Ancora oggi lavoro sul significato del corpo nella società, in particolare su quello femminile, e sulle pressioni a cui è sottoposto: culturali, politiche e religiose. Tuttavia, non mi considero una performer, sono un’artista che non è soggetta ad una materia, ad una pratica artistica, a un linguaggio, a una tecnica o tecnologia, vecchia o nuova che sia. Cerco di dire cose importanti per il mio tempo mettendo in discussione i fatti della società rimanendone distaccata. Nel mio lavoro prima cerco i contenuti e poi mi interrogo sulle materie e sul linguaggio più adeguati ad esprimerli. Mi considero un’artista concettuale che ama la carne, il colore e la materia».

La tua ricerca attuale sta assumendo sempre più una traiettoria robotica, utilizzando la realtà aumentata e il 3D. Ci spieghi il valore di questa nuova direzione?

«Non sono né una tecnofila né una tecnofoba, ma amo vivere il nostro tempo e la sua tecnologia.

Da adolescente non avrei mai potuto immaginare che un giorno avrei avuto in tasca un cellulare che mi avrebbe detto dove mi trovavo e quanto fossi lontano da un museo da visitare e a cui potevo porre molte domande. Molto presto mi sono interessata al video e alla minitel, antenata di internet. Ho realizzato opere in realtà aumentata ma mai per usare semplicemente una tecnologia ma perché quella tecnologia mi permetteva di dire qualcosa di importante. Ho anche fatto scansionare il mio corpo e l’ho fatto articolare e programmare. Mi sono perfino trasformata in una maschera dell’Opera di Pechino per protestare contro il divieto per le donne di calcare il palcoscenico, riservando agli uomini anche i ruoli femminili. In “Tentative to out of the frame” ho anche ibridato il mio viso con le maschere di Pechino. Attraverso un QR code era possibile incontrare il mio avatar, vederlo fare acrobazie e scattare foto con lui. Mi è sembrato importante come donna creare un robot, una scultura in movimento che ho chiamato Orlanoide, dotata di un’intelligenza artificiale combinata all’intelligenza collettiva e sociale. Il robot mi somiglia e parla con la mia voce. È un work in progress. Attualmente posso portarlo alle mie conferenze in modo che possa tradurre simultaneamente tutto ciò che dico in inglese».

Dagli anni Ottanta ad oggi abbiamo assistito alla rivoluzione digitale. L’avvento di internet e dei social come ha inciso sulla tua ricerca?

«I social possono essere interessanti se non passi tutto il tuo tempo a fare solo quello invece di diversificare i tuoi interessi e sperimentare altre cose. Personalmente sono molto preoccupata dal fenomeno degli influencer che stanno rialimentando tutti gli stereotipi, i modelli, che nei decenni io e altri artisti abbiamo cercato di decostruire. Gli influencer stanno costruendo una società standardizzata e piena di idiozia».

Il tuo lavoro ha sempre avuto un’impronta fortemente femminista. Che vuol dire per te essere una femminista oggi?

«In effetti ho sempre lavorato affinché lo status delle donne e dei loro corpi fosse liberato, emancipato ed eguale agli uomini. Attualmente ho l’impressione che il mio operato sia stato inutile. Dopo alcune aperture, oggi tutto sembra stia tornando a chiudersi. Com’è possibile che non sia consentito mostrare un corpo, un seno femminile su Instagram o Facebook senza che la pubblicazione sia cancellata o offuscata? Per me questo è davvero aberrante. Oggi siamo sotto la tirannia della censura, come quando coprivano i nudi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Com’è possibile che l’aborto, la contraccezione o il matrimonio per tutti siano ancora messi in discussione? Riguardo la nudità, se è vero, come vuole la Chiesa, che Dio ha creato l’uomo a sua immagine, il corpo nudo andrebbe mostrato proprio per rendere omaggio al Creatore. Riguardo agli ostacoli ad aborto, contraccezione, libertà sessuale, nessuno può e deve interferire nella vita privata degli altri. Purtroppo le religioni sono state create dall’uomo affinché i maschi mantengano il patriarcato e la misoginia. Le conseguenze sono gravi perché il femminismo non uccide ma il patriarcato sì».

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