Squinzi: "Basta immobilismo, pronti a innovare e investire"

Squinzi: "Basta immobilismo, pronti a innovare e investire"
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Sabato 29 Marzo 2014, 16:26 - Ultimo aggiornamento: 16:51
ROMA - L'Europa la nostra casa, il nostro mercato interno. Pi volte abbiamo detto che la sua costruzione ha limiti e difetti da correggere. Ma stabile, pacifica e sicura. Ha regole che vanno rispettate. Se non sono condivise vanno discusse e modificate, ma occorre dare garanzia ai nostri partner che non incrineremo la casa comune cedendo alla tentazione di riaccendere la finanza pubblica allegra». Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, al Convegno del Centro Studi di Confindustria a Bari. «Dobbiamo fare le riforme indispensabili, non per volere della Germania o della Francia, ma per nostra espressa volontà. Dobbiamo farle - insiste - per modernizzare il paese e far dimenticare che in Italia il saldo tra dichiarazioni e fatti è purtroppo negativo».



«C'è tra noi imprenditori la percezione netta e diffusa della necessità di avviare un cambiamento profondo nella società. Ogni giorno misuriamo i costi altissimi di un immobilismo di maniera, durato troppo a lungo». Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, rispondendo al governatore di Bankitalia, seduto in platea. «I tempi che viviamo richiedono un grande impegno comune», premette Squinzi. «Siamo in una fase istituzionale e politica delicata ed è forte la speranza che la politica faccia finalmente sbocciare forte e rigoglioso il cambiamento. Noi - prosegue Squinzi - crediamo nella politica, intesa nel suo senso più nobile. Per noi non è professione, pur sapendo quanta competenza, capacità e dedizione ci vuole per chi esercita responsabilità di governo a ogni livello. Per noi la politica è partecipazione, passione per il bene comune, non ritualità o routine. È speranza e costruzione del futuro». La crisi di questi anni «ha mostrato tutte le inadeguatezze di un modello incapace di cogliere e di interpretare i bisogni reali della società. Noi imprenditori vogliamo partecipare a una politica che innovi non la forma o le formule, ma la sostanza e la credibilità delle istituzioni», sottolinea il presidente di Confindustria.



Visco. Le polemiche innescate ieri dalle parole su imprese e sindacati? «Bastava ascoltare bene quello che ho detto», precisa Ignazio Visco. «È stato riportato, ad esempio, con grande clamore un allarme che avrei lanciato ieri. Mi sono semplicemente e con moderazione limitato a ripetere concetti espressi a lungo e da lungo tempo». «Consentitemi di aggiungere osservazione», ha detto il governatore della Banca d'Italia deviando dalla traccia scritta del suo intervento al convegno di Confindustria. E parlando alla platea di industriali ha chiarito il suo pensiero di ieri bacchettando «un'abitudine» che gli appare, ha detto «da noi più diffusa che altrove: l'approccio selettivo alle citazioni, da parte di chi commenta e da parte di chi non legge. Oggi ad, esempio, abbiamo parlato di capitale umano, imprese e crescita economica. Molti temi non sono stati trattati, come è ovvio. E la riduzione dei nostri ragionamenti in messaggi da trasmettere via twitter, ha indubbiamente il fascino della rapidità e dell'efficacia, ma corre il rischio di scambiare ragionamenti, per l'appunto, in allarmi, di alimentare incomprensioni, se non a volte veri e propri equivoci. Speriamo di non correrlo oggi» Visco ha quindi esplicitamente fatto riferimento a come sono state interpretate le sue parole di ieri: «Sulle agenzie, sui giornali, sui blog è stato riportato, ad esempio, con grande clamore un allarme che avrei ieri lanciato. Ma bastava ascoltare ciò che ho detto: mi sono semplicemente e con moderazione limitato a ripetere concetti espressi da me e dai miei collaboratori a lungo e da lungo tempo». Parlando in generale «di attitudini» (quando ha detto che «rigidità legislative, burocratiche corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese») e senza alcun riferimento specifico come al dibattito «su flessibilità e mercato del lavoro».