Tutti i big in campo
tra accordi, divorzi
e la truppa di catapultati

Tutti i big in campo tra accordi, divorzi e la truppa di catapultati
di Francesco G.GIOFFREDI
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Martedì 30 Gennaio 2018, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 19:15

Come un tempo, provando a stuccare le crepe, a passare una mano di antiruggine e a ripartire. Peraltro in una regione mai banale per il centrodestra: la Puglia fortino di consensi e primo incubatore di liti e fratture, palestra per dirigenti e nuovi soggetti politici. Tra i big player di queste elezioni, la coalizione a quattro ruote motrici (Forza Italia, Noi con l’Italia, Fratelli d’Italia, Lega) è stata di fatto l’ultima a chiudere il cerchio delle candidature pugliesi: fittiani e centristi hanno depositato i listini plurinominali a fil di sirena, un soffio prima delle 20 (il termine ultimo). Anche la Lega ha dovuto lottare contro il tempo per imbastire listini più impervi del previsto, tra incastri e rinunce. Il fatturato dei candidati agli uninominali non è cambiato di una virgola rispetto ai ritocchi della vigilia: 12 a Forza Italia, 6 a Noi con l’Italia (di cui 4 ai fittiani e due all’Udc), 3 alla Lega e 3 a Fratelli d’Italia.
La ritrovata unità del centrodestra è frutto ovviamente degli accordi nazionali stipulati ad Arcore, ma l’osservatorio pugliese racconta molto di più: per esempio, spiega che Raffaele Fitto ha dovuto ricucire relazioni, quantomeno di coalizione, con ex duellanti e vecchi transfughi, dopo il fragoroso strappo del 2015 e tutto il vorticoso succedersi di addii e ricomposizioni del fronte. Altro spunto: sulla prima linea sono schierati tutti (o quasi tutti) i big del centrodestra regionale, dallo stesso Fitto al coordinatore regionale di Forza Italia Luigi Vitali (li rivedremo prima o poi sullo stesso palco, dopo le reciproche randellate di questi anni?), dalla pattuglia di parlamentari uscenti (solo per citarne una fetta: Rocco Palese, Massimo Cassano, Francesco Paolo Sisto, Elvira Savino, Michele Boccardi per i berlusconiani; Nuccio Altieri e Roberto Marti per la Lega; Gianfranco Chiarelli, Vittorio Zizza, Nicola Ciracì, Luigi Perrone, Antonio Distaso, Francesco Bruni, Piero Liuzzi, tra i fittiani; Angelo Cera per la quota centrista di Noi con l’Italia) alla carica di consiglieri regionali ed amministratori locali (tra questi Mauro D’Attis, Paolo Perrone, Saverio Congedo, Andrea Caroppo, Francesco Ventola, Giandiego Gatta, Ignazio Zullo, Luciano Cariddi, Antonio Andrisano). In ogni caso, o perlomeno in molti casi: campioni di radicamento e rastrellatori di voti, tutti piazzati sulla trincea.
 
Non che la Puglia sia stata esentata dalla pratica dei “catapultati” nei listini, anzi: le sorprese, sgradite e indigeste per i territori, non mancano. In tutti i partiti. È l’effetto anche dei vincoli sulla rappresentanza di genere, che obbligano a un rapporto non più sbilanciato del 60-40% e all’alternanza uomo-donna o donna-uomo nei listini, il che ha prodotto molte alchimie e scambi tra regioni. Forza Italia così ha due capilista non pugliesi (la molisana Annaelsa Tartaglione, la deputata lombarda Licia Ronzulli) e presenze esterne anche nelle altre postazioni (dall’ex ministro Elio Vito a Domenico Scilipoti). Ma d’altro canto, i listini forzisti sono un delicato sistema di pesi e contrappesi, che ha innescato valzer e spostamenti anche tra le stesse province (la leccese Federica De Benedetto seconda nel listino barese, o la foggiana Micaela Di Donna terza nel Salento). E senza radice pugliese, o perlomeno con un rapporto quantomeno diluito, sono in Noi con l’Italia Gabriella Carlucci (seconda dietro Raffaele Fitto in tre listini su quattro), o la siciliana Esterina Bonafede (capolista nel collegio senatoriale nord). E nello stesso collegio, per i leghisti, capofila del listino è l’ex parlamentare veneta Erika Stefani. Volto noto è quello di Daniela Santanchè, capolista al Senato nel collegio sud per Fratelli d’Italia: verrà però eletta in un uninominale con doppio lucchetto a Cremona, e potrà allora beneficiarne il secondo del listino pugliese. Cioè Paolo Perrone, l’ex sindaco di Lecce che proprio nelle ultime, convulse ore ha abbandonato il gruppo fittiano: alla radice c’è proprio la fiammeggiante querelle sulle candidature.
La vicenda perroniana è del resto una spia accesa sul quadro comandi del centrodestra: unito sì, corale forse, ma in pancia custodisce ancora tensioni, veti incrociati, antichi e stridenti contrasti. Prima sodali, poi nemici e ora nuovamente alleati: molti colonnelli e candidati del centrodestra completeranno la parabola, in questa campagna elettorale. Tutti costretti, alla luce dei candidati unitari negli uninominali, a remare nella stessa direzione e per lo stesso front runner - anche se di altri partiti.
Dalla griglia delle candidature è già possibile dedurre come muteranno gli equilibri nel centrodestra? In parte sì: Fratelli d’Italia si rafforza e radica, soprattutto nel Salento, la Lega esce dall’ombra, Fitto prova a diversificare l’offerta (anche a costo di cedere terreno a Lecce e dintorni), Forza Italia cambia sensibilmente pelle. Naturalmente saranno le percentuali del 4 marzo a determinare le gerarchie anche in vista delle comunali, e allora peserà parecchio sulla bilancia il voto ai listini. Tutti costretti a stare insieme, sì, ma non troppo

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