Omogenitorialità, un caso: perché la tutela dei bambini è la priorità da cui partire

Omogenitorialità, un caso: perché la tutela dei bambini è la priorità da cui partire
di Roberto TANISI*
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Lunedì 26 Giugno 2023, 06:39

Cresce la tensione, non solo dialettica, nella discussione sui problemi – non solo giuridici – correlati alla omo-genitorialità. Per stare ai giorni nostri, i titoli dei giornali, a seconda della loro propensione ideologica, si stanno distinguendo nel rendere il quadro ancora più confuso, mettendo sullo stesso piano una recentissima pronuncia della Corte europea per i diritti dell’uomo (C.E.D.U.), l’iniziativa della Procura della Repubblica di Padova e la “soluzione” prospettata dal Ministro Roccella per una “sorta di sanatoria per i bambini nati fin qui”, una volta che sarà reso “reato universale” il ricorso alla maternità surrogata (manco si trattasse di abusi edilizi o ambientali). Il tutto in una materia fra le più delicate e difficili, posto che da un lato occorre apprestare tutela al c.d. best interest per i minori, dall’altro contemperare le esigenze correlate alla tutela della genitorialità (e, più in generale, alla “vita privata”: art. 8 Convenzione E.D.U.) degli adulti.
Ciò posto, sul piano del diritto, occorre partire da un dato: piaccia o non piaccia, nel nostro Ordinamento la gestazione per altri (c.d. “maternità surrogata”) è vietata (art. 12 Legge n. 40/04). La Corte Costituzionale, anche sulla scia di pronunce della Cassazione, l’ha pesantemente stigmatizzata, osservando che essa “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” (Corte Cost. n. 272 del 2017, richiamata da Corte Cost. n. 33/21).

Costituisce, tuttavia, dato di comune esperienza il fatto che, ad onta di ciò, il ricorso alla gestazione per altri (non solo “egoistica”, ma anche “altruistica”) sia pratica frequente e lecita in alcuni Stati esteri, con la conseguenza che, altrettanto frequentemente, coloro che hanno fatto ricorso a tale pratica e sono, perciò, chiamati a svolgere la funzione genitoriale (omosessuali, ma non solo) chiedono la trascrizione dello status di filiazione nei registri italiani dello Stato civile. Il che finisce col produrre tutta una serie di situazioni delicate e complesse che, in assenza di precise e specifiche disposizioni di legge, finiscono col costituire causa di decisioni talvolta contraddittorie o, apparentemente, tali.

È infatti accaduto che i Sindaci di alcune città, intendendo privilegiare il miglior interesse del minore, abbiano trascritto nei registri gli atti di nascita di cui si discute; come pure è accaduto – ed accade – che alcune Procure (in questi giorni la Procura di Padova), avuto riguardo alla Legge n. 40/04, abbiano poi impugnato tali atti, chiedendo la rimozione del genitore non biologico.
In tale contesto, anche le decisioni dei giudici parrebbero contribuire a tale confusione, sembrando, ad un esame superficiale, contraddittorie (pur se tali, in realtà, non sono).
Così, per esempio, il Tribunale di Milano, in un’ordinanza dello scorso 24 aprile, ha accolto la richiesta del genitore “intenzionale” (non biologico) di vedersi riconosciuto, appunto, come genitore d’intenzione di un minore procreato in America, frutto di un progetto di genitorialità di due uomini, sposatisi a New York ed il cui atto di matrimonio era stato trascritto in Italia in base alla legge sulle unioni civili. È, invece, notizia di questi giorni che lo stesso Tribunale di Milano, con altra decisione, ha annullato, nella parte in cui veniva indicato il genitore intenzionale di una coppia omogenitoriale, la trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato all’estero da gestazione surrogata, mentre, con riferimento ad altri tre casi di bambini aventi due mamme ma nati da procreazione medicalmente assistita, ha rigettato la richiesta di annullamento avanzata dalla Procura, reputando non sufficiente la mera richiesta di rettificazione, essendo invece necessaria l’instaurazione di “una vera e propria azione volta alla rimozione dello stato di figlio” (il che, tradotto in soldoni, significa che gli atti di nascita restano trascritti per almeno un paio d’anni, quanto durerà l’azione di stato, con l’auspicio che, medio tempore, il Legislatore, raccogliendo l’invito formale della Corte Costituzionale - Sentenza n. 33/21 - si decida a licenziare una legge adeguata a queste tematiche ed in linea con i principi costituzionali e della C.E.D.U.).

Qualcuno, analizzando tali decisioni giurisdizionali, potrebbe, more solito, accusare la magistratura di “supplenza”, di “giurisprudenza creativa”, di aver redatto “sentenze ideologiche e giacobine” o, ancora peggio, che di aver inteso disattendere il dato normativo (come potrebbe desumersi anche da un passaggio di una delle 33 richieste di rettifica formulate dalla Procura di Padova in cui si legge: “Ritenuta l’impossibilità per il giudice di sostituirsi al Legislatore”). 
Il problema, invece, è che un dato normativo, preciso e puntuale, non c’è!
Lo ha rappresentato a chiare lettere la Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 33/21 in cui, sollecitata dalla Corte di Cassazione a vagliare il quadro normativo di riferimento, ne ha sottolineato la “grande complessità sistematica” di fronte alla quale la Corte ha ritenuto di “cedere doverosamente il passo alla discrezionalità del legislatore, nella ormai indifferibile individuazione di soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore”. Come dire al Parlamento: fate presto una legge!
Ma oggi? Un dato, anzitutto, è certo ed irrefutabile: i bambini, anche quelli nati mediante maternità surrogata, anche negli Stati che vietino tali pratiche, hanno diritto a veder giuridicamente riconosciuto il legame di filiazione con entrambi i componenti della coppia che ne ha voluto la nascita e che, in concreto, se ne sia presa cura: lo statuisce la Corte E.D.U. nel caso Mennesson c/ Francia. Inoltre, che il preminente interesse del minore debba essere salvaguardato con strumenti idonei, lo prevede l’art. 3 della Convenzione per i diritti del fanciullo e l’art. 24, comma 2°, della Carta dei diritti dell’Unione Europea.
Secondo la nostra Giurisprudenza (Cass. S.U. n. 38162/22; Corte Cost, n. 331/21 cit.) una valida soluzione per bilanciare i diritti del minore e quelli dei genitori, nelle situazioni in esame, può essere quella, per il genitore intenzionale, del ricorso all’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44, comma 1°, lett. d) della legge n. 184/83. Tale strumento, tuttavia, non sempre salvaguarda compiutamente il preminente interesse del minore ma, soprattutto, in taluni casi non può trovare in concreto applicazione. Così è stato, per esempio, nella fattispecie affrontata dal Tribunale di Milano (di cui all’ordinanza 24.4.23), in quanto, essendo deceduto il genitore biologico, è divenuto impossibile per il genitore intenzionale conseguirne l’assenso, essenziale ai fini dell’adozione. La conseguenza di una interpretazione rigida sarebbe stata il misconoscimento dei diritti del minore, rimasto privo di tutela. Il Tribunale, invece, con una interpretazione adeguatrice e conforme ai valori costituzionali, ha accolto la domanda del genitore intenzionale ed autorizzato la trascrizione integrale dell’atto di nascita, così realizzando, in concreto, il best interest del minore. 
Diversa è stata, invece, l’altra decisione, adottata proprio in questi giorni, conclusasi con la rettifica dell’atto di nascita, perché qui era possibile il ricorso all’adozione in casi particolari.
Concludendo. La necessità di una nuova normativa è certamente indifferibile, ma nel vararla non ci si può muovere come un elefante in una cristalleria (come parrebbe, a giudicare da certe dichiarazioni che si leggono sui giornali). In ogni caso resta fermo che il Giudice sarà sempre, necessariamente, chiamato ad operare nel rispetto dei principi della Costituzione e della Convenzione E.D.U., perché – come è stato affermato – “la regolamentazione degli affetti e delle relazioni umane non si presta a rigidità, ma alla costante ricerca di tutelare la parte più debole”.
E pazienza se qualcuno parlerà, ancora una volta, di supplenza della Magistratura. “La nostra cultura giuridica - ha scritto un grande giurista come Niccolò Lipari - non ha ancora seriamente metabolizzato il processo di costituzionalizzazione del diritto, che sposta il profilo dell’antigiuridicicità sul piano della contraddittorietà non a regole ma a principî.

Se si esce dai paradigmi di stampo positivistico un tale atteggiamento non deve scandalizzare, posto che… determinare l’indeterminato è una caratteristica della funzione giudiziale”.

*Presidente Tribunale di Lecce
 

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