«I vaccini? Bene, ma ci vorranno mesi per risolvere il problema del contagio»: parla l'immunologa Viola

«I vaccini? Bene, ma ci vorranno mesi per risolvere il problema del contagio»: parla l'immunologa Viola
di Ettore MAUTONE
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Sabato 12 Dicembre 2020, 07:45 - Ultimo aggiornamento: 12:43

«Le prime dosi di vaccini non risolveranno il problema dei contagi nella popolazione. Ci vorranno mesi». Ne è convinta l'immunologa tarantina Antonella Viola, docente di Patologia generale dell'Università di Padova. Che aggiunge: «Il vaccino cinese potrebbe essere una svolta giusta».
Dottoressa Viola, in Italia il vaccino arriverà il 15 gennaio?
«Questo non lo so. L'Ema ha ribadito di voler mantenere la data del 29 dicembre per la prima riunione e avere così tutto il tempo necessario ad esaminare le pubblicazioni e i dati per poi procedere alla discussione. Un approccio che mi sembra corretto. La questione centrale è che l'Ema abbia confermato la solidità dei dati della sperimentazione di fase 3 e si sia già sbilanciata».


Le Regioni sono già pronte per il 15 gennaio...
«È importante che l'organizzazione sia pronta, sia il trasporto sia la logistica interna considerato che questo primo step prevede un trasferimento a -78 gradi».

La somministrazione è su base volontaria: c'è il rischio che le percentuali di chi rinuncia siano alte?
«Non credo che nella prima fase ci saranno grossi problemi, il target è formato da persone competenti che si fidano della scienza e della medicina e gli altri sono anziani e fortemente a rischio.

Lo scoglio semmai si profilerà più avanti. Queste prime dosi non risolveranno il problema dei contagi nella popolazione. Ci vorranno mesi».


Il vaccino di Astra Zeneca?
«Non è detto che sia approvato rapidamente per i problemi che ha dato nelle dosi e nei tempi di somministrazione. Uno studio che finora non ha dato grandi risultati. Su Pfizer e Moderna non ci sono invece problemi di approvazione, sono molto solidi ma coprono una parte limitata di popolazione e Moderna all'inizio produrrà solo per gli Usa. Bisogna dire chiaramente agli italiani che quella che stiamo avviando non è una soluzione immediata».


In cima alla lista dell'Oms, dei vaccini di fase 3, pronti all'uso su larga scala, ci sono quelli cinesi a virus inattivato...
«Potrebbero rappresentare una svolta. Il problema sarà più politico che tecnico. I cinesi hanno già approvato i loro vaccini per uso in emergenza e hanno già vaccinato molte persone. Se i dati di fase 3 fossero pubblicati e inviati all'Ema e questa li trovasse solidi e affidabili potrebbero rappresentare un'altra ottima possibilità. Più vaccini ci sono sul mercato meglio è. Ma la popolazione cinese è vasta e le persone da vaccinare del loro paese sono tante e hanno già stretto accordi con paesi africani, come Egitto e Marocco».


E gli anticorpi monoclonali?

«Hanno una filosofia diversa, utili per persone molto a rischio o appena infettate. Negli Usa approvati in via sperimentale per chi non ha sintomi gravi o in via preventiva per chi sia fortemente a rischio».

Perché non arrivano anche qui?
«L'Ema non li ha ancora considerati ma anche negli Usa continuano ancora a studiarli».

Quando raggiungeremo l'immunità di gregge?
«Sulla durevolezza degli anticorpi post-vaccino nessuno ha certezze oggi, è ancora un grosso problema da risolvere. I vaccini funzionano, generano anticorpi che durano sicuramente sei mesi almeno. Ma se in tre mesi riusciamo a vaccinare solo sei milioni di persone per vaccinarne 60 milioni impiegheremo due o tre anni».

E se gli anticorpi durassero solo un anno?
«Non riusciremmo mai a ottenere l'immunità di popolazione».

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