Gli stivali "DeNiroBoot" negli showroom di Yves Saint Laurent

Filippo Donadeo e Irene Sindaco
Filippo Donadeo e Irene Sindaco
di Pierpaolo SPADA
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Lunedì 18 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 22:05

La Puglia più profonda approda negli showroom di Yves Saint Laurent a Parigi e Los Angeles con gli stivali di DeNiroBootCo. Traguardo glam, frutto di un’operazione di co-branding tra il marchio prodotto da Annapaola srl a Casarano e la prestigiosa maison di moda francese. E il lancio della collezione equestre - avvenuto a fine giugno, ai piedi della Tour Eiffel - ne ha offerto il primo assaggio.

L'azienda


È il bagliore di futuro possibile, fuori dalla dominante logica terzista: l’industria territoriale del lusso che crea e vende col proprio volto, insieme a quello del partner non più committente. Con DeNiro-YSL è realtà. N’è già di per sè rivelatrice la confezione ideata ad hoc per le calzature, dal cui nero e lungo sfondo risalta, argenteo, con ugual carattere e misura, il nome dei due brand, analogamente visibile all’interno degli stivali. 
«Ne siamo molto orgogliosi, perché siamo stati ritenuti i migliori», spiegano Filippo Donadeo e Irene Sindaco, nella rispettiva veste di fondatore-designer e amministratrice di Annapaola e del loro marchio che, dal terzismo, li ha “riscattati” oltre vent’anni fa, ma dopo un esordio tutt’altro che felice. «Alle prime grandi fiere - racconta - gli affari andavano male e molti ci sbeffeggiavano. “Ma sapete dove siete?”, ci chiese un competitor. Eravamo sul punto di ritirarci quando, d’un colpo, un’intuizione invertì le gerarchie. Rompere la tradizione: fu la scelta che cambiò la nostra vita e il modo di vestire nel mondo dei cavalli. E oggi anche le principesse vogliono “trasgredire” indossando i DeNiroBoot».
Tenacia, “irriverenza”, creatività. Questa donna racconta la storia di un cavaliere di Casarano che, dopo aver fatto l’operaio nella Filanto ed essersi reinventato contoterzista, nel giro di vent’anni, insieme a lei (sua moglie) è diventato leader mondiale nella produzione di stivali da equitazione, profanandone i canoni stilistici imperanti e inducendo anche le federazioni equestri ad adeguarsi al cambiamento. 
La coppia guida una realtà che - incluse 40 donne impiegate in esclusiva a domicilio - conta oggi 195 addetti e fattura 10 milioni di euro l’anno, annoverando tra i suoi clienti grandi cavalieri e vip, come le figlie di Onassis e Bruce Springsteen, Sylvester Stallone e le future regine di Svezia e Olanda. 
Rivoluzionaria eccezione nella “sneakers valley” casaranese, alla quale Filippo ha affiancato anche “Donadeo Stables”, la sua scuola di equitazione. «Facciamo tendenza dentro e fuori i circoli ippici. Abbiamo rinnovato l’estetica dei cavalieri e imbarazzato le istituzioni equestri che, in passato, non tolleravano chi in concorso chiedesse accesso senza i classici stivali neri con, al massimo, il fascione marrone o bordeaux in testa al gambale», afferma accogliendoci in camicia celeste e jeans nella sua fabbrica. 
«Originalità», è il leit motiv.

Ma, per essere più eloquente, Donadeo solleva da un asse un ritaglio in pelle squamosa di un metro e mezzo e dice: «È di un alligatore». Poi ne prende uno maculato, alza lo sguardo e aggiunge: «Pitone». In successione, l’imprenditore espone pelli di struzzo, anguilla, biscia ed elefante. «Le acquistiamo, certificate, da importatori italiani ed europei che si riforniscono perlopiù in Sud America. Le trattiamo con creme speciali e poi le utilizziamo per realizzare stivale e ricami, ai quali applichiamo, con criterio, swarovski e, se serve - sorride - anche borchie». 

Il successo


A ciascun modello il suo nome: quello di una personalità della cultura italiana o di un simbolo di quella salentina, come il vino. Il prezzo? Da 600 e 3mila euro, quando i pellami sono esotici. Se ne producono 150 diverse paia al giorno: «Perché - spiega la donna - gli stivali sono personalizzati. Li produciamo su misura del cliente, che si lascia ispirare dai modelli che trova in negozio o in fiera, magari esposti nel “Viaggiatore”», il baule rivestito con le pelli delle calzature, realizzato in fabbrica. 
Quasi tutti giovanissimi e in t-shirt aziendale, gli addetti operano, dunque, sulle loro postazioni con la bolla di lavorazione relativa ad ogni singolo modello. È la complessità di processo che rende valore al prodotto. Qui non si eseguono commesse da centinaia di paia uguali: «Ogni modello è unico e irripetibile». Il customer care smista l’ordine, Donadeo disegna il modello, i modellisti lo definiscono in Cad e lo avviano a produzione, lungo tutta la filiera che, completa, forgia in loco pure suole e tomaie. E una volta realizzato, il prodotto viene inscatolato e spedito ai clienti. Che, a ben guardare, sono sparsi in tutto il globo: dalla Germania al Texas. 
Ecco l’articolazione che determina il business di un brand che è di “casa” anche a Wellington, in Florida, dove ogni anno si svolge il più grande festival equestre del mondo e, già da tempo, condotta da mio figlio Filippo Jr - spiega Irene - è operativa DeNiroBootCo Usa»: una complessa piattaforma pensata e insedita per favorire l’espansione del brand in tutti gli States.

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