È una campagna elettorale, quella per il Campidoglio, che si gioca su una doppia sfida: vincere la battaglia delle periferie (dove c’è il maggiore bacino di voti) ma trattando anche nei quartieri della cinta più esterni temi “alti” come la ripresa dell’economia, la capacità di attrarre capitali o di ospitare grandi eventi, il rilancio del carisma della città soprattutto all’estero. Sono le parole d’ordine utilizzate da Roberto Gualtieri (specie negli ultimi appuntamenti), ma anche da Carlo Calenda e dal candidato del centrodestra Enrico Michetti. Un po’ meno, forse, da Virginia Raggi più impegnata a rivendicare quanto (secondo lei) realizzato nei suoi 5 anni abbondanti di mandato. Sfida complicata, quella dei candidati. Perché poi, in periferia, inevitabilmente i residenti chiedono la soluzione dei problemi spiccioli che li affliggono ogni giorno: il bus che non passa, l’altalena del parco rotta, il marciapiede con le buche, la spazzatura non raccolta.
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LE PAROLE D’ORDINE
E così, per i quattro sfidanti principali, la difficoltà maggiore è nell’equilibrio del mix da proporre agli elettori.
LE STRATEGIE
In tutto ciò, visto che poi la partita si gioca nella cinta esterna di Roma, ognuno ha anche la necessità di affrontare i temi dell’uomo della strada. Del resto, chi passa a Tor Bella Monaca, Prenestino, Tiburtino, Laurentino, vince anche il Campidoglio, di solito (basti pensare che IV, V, VI Municipio, grandi come delle città medio-grandi italiane, mettono insieme circa 700mila abitanti, un quarto di quelli complessivi di Roma). Ed ecco, allora che partono le battaglie incrociate. Gualtieri va a fare una passeggiata notturna a San Basilio? Ed ecco che, nella serata, spunta Virginia Raggi. La stessa sindaca uscente organizza un appuntamento a Cinecittà. E sulla piazza di Don Bosco girano le “vele” elettorali di Calenda. Il leader di Azione annuncia il tour nei quartieri? E arriva la risposta immediata da Michetti e da Fratelli d’Italia.
IL SECONDO TURNO
L’altra particolarità della campagna elettorale è che finora nessuno – in fondo – sembra troppo interessato ad attaccare nessuno. Ci sono, per carità, alcune scaramucce, le battute sarcastiche, gli affondi dialettici. Ma poi, data la frammentazione che c’è sul primo turno (22 candidati, record assoluto, quattro sfidanti principali con percentuali, stando ai sondaggi, in doppia cifra), nessuno vuole troppo inimicarsi gli elettori degli sfidanti più “prossimi” (politicamente parlando) perché parte di quei voti potrebbero poi essere utili al ballottaggio. E quella diventa tutta un’altra partita. Che non si giocherà più soltanto nelle periferie.