Mattarella avvisa il Consiglio Superiore della Magistratura: «La giustizia sia trasparente»

Il messaggio del Capo dello Stato alle toghe: «Non bisogna cercare il consenso»

Mattarella avvisa il Consiglio Superiore della Magistratura: «La giustizia sia trasparente»
Mattarella avvisa il Consiglio Superiore della Magistratura: «La giustizia sia trasparente»
di Mario Ajello
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Mercoledì 17 Aprile 2024, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 09:28

Un discorso molto energico quello di Sergio Mattarella, ieri: «Il Csm è chiamato all'impegno di contribuire ad assicurare la massima credibilità alla magistratura, con decisioni sempre assunte con senso delle istituzioni. I nostri concittadini chiedono una giustizia trasparente ed efficiente». Una strigliata, sempre in stile mattrelliano ovviamente. Che arriva durante la cerimonia di intitolazione della sede del Consiglio a Vittorio Bachelet. «I componenti del Csm si distinguono soltanto per la loro “provenienza” - ha aggiunto il Capo dello Stato - e sono chiamati a svolgere il loro mandato senza doversi preoccupare di ricercare consenso per sé o per altri soggetti». Insomma, la politicizzazione dell'organo di autogoverno dei togati è per Mattarella un problema che va evidenziato e superato. Che viene da lontano, naturalmente, ma che tuttora riguarda l'istituzione di Piazza Indipendenza. Mattarella ricorda il giurista assassinato dalle Brigate Rosse in una mattinata tremenda sulle scale della facoltà di legge all'Università di Roma e parla di lui - ex presidente di Azione Cattolica che fu anche vicepresidente dell'organo di autogoverno dei magistrati - come di una figura che ha coniugato «fermezza di principi e disponibilità al dialogo nella ricerca di convergenza tra prospettive diverse».

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LA ROCCAFORTE

Ecco, il Csm non deve viversi come una roccaforte politica ma come un luogo di dialogo istituzionale ee di trasparenza nei confronti dei cittadini. La composizione delle diversità, ammonisce Mattarella nella cerimonia, «non si realizza ricorrendo a logiche di scambio, che assicurano l'interesse di singoli o di gruppi. Un metodo del genere rappresenterebbe la negazione del pluralismo democratico, che ispira le nostre istituzioni repubblicane e che Vittorio Bachelet ha sempre promosso». E' una critica alla politicizzazione e al correntismo. Alla malintesa ricerca della popolarità e guai a praticare logiche di scambio.

Dice queste cose il Capo dello Stato davanti al vicepresidente Fabio Pinelli, ai componenti del Csm e ai familiari di Bachelet. Una vita, dedicata al «senso più alto della politica al servizio delle istituzioni», quella di Bachelet. Il quale venne assassinato dai terroristi rossi alla Sapienza, il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, mentre era in compagnia dell'assistente Rosy Bindi. «La Costituzione e il senso di comunità per la coesione sociale hanno sempre vinto i tentativi di lacerazione della società e di disarticolazione delle sue istituzioni», incalza Mattarella.

Quando parla dei componenti del Csm che si distinguono soltanto per la loro «provenienza», sta parlando dei laici e dei togati. Dei primi di nomina politica e dei secondi che sono toghe. E c'è chi interpreta il discorso molto critico di Mattarella più rivolto ai primi che ai secondi. Sta di fatto che il Capo dello Stato insiste sul doveroso rispetto da parte del Csm per «il dettato costituzionale, facendo prevalere sempre la ricerca dell'interesse generale».

IL RINGRAZIAMENTO

Il vicepresidente del Csm, Pinelli, dice di apprezzare le parole di Mattarella, lo ringrazia e osserva: «Ogni magistrato deve sentire il compito di custodire, nell'esercizio quotidiano della funzione, la fiducia dei cittadini nella giustizia. Equilibrio, sobrietà di comportamenti dentro e fuori le aule di giustizia, prudenza e rigore nell'interpretazione della legge, capacità professionale sempre sorvegliata ed arricchita, sono i tratti irrinunciabili del magistrato di oggi e di domani, il corredo delle modalità di un esercizio corretto della funzione». E ancora: «L'orgoglio di essere magistrato, la vocazione a servire il Paese in nome del popolo italiano, implica anche il suo rovescio, poiché la collettività si aspetta dai magistrati più di quanto chiede a chi è comunque investito di funzioni pubbliche».

IERI, OGGI

L'intento di Mattarella è stato quello di incrociare insomma il ritratto che fa di Bachelet con i tempi di oggi. I suoi richiami sono netti. Se Bachelet era «l'uomo del dialogo, che più che un metodo è l'essenza della democrazia», e di questo si era fatto protagonista anche al Csm, dopo essere stato eletto con un solo voto di differenza rispetto a Giovanni Conso, quel metodo dovrebbe valere sempre per la politica. «In quegli anni drammatici - dice Mattarella - Bachelet esprimeva la convinzione che il rafforzamento delle istituzioni democratiche si realizzasse non attraverso lo scontro, ma con scelte, per quanto possibile condivise, di piena e coerente attuazione dei principi della nostra Costituzione». Una sola strada, dunque, quella della Carta. E non quella della partigianeria. Mattarella, da presidente del Csm oltre che da arbitro della nazione, è particolarmente appassionato e reattivo su questo punto. Ribadisce che «l'indipendenza della giurisdizione è un valore irrinunciabile della nostra democrazia».

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