Balneari, stop alle deroghe: «Concessioni subito a gara». Sentenza del Consiglio di Stato: nessuna proroga

I sindaci possono liberalizzare gli arenili. Più difficile per il governo trattare con la Ue

Concessioni balneari, il Consiglio di Stato: «Stop alle deroghe, subito le gare»
Concessioni balneari, il Consiglio di Stato: ​«Stop alle deroghe, subito le gare»
di Claudia Guasco e Francesco Pacifico
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Martedì 30 Aprile 2024, 19:33 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 11:12

Sulle spiagge ora il governo deve decidere se andare allo scontro con l’Europa oppure trattare per restringere il perimetro delle future gare. Ieri il Consiglio di Stato, con la quarta sentenza su questo versante in pochi anni, ha ribadito che le concessioni per gli stabilimenti balneari vanno liberalizzate, riaprendo una questione che non è soltanto economica - il settore ha un giro d’affari di oltre 2 miliardi di euro e garantisce 300mila posti di lavoro - ma soprattutto politica. A maggiore ragione in prospettive delle Europee di giugno.

Con una pronuncia della settima sezione del Consiglio di Stato pubblicata ieri - ma firmata lo scorso 12 aprile - i magistrati di secondo grado hanno sentenziato che gli arenili rientrano nella categoria delle risorse «sicuramente scarse», per le quali quindi si devono applicare le liberalizzazioni introdotte dal 2006 dalla direttiva Bolkestein. E tanto basta per annullare sia la proroga voluta dal governo fino al 2024 alla scadenza naturale delle concessioni al 31 dicembre 2023 - norma sulla quale ha espresso non pochi dubbi il Quirinale - sia la principale argomentazione con la quale l’esecutivo sta trattando in Europa per evitare le gare: cioè la «non scarsita» della risorsa, come ha dimostra un monitoraggio voluto da Palazzo Chigi, secondo il quale soltanto il 33 per cento degli arenili sono stati gli assegnati. Per il resto c’è spazio per possibili nuovi imprenditori. 

LA VICENDA

Tutto nasce dal ricorso di un’imprenditrice di Parma, che dopo aver rilevato una struttura balneare a Rapallo dal precedente gestore, ha avviato un lungo contenzioso con il Comune ligure, che aveva deciso di non trasferirle la licenza. Per il Consiglio di Stato non ci sono i presupposti giuridici per mantenere lo status quo, proprio perché stiamo parlando di un bene che rientra tra le risorse naturali scarse. Per questo, bisogna dare «applicazione alla sentenza della Corte di giustizia Ue» e si deve «dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale». Per essere più chiari, va applicata la Bolkestein e si deve andare verso un’assegnazione con procedura trasparente e per una durata limitata, senza rinnovo automatico.

A questo punto nulla impedisce ai Comuni di avviare le gare, come per esempio ha annunciato di voler fare il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, per il litorale di Ostia. Anche perché i primi cittadini possono rispondere civilmente e penalmente delle mancate gare.

L’ultimo intervento del governo in materia è stato il decreto Milleproroghe, che aveva allungato di un anno le concessioni senza gare almeno fino al 31 dicembre 2024. Il provvedimento è finito sotto la lente del Quirinale: lo scorso 24 febbraio il presidente della Repubblica Mattarella, ha promulgato il Milleproproghe con riserva proprio su questi aspetti. «È evidente - il parere del Colle - che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l'incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e Parlamento». A inizio marzo la pronuncia del Consiglio di Stato, che - accogliendo il ricorso dell'Autorità Antitrust contro la decisione del Comune di Manduria di prorogare le concessioni marittime - ha bocciato la proroga automatica, in quanto "in contrasto" con l'articolo 12 della direttiva europea, sottolineando che tale norma non va applicata. Sulla stessa falsariga la posizione della Corte di Giustizia europea, che il 20 aprile ha stabilito che «le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente». La risposta del governo è stata la convocazione a maggio di un tavolo tecnico per definire i criteri per determinare la sussistenza o meno della scarsità della risorsa naturale disponibile. Le conclusioni? Il 33% circa delle aree demaniali delle coste, un terzo, è in concessione, mentre il 67 per cento è libero.

LA STRATEGIA

Sabato scorso, quattro giorni prima della sentenza, il ministro del Turismo, Daniela Santanché, aveva fatto sapere: «Il governo Meloni sta facendo tutto quello che si può fare. Abbiamo fatto la mappatura, abbiamo dimostrato che in questa mappatura non c'è scarsità di risorse e una interlocuzione con la Commissione europea per far capire le nostre specificità». Nella settimane precedenti, le associazioni dei balneari avevano organizzato una manifestazione con 8mila esercenti e con l’adesione di molti esponenti del Centrodestra. Da mesi il ministro per le Politiche comunitarie, Raffaele Fitto, aveva segnalato i rischi di uno scontro muscolare con la Ue, che ha già aperto una procedura d’infrazione, destinata - senza un accordo con il governo italiano - a tramutarsi in un contenzioso davanti alla Corte di giustizia europea.

In caso di condanna, Roma rischia sanzioni. In quest’ottica si era aperta una trattativa parallela, con il nostro esecutivo che aveva sondato a Bruxelles la possibilità di avviare la stagione delle gare, chiedendo però di riconoscere una premiliatà nelle assegnazioni ai soggetti che avevano fatto investimenti sugli stabilimenti. Posizione rifiutata dai concessionari attuali, che adesso torna di attualità. Ma nella maggioranza c’è chi non teme le ire della Ue. Il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, uno degli esponenti della maggioranza, che conosce meglio il dossier, parla di «una sentenza lunare, incredibile, addirittura retroattiva. I magistrati del Consiglio di Stato negano addirittura la mappatura fatta dal governo. Tra l’altro richiamano un’altra sentenza, che è stata ribaltata in Cassazione». Per Gasparri cambia poco: «Andrà avanti l’interlocuzione con la Ue che vuole difendere soltanto il diritto degli imprenditori a continuare la loro attività e a difendere dei posti di lavoro».

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