Il Salento e le infrastrutture: il ruolo delle Pmi per la ripartenza e lo sviluppo

Il Salento e le infrastrutture: il ruolo delle Pmi per la ripartenza e lo sviluppo
di Roberto MARTI*
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Giovedì 6 Maggio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 22:08

Le piccole e medie imprese italiane stanno vivendo un momento di grande difficoltà. La crisi sanitaria del primo momento è divenuta ormai una profonda crisi economica ed industriale. Nell’ultimo anno, se si escludono pochissimi esempi di crescita di settori come il delivery o alcuni segmenti del digitale, più dell’85 per cento delle nostre piccole e medie imprese registra una perdita di fatturato a seguito dei lockdown di oltre il 40 per cento, con una drastica riduzione dei ricavi sul periodo precedente. 


È sufficiente partire da questo dato per comprendere quanto sia strategico porre al centro la questione della sopravvivenza delle nostre piccole e medie imprese. In Italia, secondo l’ultimo Censimento condotto dall’Istat nel 2019, il 79,5 per cento del totale sono micro imprese, cioè hanno al massimo nove addetti, il 18,2 per cento sono piccole (10-49 addetti) mentre solo il 2,3 per cento sono di media o grande dimensione. Tale distinzione si conferma anche su scala europea. Sono 24 milioni, infatti, le piccole e medie imprese in Europa che rappresentano il 99 per cento del totale, generando più della metà del PIL dell’Unione. Prima della pandemia tali imprese occupavano più di 100 milioni di lavoratori. È evidente che si tratti di un “problema” non solo domestico, che nel prossimo futuro, se non adeguatamente affrontato, impatterà sull’intera filiera produttiva italiana ed europea. Inevitabilmente e drasticamente. 
 

Si pensi all’automotive, all’agroalimentare, alla metalmeccanica, alla moda, solo per citarne alcune. Sono tutte filiere che vedono le nostre piccole e medie imprese come anelli fondamentali di una catena produttiva nazionale ed internazionale ben più ampia della dimensione regionale percepita. L’Italia ha bisogno del Sud e, in particolare, delle sue piccole e medie imprese. Il nostro territorio non può permettersi di dissipare questo capitale industriale. Significherebbe desertificare il nostro territorio di migliaia di micro, piccole e medie aziende che hanno fatto la storia imprenditoriale del nostro Salento. 

Il ruolo del Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza


Quindi è importante chiedersi sin d’ora: quale ruolo avranno le piccole e medie imprese nella programmazione e destinazione dei nuovi fondi europei nella nostra Regione? Quanto il Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza terrà conto dell’importanza di questa ossatura economica e sociale del nostro territorio? Le piccole e medie imprese hanno urgente bisogno di risposte rapide e precise. E noi tutti siamo chiamati a darle: politica, classe dirigente, associazioni. 


Non è più procrastinabile la riforma della pubblica amministrazione per il nostro Paese, non è più possibile fare a meno delle infrastrutture materiali ed immateriali se si vuole la crescita economica. Non si può avere una visione della politica industriale della nostra terra guardando solo all’oggi. Occorre avere capacità di visione, è necessario programmare il nostro futuro e il futuro delle nuove generazioni. Per molto, troppo tempo si è lasciato agli imprenditori e alle imprese l’onere di sopperire alla mancanza di competitività del territorio, di colmare i vuoti di un’assenza di programmazione politica, quasi fosse un obbligo per l’imprenditore dover risolvere anche i problemi esogeni all’impresa, oltre che quelli propriamente endogeni. 

Le mosse strategiche, a partire dalle Zes


È necessario ripensare le nostre aree industriali, dare seguito alle Zone Economiche Speciali, progettare una logistica di porti ed interporti con una proiezione verso il mar Mediterraneo.

Oggi, per le nostre imprese, non è più possibile sostenere il costo della mancata competitività, né tantomeno pensare all’internazionalizzazione se le produzioni non possono beneficiare di un hub di interscambio portuale come Taranto e Brindisi. 


In quest’ottica, i fondi europei per la ripresa potrebbero rappresentare un’occasione unica e irripetibile per il nostro Paese. Ancor di più per il Mezzogiorno d’Italia e per il nostro Salento. È nella genesi del Piano, infatti, lo sviluppo del Mezzogiorno, come prima condizione per l’utilizzo dei fondi europei. L’obiettivo è quello di riuscire a ridurre il gap di sviluppo fra il nostro Sud e il Centro-Nord del Paese. È del tutto evidente, però, che la percentuale del 40 per cento di spesa del Pnrr destinata al Meridione non è sufficiente a determinare un completo recupero del divario storico di sviluppo tra Mezzogiorno e Settentrione d’Italia. 


Tenendo conto che dieci euro investiti nel Sud ne determinano sei di maggiore produzione nel resto del Paese, se vogliamo sostenere produzione e occupazione nel Mezzogiorno, occorrerà impiegare una percentuale necessariamente maggiore. Tra i primi interventi necessari sicuramente occorre investire nelle infrastrutture materiali, immateriali e sociali.

L'importanza delle infrastrutture per gli spostamenti


È prioritario infrastrutturare il nostro territorio garantendo alle imprese capacità logistiche moderne sia per le merci, sia per le persone. Gli investimenti in infrastrutture, inoltre, nel brevissimo periodo sarebbero in grado di creare nuovi posti di lavoro, muovendo l’economia dell’indotto diretto ed indiretto; nel lungo periodo contribuirebbero ad incrementare la capacità competitiva delle imprese del nostro territorio, migliorando e rendendo più veloci gli spostamenti di beni e persone nella nostra regione, tra le regioni e oltre i confini nazionali con un forte impulso per l’export.


Gli investimenti in infrastrutture, inoltre, avendo un effetto anticiclico, sarebbero in grado di dare immediatamente slancio all’economia in un periodo di contrazione dei consumi. Anche su questo fronte, non è più tollerabile, dopo decenni, discutere ancora della cantierabilità della ss. 275 come opera pubblica indispensabile. Dobbiamo pensare al Recovery Fund come l’ultima occasione per il nostro sistema economico di rimanere agganciato al processo di crescita del resto del Paese. Serve pertanto una visione di politica industriale che guardi al futuro, nel medio-lungo periodo, e che sostenga le nostre piccole e medie imprese nella gestione della crisi dovuta alla pandemia, favorendo la crescita e potenziando la loro transizione dimensionale e digitale. 

* Presidente Pmi Confindustria Lecce

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