Nel mito dell’Isola dei serpenti, abbandonata ieri dalle forze russe come «gesto di buona volontà» secondo il Cremlino, sotto il peso degli attacchi ucraini secondo Kiev, c’è tutta la guerra russo-ucraina, compreso il giallo delle mediazioni sotterranee. L’ultima, ieri, quella del presidente indonesiano Joko Widodo, che annuncia di avere consegnato a Putin un messaggio del presidente Zelensky. «Ho espresso la mia disponibilità a stabilire una comunicazione tra i due leader». Tornando all’isola, le dimensioni della leggenda sono i 17 ettari che affiorano nel Mar Nero, poco più di 3 chilometri di costa. Niente alberi, il vento spazza questa crosta arida di terra sperduta nel Mar Nero a 45 chilometri dall’Ucraina meridionale, a 30 da quella romena, a 140 dal porto di Odessa, a 170 dalla base Nato romena di Mihail Kogalniceanu. In posizione per controllare i traffici verso il Bosforo che portano, tra l’altro, il grano ora bloccato nei silos.
L’AMMIRAGLIA
In tredici, ucraini, presidiavano l’avamposto quando il 24 febbraio l’ammiraglia della flotta russa, il “Moskva”, si è presentata a vista dell’isola e ha intimato la resa.
L’INTELLIGENCE
Kyrylo Budanov, il capo dell’Intelligence militare ucraina, spiega che chiunque riesca a tenere le posizioni sulla “Zmiiny Island”, nome dell’isola, controlla «la superficie e in una certa misura anche i cieli dell’Ucraina meridionale, e può interdire i movimenti delle navi commerciali in tutte le direzioni dal Sud del Paese». Infatti la Russia, una volta conquistato quel fazzoletto conteso, ha cercato di installarvi lancia-missili Pantsir-S, Tor-M2 e 9K35 Strela medio-corto raggio. Avrebbe anche voluto schierarvi lanciatori S-400, per colpire Odessa con missili 48N6. L’ultimo attacco ucraino era stato registrato proprio ieri mattina: la neutralizzazione di un sistema Pantsir. Ma in precedenza era stato tutto uno stillicidio di video che avevano dato le ali all’orgoglio ucraino. Ecco un drone che abbatte uno degli elicotteri russi in avvicinamento. Il destino del “Moskva” aveva reso ancora più precaria la presenza russa sull’isola, non sufficientemente coperta dallo scudo-radar dell’ammiraglia. Fino a ieri, a un annuncio che però nasconde un giallo. I russi sono stati i primi a dare una versione articolata di quella che presentano come una loro scelta.
«Il 30 giugno, come atto di buona volontà le forze armate della Federazione hanno completato i compiti assegnati sull’Isola dei Serpenti e ritirato la guarnigione di stanza», dichiara il ministero della Difesa. «È pertanto dimostrato alla comunità internazionale che la Russia non interferisce con gli sforzi dell’Onu per organizzare un corridoio umanitario per esportare i prodotti agricoli». Kiev non potrà più «speculare sul tema dell’imminente crisi alimentare. Adesso la parola spetta alla parte ucraina, che non ha ancora liberato la costa del Mar Nero vicina alle sue coste». Parole che fanno ipotizzare un accordo, quello su cui lavora da settimane la Turchia di Erdogan, per garantire la sicurezza dei “corridoi del grano”. I russi dicono: abbiamo liberato l’isola, ora gli ucraini tolgano le mine dalle acque di Odessa. Ma intanto da Kiev salgono le grida di vittoria. «Le forze armate ucraine hanno cacciato i russi», scrive su Telegram Andriy Yermak, capo dell’Ufficio presidenziale. «Il nemico l’ha lasciata. Lo abbiamo costretto a farlo», rivendica un portavoce dello Stato maggiore, Oleksiy Gromov. E il mito arriva fino al vertice della Nato, col presidente Usa Biden che dice: «L’Isola dei Serpenti è stata ripresa, staremo con l’Ucraina per tutto il tempo necessario».