Guerra in Ucraina, l'ex ambasciatore Michele Valensise: «Dopo le conquiste sul terreno sarà difficile tornare indietro»

Guerra in Ucraina, l'ex ambasciatore Michele Valensise: «Dopo le conquiste sul terreno sarà difficile tornare indietro»
Guerra in Ucraina, l'ex ambasciatore Michele Valensise: ​«Dopo le conquiste sul terreno sarà difficile tornare indietro»
di Marco Ventura
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Mercoledì 1 Giugno 2022, 07:27 - Ultimo aggiornamento: 09:57

Anche gli orfani, nelle zone occupate dell'Ucraina, vengono portati via dalle truppe della Russia, non si sa dove.

«Se la notizia fosse vera, significherebbe che vengono deportati, una prova ulteriore che alla base dell’intervento russo c’è una forma di nazionalismo etnico esasperato».


Per l’ex segretario generale del ministero degli Esteri, ex ambasciatore in Germania e attuale presidente di Villa Vigoni, Michele Valensise, la lingua russa obbligatoria, le requisizioni e le deportazioni «sono elementi di una russificazione intesa come caratterizzazione linguistica e culturale, quindi etnica, di una parte della popolazione ucraina. Laddove c’è una minoranza russofona, vi sarebbe un diritto-dovere di presenza o ingerenza. Principio inaccettabile e destabilizzante, non solo per l’Ucraina ma per gli assetti di tutta la regione. Concezione agli antipodi di quello in cui noi crediamo, ad esempio che si può essere italiani di lingua tedesca e godere di autonomia culturale, linguista e amministrativa. Mosse che rientrano in una logica di guerra di espansione, invasione e acquisizione con la forza di porzioni di territorio che appartengono a una nazione sovrana, sorella della Russia».

 


L’occupazione avrà un peso rilevante in un negoziato?
«È tutto da vedere.

Se anche dovesse esserci alla fine un successo militare dei russi, come sarà compatibile la nuova situazione con gli interessi di chi si sentirà amputato e depredato della propria terra? L’avvio del negoziato dipenderà dagli sviluppi della situazione sul campo. Oggi né Zelensky, che ritiene di dovere e poter difendere il suo paese da un’aggressione, né tanto meno Putin che sta avanzando sia pur lentamente e vuole rafforzare le sue conquiste nel Donbass e oltre, sono pronti a trattare. Putin deve pure giustificare agli occhi dei russi l’enorme costo in vite umane, perdite militari ed economiche della sua sciagurata guerra».


Si va verso un lungo stallo?
«È possibile che ci si avvii a una lunga e sanguinosa guerra di attrito senza sbocco negoziale, con danni e conseguenze profonde. Se anche domani si fermassero le armi, non è pensabile che si possa voltare pagina e tornare a com’eravamo prima del 24 febbraio…».


I profughi torneranno mai a casa?
«Laddove hanno potuto, sono ritornati a Kiev, a Leopoli, nel nord-ovest, più rapidamente di quanto raccomandato dalle autorità, per ricostruire, per riprendere case e lavoro. Nelle zone più colpite dall’aggressione ci vorranno condizioni minime per rientrare, certo non sotto la minaccia di morte o sopraffazione. E non dimentichiamoci che ci sono stati oltre 6 milioni di ucraini, oltre il quindici per cento della popolazione, che hanno lasciato l’Ucraina. È come se dall’Italia fossero fuggiti 10 milioni di italiani».


Questa situazione si potrà mai raddrizzare?
«Mai perdere la speranza nella ragione e nella forza del diritto, ma oggi le incognite sono molte. Per quel che ci riguarda più da vicino, è essenziale che l’Europa, come ha fatto finora nonostante le diverse sensibilità degli Stati membri, mantenga una sua coesione per affrontare al meglio i prossimi mesi».
 

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