Gallipoli, l'inchiesta: «Pesce anche per Minerva, ma il sindaco fu irremovibile»

Gallipoli, l'inchiesta: «Pesce anche per Minerva, ma il sindaco fu irremovibile»
di Roberta GRASSI
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Sabato 23 Settembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 16:02

Aragoste da cento euro, ricci e pesce vario. Per interloquire con la politica. E un sottotesto che racconta di appoggi elettorali da fornire e revocare, in caso di pratiche andate o meno a buon fine. 
Sono i retroscena, contenuti negli atti di indagine, dell’inchiesta su Gallipoli e sugli imprenditori che avrebbero allestito un giro di favori attraverso una rete di rapporti con gli amministratori. 

Il sistema

Al centro del “sistema”, per cui è ipotizzata l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica e l’amministrazione della giustizia, accesso abusivo a sistema informatico e di reati edilizi ed ambientali, ci sarebbe l’imprenditore Cesario Faiulo, finito ai domiciliari come anche l’ex assessore al Turismo Emanuele Piccinno e l’ex funzionario regionale Antonio Fasiello.
«Le indagini tecniche svolte nella seconda tornata dell’indagine, confermavano il ruolo di tessitore dei rapporti tra l’imprenditore e la politica assunto da Emanuele Piccinno, al fine di cercare di risolvere le controversie giudiziarie di Faiulo, ovvero di alleviarne gli effetti».

In particolare, stando a quanto rileva la guardia di finanza, «Piccinno non aveva mai interrotto il suo atteggiamento con il quale si attivava per definire le problematiche consegnando pescato o altre regalie a chicchessia». Anche, è specificato, al sindaco Stefano Minerva, che però non dava seguito alle richieste, tanto da suscitare il malumore “politico” della controparte. 

Le intercettazioni

Viene riportato il contenuto di una telefonata tra Piccinno e il sindaco contattato, dicono gli investigatori, dopo aver sentito Faiulo. Minerva si trovava in Comune e Piccinno gli avrebbe chiesto di poterlo incontrare: «Vieni sotto casa tua, mena, non rispondere muoviti. Che devo farti scialare, dammi cinque minuti che sto arrivando». Secondo gli uomini in divisa, sarebbe «indubbio» che Piccinno avesse consegnato in quella occasione del pescato, «con molta probabilità, ricci». 
Per poi specificare a un testimone dell’incontro: «Ti dico la verità, mi aveva ordinato 50 ricci, voleva pagarmi e glieli ho portati». 
Altra vicenda narrata è un incontro presso un bar di Lecce. Piccinno in quella circostanza avrebbe poi riferito a un consigliere comunale di aver preso al sindaco «due o tre aragoste». E di aver aggiunto: «Ora gli dico delle Aree escluse di Cesario che non vuole fare», riferendosi a una pratica. L’incontro in questione fu monitorato mediante l’acquisizione da parte delle Fiamme gialle dei filmati del sistema di videosorveglianza del bar. 
«E io gli ho dato cento euro di aragoste... passate». avrebbe detto Piccinno, aggiungendo: «Non gliele fanno e aree escluse, da mo’ che l’ho capito. Perché ha detto (Minerva) alla Guerrieri non glielo posso dire, perché è particolare. Quindi significa che ... e perde tutti i voti lì». 
Da qui, rilevano gli investigatori, visto l’atteggiamento “recalcitrante” di Minerva, avrebbe poi contattato l’avversario Flavio Fasano (che nulla ha a che vedere con l’inchiesta) che effettivamente Piccino avrebbe chiamato per parlare di politica per poi incontrarlo personalmente. 

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