Causa in tribunale per la statua di Sant'Antonio: possesso conteso, decide la Cassazione

La statua di Sant'Antonio
La statua di Sant'Antonio
di Pierangelo TEMPESTA
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Martedì 30 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 23:38

La statua argentea di Sant’Antonio finisce al centro di una querelle giudiziaria che arriva a interessare anche la Suprema Corte di Cassazione. Ma, alla fine, a spuntarla è la parrocchia.
Al centro della questione c’è il possesso della preziosa statua in lamina d’argento del Santo di Padova custodita nella chiesa madre della Natività della Beata Vergine Maria di Ruffano e venerata dai fedeli con una solenne processione nel giorno della festa. La realizzazione del simulacro, opera dell’argentiere napoletano Sebastiano Ajello, fu commissionata nel 1791 da una nobile famiglia come ex voto per una grazia ricevuta.

La contesa

«Da allora - spiega l’avvocato Alessandro Distante, che ha difeso la parrocchia nei tre gradi di giudizio - la statua viene esposta nei giorni della Tredicina e della festa in onore del Santo, nel mese di giugno. Ad aprire il grande armadio in cui il simulacro è custodito per il resto dell’anno sono stati, per un lunghissimo tempo, il parroco e la famiglia, entrambi possessori delle chiavi. Durante la processione per le strade del paese, poi, la statua veniva avvicinata alla dimora nobiliare, affinché potesse ricevere il saluto e l’omaggio della famiglia». Una tradizione andata avanti fino a qualche decennio fa e poi interrotta.
Circa quindici anni fa, un rappresentante della famiglia ha deciso di rivolgersi al Tribunale civile di Lecce per chiedere il riconoscimento del compossesso della statua.

Ma, sia nel giudizio di primo grado, sia dinanzi alla Corte d’Appello, la domanda è stata dichiarata inammissibile. Da qui la decisione di ricorrere in Cassazione. Anche la Suprema Corte (presidente Luigi Giovanni Lombardo, relatore Luca Varrone), al termine della Camera di Consiglio dello scorso 14 luglio ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente (difeso dall’avvocato Domenico Macrì) al pagamento di tremila euro di spese di giudizio.

Il giudizio civile

In primo grado, il giudice aveva dichiarato non ammissibile la domanda di riconoscimento del compossesso della statua perché la stessa domanda non era finalizzata ad appurare la comproprietà del simulacro né a chiederne la restituzione o la consegna, ma solo ad accertare una situazione di fatto come quella, appunto, del compossesso. Anche nei successivi gradi di giudizio, i giudici non hanno ammesso le richieste del rappresentante della famiglia. Che si è visto così costretto al pagamento delle spese processuali. Nei fatti, però, in nessuna delle tre decisioni è stato stabilito se il possesso della preziosa statua sia ad oggi condiviso tra la parrocchia e la famiglia. 
Certo è che la statua resterà in chiesa e che la tradizionale esposizione nei giorni della festa del Santo di Padova continuerà, così come si ripeterà la tanto attesa processione lungo le strade del paese. Anche se la devozione e la tradizione si sono intrecciate con una molto più terrena causa giudiziaria che è durata a lungo ed è passata attraverso tutti i gradi di giudizio. A testimoniare quanto importante sia il legame con la statua del Santo e con ciò che rappresenta.

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