Perrone, è rottura con Fitto: sarà candidato con Fratelli d'Italia

Perrone, è rottura con Fitto: sarà candidato con Fratelli d'Italia
di Francesco G.GIOFFREDI
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Domenica 28 Gennaio 2018, 19:50 - Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 12:42
Era il 4 dicembre quando Paolo Perrone smentì seccamente le indiscrezioni della stampa nazionale: «Non sono “in marcia d’allontanamento da Raffaele Fitto”, anche i migliori (giornali) sbagliano». La politica però è un ingranaggio spietato che tutto trita, consuma, rivoluziona in poco, pochissimo tempo. Ancor più se poi nel mezzo c’è l’usurante trattativa sulle candidature alle elezioni politiche, tra ambizioni, veti e spazi angusti. Ecco allora che Perrone sancisce un clamoroso divorzio last minute da Noi con l’Italia e dall’universo fittiano, a poche ore dalla presentazione delle liste: il 4 dicembre l’indiscrezione (infondata) lo dava in avvicinamento a Forza Italia, ora sarà candidato con Fratelli d’Italia. Capolista del listino senatoriale sud, oppure secondo dietro Daniela Santanchè (che però verrà eletta in un uninominale blindato a Cremona): cambia poco ai fini della sostanza. Che è duplice: per prima cosa, l’ex sindaco del capoluogo salentino, uno dei principali collettori di voti del centrodestra leccese, molto probabilmente il 5 marzo sarà virtualmente in Parlamento, cioè lì dove Fitto non era nelle condizioni di garantirgli uno scranno “protetto”; secondo spunto d’analisi, Fratelli d’Italia si radica ulteriormente nel Salento, visto che il partito della Meloni schiererà nel collegio uninominale di Lecce città (dunque: candidato unico per l’intera coalizione) il consigliere regionale Saverio Congedo, altro ex pezzo della galassia fittiana e peraltro cognato di Perrone. E anche lui con ottime chance d’elezione.
Proprio il collegio uninominale di Lecce città è stato il motore dello strappo perroniano. L’ex sindaco sperava, per curriculum e per l’alto valore simbolico del collegio nell’ottica fittiana, di essere lui il prescelto. Anche perché i competitor interni (si pensi a Roberto Marti, passato alla Lega) erano stati spazzati via. Invece nel valzer dei numeri e delle assegnazioni non è stato così: l’uninominale del capoluogo salentino è finito in dote a FdI. E questo perché inizialmente i numeri per i fittiani erano ridotti all’osso (4-5 collegi, peraltro da condividere con l’Udc) e le priorità sembravano poter essere altre. Il ragionamento di Fitto era pressappoco il seguente: ora assicuriamoci le caselle in bilico e contese, viceversa Lecce per noi è sempre riconquistabile nel secondo round di assegnazioni. Perrone, già in quella fase, ha cominciato a irrigidirsi. «La trattativa è complessa, il problema è generale», scandiva Fitto ai suoi, e dunque anche all’ex sindaco leccese. Quando però s’è aperto il varco per il sesto uninominale a Noi con l’Italia, è imploso un rapporto ventennale: sembrava che quel collegio in più potesse indurre Fitto a pretendere Lecce città, ma la trama complessiva della coalizione era difficile da scucire, e l’ex ministro s’è allora battuto soprattutto per incassare l’uninominale di Andria (dove infatti sarà candidato Francesco Ventola, consigliere regionale e coordinatore Nci).
A Perrone non restava che sperare nell’uninominale senatoriale di Nardò-Casarano o in un ruolo da capolista al proporzionale, sempre per la “quarta gamba”. Ma con un duplice rischio però a tormentarlo: da una parte lo spettro del 3% nazionale; dall’altro lato il rimescolamento continuo di carte ed equilibri nei listini fittiani. È a quel punto che l’ex sindaco («amarezza» e «delusione», «non c’è interesse per me e per il collegio di Lecce»: queste le confidenze ai suoi) ha scelto di sbattere la porta della casa fittiana, di passare al contrattacco e di bussare alla sede di Fratelli d’Italia, partito col quale già in passato c’erano stati dialoghi e approcci reciproci. Il rapporto, negli anni, è stato intrecciato con Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa: anche per questo molti fedelissimi di Fitto ora commentano a denti stretti che «Paolo forse aveva deciso da tempo di andare via...».
Va da sé che il divorzio si piazza sulla lunga scia avvelenata delle comunali 2017: in primavera il centrodestra, dopo 25 anni di governo cittadino e due lustri di gestione perroniana, s’è sfarinato e ha ceduto lo scettro al centrosinistra. La disfatta ha scoperchiato la resa dei conti a destra: una fase affatto archiviata, sembrerebbe.
[SIGLA]F.G.G
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